Le microplastiche sono particelle di materiale polimerico aventi diametro compreso tra 1µm e 5mm. Ad oggi si riscontra la loro presenza in ogni comparto ambientale, a causa della persistenza e della capacità di essere trasportate a lungo raggio. In ambiente acquatico, dato il loro utilizzo come reti e lenze da pesca, la poliammide Nylon 6,6 (PA) è il polimero maggiormente riscontrato, seguita da polietilentereftalato (PET): insieme ammontano a quasi il 90% del totale. La presenza di microplastiche negli ecosistemi acquatici è diventata una problematica emergente, sia per la quantità che ne viene riversata sia per i possibili destini che esse affrontano: si stima una quantità in entrata di 1-2 milioni di tonnellate all’anno, che possono essere assimilate dai pesci ed accumularsi lungo la catena alimentare, provocando infezioni e talvolta morte. Tuttavia, tramite l’ingestione le microplastiche raggiungono lo stomaco dei suddetti organismi acquatici, che fornisce enzimi digestivi in grado di degradare determinate macromolecole. Pertanto, in questa tesi è studiata la degradazione di microplastiche di PA e di PET per via enzimatica. Un nuovo protocollo in vitro prevede di operare variando dei parametri, simulando le condizioni reali di degradazione del sistema digerente di alcuni organismi acquatici. Sono presi come riferimento due specie di pesci: la sardina e il tonno a pinna gialla. Sono eseguite prove su 8 campioni, che prevedono il contatto tra microplastiche e soluzioni di pepsina e lipasi, i due enzimi coinvolti nelle reazioni digestive nelle specie di pesci considerati. Sono investigate condizioni differenti tra loro in termini di pH, durata temporale della fase di contatto e attività enzimatica. I valori di pH e di durata del contatto coprono un range tale da garantire le giuste condizioni gastriche e al tempo stesso una buona efficienza di degradazione. Per pepsina e lipasi, i valori di attività enzimatica sono scelti basandosi sulle abitudini alimentari: pesci carnivori hanno valori maggiori di pepsina per poter degradare le proteine, rispetto a pesci onnivori o erbivori; viceversa per la lipasi, che digerisce i lipidi. A tal proposito, si eseguono le analisi su PA e PET utilizzando pepsina ad attività compresa tra 5 e 1200U/ml, variando il pH tra 2 e 6 e la durata temporale tra 30 minuti e 2 ore. Esclusivamente sulla PA, è utilizzata lipasi a 1,2 e 60U/ml, operando a valori di pH pari a 6 e a 9 per un periodo di tempo di 2 ore e 6 ore. Sono eseguite ulteriori prove, ancora su PA, ad attività enzimatiche estreme e a pH ottimali di lavoro, raggiungendo 2400 e 10000U/ml con la pepsina a pH 2 e 500U/ml con la lipasi a pH 9, tenendo i campioni in incubazione per 24 ore. I risultati sono espressi in funzione della percentuale di perdita in peso e delle variazioni di morfologia e strutturali dei materiali polimerici, utilizzando rispettivamente una bilancia analitica, uno stereomicroscopio e uno spettrometro FTIR-ATR. È emerso che la pepsina dà risultati più evidenti nei confronti della PA rispetto al PET, in particolare se si opera ad attività enzimatiche maggiori e a pH 2, raggiungendo una perdita di peso fino al -3,21% (-0,71 mg). Ciò si nota anche negli spettri FTIR, in cui si registra l’assenza di un picco a 1739cm-1 rispetto allo spettro della PA vergine. Per quanto riguarda la lipasi le perdite in peso risultano minori, ma si nota l’assenza del picco a 1739cm-1 su tutti i campioni, che suggerisce una degradazione a tutte le condizioni testate. La degradazione del PET risulta invece trascurabile, sia via massa sia tramite osservazioni allo stereomicroscopio e FTIR. Per questo motivo non è stata approfondita con prove aggiuntive.
Studio della degradazione di microplastiche tipicamente presenti nei mari ad opera di enzimi digestivi del sistema gastrico dei pesci
LOMBARDI, MARZIA
2022/2023
Abstract
Le microplastiche sono particelle di materiale polimerico aventi diametro compreso tra 1µm e 5mm. Ad oggi si riscontra la loro presenza in ogni comparto ambientale, a causa della persistenza e della capacità di essere trasportate a lungo raggio. In ambiente acquatico, dato il loro utilizzo come reti e lenze da pesca, la poliammide Nylon 6,6 (PA) è il polimero maggiormente riscontrato, seguita da polietilentereftalato (PET): insieme ammontano a quasi il 90% del totale. La presenza di microplastiche negli ecosistemi acquatici è diventata una problematica emergente, sia per la quantità che ne viene riversata sia per i possibili destini che esse affrontano: si stima una quantità in entrata di 1-2 milioni di tonnellate all’anno, che possono essere assimilate dai pesci ed accumularsi lungo la catena alimentare, provocando infezioni e talvolta morte. Tuttavia, tramite l’ingestione le microplastiche raggiungono lo stomaco dei suddetti organismi acquatici, che fornisce enzimi digestivi in grado di degradare determinate macromolecole. Pertanto, in questa tesi è studiata la degradazione di microplastiche di PA e di PET per via enzimatica. Un nuovo protocollo in vitro prevede di operare variando dei parametri, simulando le condizioni reali di degradazione del sistema digerente di alcuni organismi acquatici. Sono presi come riferimento due specie di pesci: la sardina e il tonno a pinna gialla. Sono eseguite prove su 8 campioni, che prevedono il contatto tra microplastiche e soluzioni di pepsina e lipasi, i due enzimi coinvolti nelle reazioni digestive nelle specie di pesci considerati. Sono investigate condizioni differenti tra loro in termini di pH, durata temporale della fase di contatto e attività enzimatica. I valori di pH e di durata del contatto coprono un range tale da garantire le giuste condizioni gastriche e al tempo stesso una buona efficienza di degradazione. Per pepsina e lipasi, i valori di attività enzimatica sono scelti basandosi sulle abitudini alimentari: pesci carnivori hanno valori maggiori di pepsina per poter degradare le proteine, rispetto a pesci onnivori o erbivori; viceversa per la lipasi, che digerisce i lipidi. A tal proposito, si eseguono le analisi su PA e PET utilizzando pepsina ad attività compresa tra 5 e 1200U/ml, variando il pH tra 2 e 6 e la durata temporale tra 30 minuti e 2 ore. Esclusivamente sulla PA, è utilizzata lipasi a 1,2 e 60U/ml, operando a valori di pH pari a 6 e a 9 per un periodo di tempo di 2 ore e 6 ore. Sono eseguite ulteriori prove, ancora su PA, ad attività enzimatiche estreme e a pH ottimali di lavoro, raggiungendo 2400 e 10000U/ml con la pepsina a pH 2 e 500U/ml con la lipasi a pH 9, tenendo i campioni in incubazione per 24 ore. I risultati sono espressi in funzione della percentuale di perdita in peso e delle variazioni di morfologia e strutturali dei materiali polimerici, utilizzando rispettivamente una bilancia analitica, uno stereomicroscopio e uno spettrometro FTIR-ATR. È emerso che la pepsina dà risultati più evidenti nei confronti della PA rispetto al PET, in particolare se si opera ad attività enzimatiche maggiori e a pH 2, raggiungendo una perdita di peso fino al -3,21% (-0,71 mg). Ciò si nota anche negli spettri FTIR, in cui si registra l’assenza di un picco a 1739cm-1 rispetto allo spettro della PA vergine. Per quanto riguarda la lipasi le perdite in peso risultano minori, ma si nota l’assenza del picco a 1739cm-1 su tutti i campioni, che suggerisce una degradazione a tutte le condizioni testate. La degradazione del PET risulta invece trascurabile, sia via massa sia tramite osservazioni allo stereomicroscopio e FTIR. Per questo motivo non è stata approfondita con prove aggiuntive.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/146501