L’Italia democratica e repubblicana che conosciamo ci è stata lasciata in eredità da coloro che in seguito al ventennio fascista hanno voluto restituire sovranità e dignità a un popolo che aveva sofferto l’oppressione della dittatura mussoliniana. Senza il contributo dei dissidenti politici, che dall’8 settembre si sono organizzati in un esercito «popolare e volontario» combattendo accanto agli Alleati, l’Italia non avrebbe una Costituzione tanto attenta alla giustizia sociale. Come illustrato nel mio lavoro di tesi triennale, le donne che contribuirono a questo progetto libertario furono numerosissime, i calcoli dell’ANPI danno certa la partecipazione di 35.000 combattenti e 70.000 volontarie appartenenti ai Gruppi di Difesa della Donna . Ispirate da valori quali l’uguaglianza e la giustizia, le partigiane lottarono per venti mesi, sebbene alcune militassero in partiti antifascisti già prima dell’armistizio di Cassibile. Isolate e relegate a un ruolo di secondo piano sin dalle parate svolte durante i giorni della liberazione, apparve chiaro che i sogni di libertà che avevano motivato queste donne erano stati precocemente infranti, poiché gli uomini italiani – proprio come accaduto nel Primo dopoguerra – non erano ancora pronti a sovvertire i tradizionali ruoli di genere. Ciononostante, l’esperienza resistenziale fu di fondamentale importanza per far prendere coscienza della propria forza a molte donne, poiché rivendicare gli ideali in cui credevano fu il primo passo per cambiare la percezione che esse avevano di sé. Le più progressiste, dunque, iniziarono a concepirsi come classe “in sé e per sé” e questo permise loro di far da capofila nel reclamare la tanto desiderata emancipazione. L’impegno delle donne dimostrato durante la guerra di liberazione rappresentava uno sforzo che non poteva passare totalmente inosservato; difatti, è anche grazie alla loro militanza che nel Secondo dopoguerra le italiane acquisirono il diritto di voto passivo e attivo, entrando così in Parlamento – istituzione in cui la rappresentanza era stata sino ad allora unicamente maschile. L’elaborato precedente, dunque, si era concluso con un affondo sulle madri costituenti, molte delle quali impegnate poi nel Secondo dopoguerra nelle lotte per una società più egualitaria e libera. Proseguire con un’analisi del ruolo femminile nella conquista dei diritti, pertanto, rappresentava chiudere un cerchio. Farlo partendo dalla figura di Adele Faccio significava dare voce a una donna, una partigiana e un’attivista che ha posto l’impegno e la lotta per i diritti civili al centro della propria esistenza. La decisione di assumere quale oggetto di tesi il ruolo delle donne nell’ambito delle battaglie per i diritti civili che hanno caratterizzato gli anni Settanta nasce, dunque, proprio dalla considerazione che anche in questo caso esse hanno avuto un’importanza peculiare, con la convinzione che ci sia un nesso tra l’esperienza resistenziale femminile, la presa di coscienza del proprio valore e, quindi, la rivendicazione dei diritti di cui erano meritevoli. Il lavoro prende in esame le battaglie che si sono succedute nel corso del tempo per consentire l’affermazione dei principali diritti civili, privilegiando un’ottica di genere. L’elaborato si avvia dalla considerazione che, esauritasi la battaglia per i diritti politici, primo obiettivo dei movimenti femministi , l’impegno delle donne si orientò soprattutto al raggiungimento di un trattamento paritario nel mercato de
Adele Faccio e le battaglie per i diritti civili
BELLAFKIH, SARA
2022/2023
Abstract
L’Italia democratica e repubblicana che conosciamo ci è stata lasciata in eredità da coloro che in seguito al ventennio fascista hanno voluto restituire sovranità e dignità a un popolo che aveva sofferto l’oppressione della dittatura mussoliniana. Senza il contributo dei dissidenti politici, che dall’8 settembre si sono organizzati in un esercito «popolare e volontario» combattendo accanto agli Alleati, l’Italia non avrebbe una Costituzione tanto attenta alla giustizia sociale. Come illustrato nel mio lavoro di tesi triennale, le donne che contribuirono a questo progetto libertario furono numerosissime, i calcoli dell’ANPI danno certa la partecipazione di 35.000 combattenti e 70.000 volontarie appartenenti ai Gruppi di Difesa della Donna . Ispirate da valori quali l’uguaglianza e la giustizia, le partigiane lottarono per venti mesi, sebbene alcune militassero in partiti antifascisti già prima dell’armistizio di Cassibile. Isolate e relegate a un ruolo di secondo piano sin dalle parate svolte durante i giorni della liberazione, apparve chiaro che i sogni di libertà che avevano motivato queste donne erano stati precocemente infranti, poiché gli uomini italiani – proprio come accaduto nel Primo dopoguerra – non erano ancora pronti a sovvertire i tradizionali ruoli di genere. Ciononostante, l’esperienza resistenziale fu di fondamentale importanza per far prendere coscienza della propria forza a molte donne, poiché rivendicare gli ideali in cui credevano fu il primo passo per cambiare la percezione che esse avevano di sé. Le più progressiste, dunque, iniziarono a concepirsi come classe “in sé e per sé” e questo permise loro di far da capofila nel reclamare la tanto desiderata emancipazione. L’impegno delle donne dimostrato durante la guerra di liberazione rappresentava uno sforzo che non poteva passare totalmente inosservato; difatti, è anche grazie alla loro militanza che nel Secondo dopoguerra le italiane acquisirono il diritto di voto passivo e attivo, entrando così in Parlamento – istituzione in cui la rappresentanza era stata sino ad allora unicamente maschile. L’elaborato precedente, dunque, si era concluso con un affondo sulle madri costituenti, molte delle quali impegnate poi nel Secondo dopoguerra nelle lotte per una società più egualitaria e libera. Proseguire con un’analisi del ruolo femminile nella conquista dei diritti, pertanto, rappresentava chiudere un cerchio. Farlo partendo dalla figura di Adele Faccio significava dare voce a una donna, una partigiana e un’attivista che ha posto l’impegno e la lotta per i diritti civili al centro della propria esistenza. La decisione di assumere quale oggetto di tesi il ruolo delle donne nell’ambito delle battaglie per i diritti civili che hanno caratterizzato gli anni Settanta nasce, dunque, proprio dalla considerazione che anche in questo caso esse hanno avuto un’importanza peculiare, con la convinzione che ci sia un nesso tra l’esperienza resistenziale femminile, la presa di coscienza del proprio valore e, quindi, la rivendicazione dei diritti di cui erano meritevoli. Il lavoro prende in esame le battaglie che si sono succedute nel corso del tempo per consentire l’affermazione dei principali diritti civili, privilegiando un’ottica di genere. L’elaborato si avvia dalla considerazione che, esauritasi la battaglia per i diritti politici, primo obiettivo dei movimenti femministi , l’impegno delle donne si orientò soprattutto al raggiungimento di un trattamento paritario nel mercato deI documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/146073