La rappresentazione della malattia mentale verso un Welfare generativo

The present work, entitled "The representation of mental illness towards a generative welfare", starts from the desire to interpret, according to a strictly sociological perspective, the complex theme of mental illness by observing, thanks to a careful analysis of the literature, the different forms and the various conceptions that the latter has assumed in different historical and cultural contexts: from the end of the Middle Ages, to the birth of mental asylums, up to the revolutionary law 180 (or Basaglia law) which leads us, consequently, to the present day. The peculiarity of this research is its cyclical nature since, although it is perhaps not a completely new topic, it is approached in a different way: if the first chapter retraces the main historical phases concerning the genesis, development and closure of the mental hospital institution, the fourth and final chapter retraces the same phases (before and after Basaglia) through a different perspective, that is, that offered by visual sociology which underlines the importance attributed to the production, observation, analysis and understanding of photographs, pictorial works and audiovisual productions (films), actual methods through which the mental hospital and the institution are represented, to highlight which of all the existing dynamics have contributed to reconstructing the image that has been handed down, at the same time offering the unimaginable experience of a change in its interpretative construction. The heart of the dissertation, that is to say its sociological substratum, is represented by the second chapter whose substance is given by three different theories which are based on three different and impressive authors such as Edwin Lemert, Erving Goffman and Thomas Scheff, who, in his manual “For mental infirmity. A social theory of madness. Medicine and power" of 1973, offers a broad study and research aimed at developing a sociological theory that allows us to understand ordinarily defined behaviors, such as chronic mental illness, offering, among other things, a real opportunity to understand in which measure the sociological approach to the problem still has great validity from a scientific point of view. Dwelling on the past perspective and the closure of total institutions entails, at the same time, asking what the opportunities are, to date, offered to those suffering from mental disorders. Thus was born the third chapter entitled "Mental Health and Welfare" through which a political, economic and social system is conceptualized and understood through which the State assumes as its own the prerogative and responsibility in terms of promoting safety and social, as well as economic, well-being of its Italian and European citizens since mental disorders represent one of the most important issues in terms of incidence, burden of disease and disability within the European Union.

Il presente lavoro, intitolato “La rappresentazione della malattia mentale verso un welfare generativo”, muove dal desiderio di interpretare, secondo una prospettiva propriamente sociologica, il complesso tema della malattia mentale osservando, grazie ad un’attenta analisi della letteratura, le diverse forme e le svariate concezioni che quest’ultimo ha assunto nei differenti contesti storico culturali: dalla fine del Medioevo, alla nascita dei manicomi, sino alla rivoluzionaria legge 180 (o legge Basaglia) che ci conduce, di conseguenza, sino ai nostri giorni. La peculiarità di questa ricerca è data dalla propria ciclicità poiché, sebbene non si tratti di una tematica forse del tutto nuova, essa viene affrontata in modo diverso: se il primo capitolo ripercorre le principali fasi storiche concernenti la genesi, lo sviluppo e la chiusura dell’istituzione manicomiale, il quarto ed ultimo capitolo ripercorre medesime fasi (prima e dopo Basaglia) attraverso una prospettiva differente vale a dire, quella offerta dalla sociologia visuale la quale sottolinea l’importanza attribuita alla produzione, osservazione, analisi e comprensione di fotografie, opere pittoriche e produzioni audiovisive (film), vere e proprie modalità attraverso le quali il manicomio e l’internato vengono rappresentati, per avvertire quali tra tutte le dinamiche esistenti abbiano contribuito nel ricostruire l’immagine che ne è stata tramandata offrendo, al contempo, l’esperienza inimmaginabile di un cambiamento nel suo costruirsi interpretativo. Cuore della dissertazione, vale a dire il proprio substrato sociologico, è rappresentato dal secondo capitolo la cui corposità è data da tre diverse teorie a cui fanno capo tre differenti e imponenti autori come Edwin Lemert, Erving Goffman e Thomas Scheff, il quale, nel suo manuale “Per infermità mentale. Una teoria sociale della follia. Medicina e potere” del 1973, offre un ampio studio e ricerca volti all’elaborazione di una teoria sociologica che permetta di comprendere comportamenti ordinariamente definiti, come la malattia mentale cronica offrendo, tra l’altro, una vera e propria occasione per comprendere in quale misura l’approccio sociologico al problema abbia ancora una grande validità dal punto di vista scientifico. Soffermarsi sulla prospettiva passata e sulla chiusura delle istituzioni totali comporta, allo stesso tempo, domandarsi quali siano, ad oggi, le opportunità offerte a chi soffre di disturbi psichici. Nasce così il terzo capitolo intitolato “ Salute mentale e Welfare” attraverso il quale si concettualizza e si comprende un sistema politico, economico e sociale mediante il quale, lo Stato, assume come propria la prerogativa e la responsabilità in termini di promozione della sicurezza e del benessere sociale, oltre che economico, dei propri cittadini italiani ed europei dal momento in cui, i disturbi mentali rappresentano una delle questioni più importanti in termini di incidenza, carico della malattia e disabilità all’interno dell’unione Europea.