Il diritto internazionale classico considera l’uso della forza e della forza armata come mezzo naturale a disposizione della Comunità internazionale per le controversie giuridiche o politiche degli Stati sovrani; lo Stato gode del monopolio dell’uso della forza. Fino ai primi del Novecento il diritto internazionale, che ricorre alla forza armata, determinato come ius ad bellum, era considerato il giusto intervento sia a proprio diritto, ma anche per la tutela del diritto internazionale di pace; mentre il diritto relativo alle discipline delle ostilità tra belligeranti rientrava nel diritto internazionale bellico. Questo concetto è rimasto in vigore fino alla prima Guerra mondiale, quando la guerra era considerata una procedura lecita e si era ancora lontani dalla sua proscrizione nei rapporti interstatali, diversamente dall’attuale fase di evoluzione del diritto internazionale, in cui l’impiego della forza è sottoposto a rigide condizioni. La nascita della Carta delle Nazioni Unite, nel 1945, ha reso possibile la soluzione di alcune controversie degli organi dell’ONU, e ha dato valore agli obiettivi che l’Organizzazione ha indicato a partire dall’art. 1, principalmente con la tutela della pace e la garanzia agli Stati membri dell’acquisizione di una relativa sicurezza internazionale. Il mantenimento della pace viene associato al divieto assoluto all’uso della forza da parte degli Stati membri e all’obbligo degli stessi di risolvere le controversie internazionali con mezzi pacifici, riconoscendo il monopolio dell’uso della forza alle Nazioni Unite. Pertanto, la Carta ha assegnato massimo valore all’articolo 2.4 secondo il quale ogni Stato deve astenersi dal ricorso alla minaccia o all’uso della forza. Tale divieto, sebbene in un primo momento subordinato all’assoluta preminenza del diritto di sovranità degli Stati, nel tempo, ancora fino ad oggi, ha acquisito valore di ius cogens, attorno a cui ruotano le relazioni internazionali. Questo principio ha portato gli Stati a considerare l’uso della forza solo come un’alternativa eventuale al superamento di situazioni eccezionali, secondo cui il Consiglio può autorizzare un’azione autonoma di legittima difesa dei propri interessi, assicurando agli Stati, in particolari situazioni, la possibilità di agire a tutela della propria sovranità e indipendenza polito-territoriale. Tali interventi sono considerati solo misure provvisorie, finalizzate alla tutela di ogni Stato, in attesa di quello conclusivo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite - sebbene la Carta non definisca dettagliatamente la sfera di applicazione del divieto da essa prescritto. L’analisi storica permetterà di comprendere meglio i punti di forza e di debolezza del ruolo ricoperto dall’ONU e dalla Carta, al fine di trarre conclusioni esaustive sul ruolo della legittima difesa nell’ambito della tutela della pace e del divieto dell’uso della forza. Partendo dall’analisi dell’evoluzione degli articoli della Carta, che hanno sancito l’evoluzione della storia del divieto dell’uso della forza, dalla nascita della Società delle Nazioni fino alla Società delle Nazioni Unite, si evince l’importanza dell’uso della forza come legittima difesa, esercizio destinato a durare finché le condizioni previste dal diritto internazionale ne legittimano l’uso.

La legittima difesa alla prova del conflitto militare in Ucraina.

DINOI, LEONARDO
2022/2023

Abstract

Il diritto internazionale classico considera l’uso della forza e della forza armata come mezzo naturale a disposizione della Comunità internazionale per le controversie giuridiche o politiche degli Stati sovrani; lo Stato gode del monopolio dell’uso della forza. Fino ai primi del Novecento il diritto internazionale, che ricorre alla forza armata, determinato come ius ad bellum, era considerato il giusto intervento sia a proprio diritto, ma anche per la tutela del diritto internazionale di pace; mentre il diritto relativo alle discipline delle ostilità tra belligeranti rientrava nel diritto internazionale bellico. Questo concetto è rimasto in vigore fino alla prima Guerra mondiale, quando la guerra era considerata una procedura lecita e si era ancora lontani dalla sua proscrizione nei rapporti interstatali, diversamente dall’attuale fase di evoluzione del diritto internazionale, in cui l’impiego della forza è sottoposto a rigide condizioni. La nascita della Carta delle Nazioni Unite, nel 1945, ha reso possibile la soluzione di alcune controversie degli organi dell’ONU, e ha dato valore agli obiettivi che l’Organizzazione ha indicato a partire dall’art. 1, principalmente con la tutela della pace e la garanzia agli Stati membri dell’acquisizione di una relativa sicurezza internazionale. Il mantenimento della pace viene associato al divieto assoluto all’uso della forza da parte degli Stati membri e all’obbligo degli stessi di risolvere le controversie internazionali con mezzi pacifici, riconoscendo il monopolio dell’uso della forza alle Nazioni Unite. Pertanto, la Carta ha assegnato massimo valore all’articolo 2.4 secondo il quale ogni Stato deve astenersi dal ricorso alla minaccia o all’uso della forza. Tale divieto, sebbene in un primo momento subordinato all’assoluta preminenza del diritto di sovranità degli Stati, nel tempo, ancora fino ad oggi, ha acquisito valore di ius cogens, attorno a cui ruotano le relazioni internazionali. Questo principio ha portato gli Stati a considerare l’uso della forza solo come un’alternativa eventuale al superamento di situazioni eccezionali, secondo cui il Consiglio può autorizzare un’azione autonoma di legittima difesa dei propri interessi, assicurando agli Stati, in particolari situazioni, la possibilità di agire a tutela della propria sovranità e indipendenza polito-territoriale. Tali interventi sono considerati solo misure provvisorie, finalizzate alla tutela di ogni Stato, in attesa di quello conclusivo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite - sebbene la Carta non definisca dettagliatamente la sfera di applicazione del divieto da essa prescritto. L’analisi storica permetterà di comprendere meglio i punti di forza e di debolezza del ruolo ricoperto dall’ONU e dalla Carta, al fine di trarre conclusioni esaustive sul ruolo della legittima difesa nell’ambito della tutela della pace e del divieto dell’uso della forza. Partendo dall’analisi dell’evoluzione degli articoli della Carta, che hanno sancito l’evoluzione della storia del divieto dell’uso della forza, dalla nascita della Società delle Nazioni fino alla Società delle Nazioni Unite, si evince l’importanza dell’uso della forza come legittima difesa, esercizio destinato a durare finché le condizioni previste dal diritto internazionale ne legittimano l’uso.
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