Il massiccio impiego di coloranti a livello industriale rende più che mai importante il trattamento dei reflui prima del loro rilascio nell'ambiente. Attualmente, circa 70.000-105.000 tonnellate annue di coloranti vengono rilasciati nelle acque di scarico che, oltre a risultare colorate in modo evidente, possono contenere composti tossici e/o cancerogeni, pericolosi per la salute dell'uomo e per l'ambiente. Negli ultimi anni numerose ricerche hanno dimostrato che il biorisanamento può risultare una valida alternativa, economicamente sostenibile, alle tecniche più tradizionali per il trattamento dei reflui colorati. Tra gli organismi più promettenti per il biorisanamento dei reflui industriali vi sono i funghi, in particolare quelli ligninolitici, che, grazie alla produzione di enzimi extracellulari aspecifici, sono in grado di degradare numerose molecole aromatiche altamente recalcitranti, quali ad esempio i coloranti. La loro potenzialità ad oggi, tuttavia, non è stata ancora espressa in impianti di depurazione industriale, principalmente a causa della difficoltà di selezionare organismi in grado di accrescersi e degradare nelle condizioni così variabili e restrittive rappresentate dai reflui dell'industria tessile e conciaria. Questi reflui, infatti, sono caratterizzati oltre che da un elevata concentrazione di coloranti, tensioattivi e additivi, anche da valori elevati di COD, pH, temperatura e salinità; inoltre la loro composizione è fortemente oscillante in base alle diverse fasi di lavorazione. Scopo di questo studio è stata, quindi, la selezione di ceppi fungini applicabili nel trattamento di reflui colorati che risultassero efficaci nella degradazione di 13 coloranti industriali, rappresentativi delle principali classi, e successivamente anche nella decolorazione di 4 reflui simulati, in condizioni che mimino quelle dei reflui industriali colorati per pH, concentrazioni di coloranti e sali. Gli screening hanno permesso di identificare diversi funghi, tutti appartenenti al gruppo dei white rot fungi, con ottime capacità degradative. Sulla base degli ottimi risultati raggiunti, con il ceppo di B. adusta MUT 2295 sono state allestite ulteriori prove, in differenti condizioni colturali, volte ad ottimizzare le rese di decolorazione, ad indagare i meccanismi enzimatici coinvolti e a verificare se alla decolorazione corrispondeva anche una reale detossificazione dei reflui. I risultati ottenuti confermano come l'impiego di diverse condizioni colturali sia importante, non solo per ottimizzare le rese di decolorazione, ma anche, e soprattutto, per ottenere una reale detossificazione dei reflui. Infine la notevole potenzialità di questo ceppo fungino è stata confermata attraverso l'allestimento di un bioreattore a letto fisso che rappresenta un primo scale-up per un processo di biorisanamento. Il fungo ha efficacemente decolorato grandi volumi anche di un refluo reale, proveniente da una Tintoria nel distretto del Biellese, per più cicli successivi, rimanendo attivo per un periodo complessivo molto lungo (70 giorni), in condizioni di non sterilità. Nel complesso, quindi, la capacità del ceppo B. adusta MUT 2295 di sopravvivere e crescere in ambienti altamente tossici, insieme alla sua capacità di degradare e detossificare, e alla sua versatilità fisiologica, lo rendono un candidato molto promettente per il trattamento di reflui industriali colorati.

Applicazione biotecnologica di funghi per la decolorazione e detossificazione di reflui industriali: selezione di ceppi, ottimizzazione del loro impiego e allestimento di un bioreattore a letto fisso

SPINA, FEDERICA
2008/2009

Abstract

Il massiccio impiego di coloranti a livello industriale rende più che mai importante il trattamento dei reflui prima del loro rilascio nell'ambiente. Attualmente, circa 70.000-105.000 tonnellate annue di coloranti vengono rilasciati nelle acque di scarico che, oltre a risultare colorate in modo evidente, possono contenere composti tossici e/o cancerogeni, pericolosi per la salute dell'uomo e per l'ambiente. Negli ultimi anni numerose ricerche hanno dimostrato che il biorisanamento può risultare una valida alternativa, economicamente sostenibile, alle tecniche più tradizionali per il trattamento dei reflui colorati. Tra gli organismi più promettenti per il biorisanamento dei reflui industriali vi sono i funghi, in particolare quelli ligninolitici, che, grazie alla produzione di enzimi extracellulari aspecifici, sono in grado di degradare numerose molecole aromatiche altamente recalcitranti, quali ad esempio i coloranti. La loro potenzialità ad oggi, tuttavia, non è stata ancora espressa in impianti di depurazione industriale, principalmente a causa della difficoltà di selezionare organismi in grado di accrescersi e degradare nelle condizioni così variabili e restrittive rappresentate dai reflui dell'industria tessile e conciaria. Questi reflui, infatti, sono caratterizzati oltre che da un elevata concentrazione di coloranti, tensioattivi e additivi, anche da valori elevati di COD, pH, temperatura e salinità; inoltre la loro composizione è fortemente oscillante in base alle diverse fasi di lavorazione. Scopo di questo studio è stata, quindi, la selezione di ceppi fungini applicabili nel trattamento di reflui colorati che risultassero efficaci nella degradazione di 13 coloranti industriali, rappresentativi delle principali classi, e successivamente anche nella decolorazione di 4 reflui simulati, in condizioni che mimino quelle dei reflui industriali colorati per pH, concentrazioni di coloranti e sali. Gli screening hanno permesso di identificare diversi funghi, tutti appartenenti al gruppo dei white rot fungi, con ottime capacità degradative. Sulla base degli ottimi risultati raggiunti, con il ceppo di B. adusta MUT 2295 sono state allestite ulteriori prove, in differenti condizioni colturali, volte ad ottimizzare le rese di decolorazione, ad indagare i meccanismi enzimatici coinvolti e a verificare se alla decolorazione corrispondeva anche una reale detossificazione dei reflui. I risultati ottenuti confermano come l'impiego di diverse condizioni colturali sia importante, non solo per ottimizzare le rese di decolorazione, ma anche, e soprattutto, per ottenere una reale detossificazione dei reflui. Infine la notevole potenzialità di questo ceppo fungino è stata confermata attraverso l'allestimento di un bioreattore a letto fisso che rappresenta un primo scale-up per un processo di biorisanamento. Il fungo ha efficacemente decolorato grandi volumi anche di un refluo reale, proveniente da una Tintoria nel distretto del Biellese, per più cicli successivi, rimanendo attivo per un periodo complessivo molto lungo (70 giorni), in condizioni di non sterilità. Nel complesso, quindi, la capacità del ceppo B. adusta MUT 2295 di sopravvivere e crescere in ambienti altamente tossici, insieme alla sua capacità di degradare e detossificare, e alla sua versatilità fisiologica, lo rendono un candidato molto promettente per il trattamento di reflui industriali colorati.
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