This research work explores the intersection between semiotics and design in order to suggest effective categories for thinking and designing relations of coexistence between humans and non-humans. The pervasiveness of the ecological crisis has definitively destabilized the binarism between culture and nature, forcing human beings to an unprecedented proximity with the non-human and an awareness of the profound and irreversible interpenetration with otherness. As Bruno Latour observes, it was precisely when the modernist illusion of domination and phagoction of nature was dissolved that the full potential of the «little word "design"» emerged (Latour 2021: 135, my translation). The «explication of life-support systems» (ivi, 145, my translation) was accompanied by the need to redesign them, the pervasiveness of the ecological crisis became that of design. Designing, in this context, means moving at the intersection between a permanent trace and the opportunity to produce an original discourse, to outline the structure of a possible future. A design project contains in its seed the possibility of alteration, it is a design because it is a plan, it orients action, and yet it never loses its character as a re-trait, a pro-trait in which "trait" «refers back to the trace, the vestige, the remainder or the "ruin"» (Marin 2020: 176, my translation). The practice of the project, then, imposes listening to the existing, the active involvement of materials: it is a collaborative process, an «open work» (Eco 1962) in which «collectives» (Latour 2021) of humans and non-humans are constituted in relation and give form to the intelligible. These are provisional configurations of materials that, in Karen Barad's view, do not emerge in time, but are proponents of the spatiotemporal configuration itself (Barad 2007: 142). In this sense, relations between humans and non-humans consist of discursive practices, articulations of ontic and semantic difference at the same time (ivi, 148), and the future is far from being devised and imposed, but emerges contextually, it is the result of the «relation of participation that binds forms to the background», which «transcends the present» and spreads an influence of the future on the latter (Simondon 2020 [1958]: 61, my translation). It is thus that non-human matter, from a mere support of meaning, is transformed into the subject of enunciative practices that are constantly open in their making, guided by processes of continuous accommodation (Fontanille 2009). The first chapter of this research opens with a philosophical framing of design and positions it within a relational epistemological framework. In the second chapter, the theme of the project is declined in the specific sphere of architecture, which is taken as a privileged point of view to observe the transformation of the relationship between humans and the environment in the context of the ecological crisis; this is followed by an interpretation of the relationship between humans and non-humans from a design perspective, through the lens of Fontanille's semiotic practices. Finally, in the third chapter, the previous theoretical considerations are endorsed by the analysis of Fertile Future, the project presented by Portugal at the Venice Architecture Biennale 2023 and dedicated to the speculation on the future of ecosystems.

Questo lavoro di ricerca esplora l’intersezione tra semiotica e design, al fine di suggerire categorie efficaci a pensare e progettare relazioni di coesistenza tra esseri umani e non umani. La pervasività della crisi ecologica ha destabilizzato definitivamente il binarismo tra cultura e natura, costringendo gli esseri umani ad una prossimità inedita con il non umano e alla consapevolezza della compenetrazione profonda e irreversibile con l’alterità. Come osserva Bruno Latour, proprio quando si è dissolta l’illusione modernista di dominio e fagocitazione della natura, è emerso tutto il potenziale della «piccola parola “design”» (Latour 2021: 135). L’«esplicitazione dei sistemi di sostegno della vita» (ivi, 145) si è accompagnata alla necessità di riprogettarli, la pervasività della crisi ecologica è diventata quella del progetto. Progettare, in questo contesto, significa muoversi nell’intersezione tra una traccia permanente e l’opportunità di produrre un discorso originale, di delineare la struttura di un futuro possibile. Un progetto di design contiene in seme la possibilità di alterazione, è un disegno perché è un piano, orienta l’azione, eppure non perde mai il proprio carattere di ri-tratto, un pro-trait in cui “trait” «rinvia alla traccia, alle vestigia, al resto o alla “rovina”» (Marin 2020: 176). La pratica del progetto, allora, impone l’ascolto dell’esistente, il coinvolgimento attivo dei materiali: è un processo collaborativo, un’«opera aperta» (Eco 1962) in cui «collettivi» (Latour 2021) di umani e non umani si costituiscono in relazione e danno forma all’intelligibile. Si tratta di configurazioni provvisorie di materiali che, nell’ottica di Karen Barad, non emergono nel tempo, ma sono fautrici della configurazione spaziotemporale stessa (Barad 2007: 142). In questo senso, le relazioni tra umani e non umani consistono in pratiche discorsive, articolazioni di differenza ontica e semantica al contempo (ivi, 148) e il futuro è lungi dall’essere ideato e imposto, ma emerge contestualmente, è frutto della «relazione di partecipazione che lega le forme allo sfondo», che «travalica il presente» e diffonde su quest’ultimo un’influenza del futuro (Simondon 2020 [1958]: 61). È così che la materia non umana, da mero supporto di senso, si trasforma in soggetto di prassi enunciative costantemente aperte nel loro farsi, guidate da processi di continuo accomodamento (Fontanille 2009). Il primo capitolo della presente ricerca si apre con un inquadramento filosofico della progettualità e la posiziona all’interno di un quadro epistemologico relazionale. Nel secondo capitolo il tema del progetto è declinato nell’ambito specifico dell’architettura, che è assunta come punto di vista privilegiato per osservare la trasformazione della relazione tra umani e ambiente nel contesto della crisi ecologica; a seguire, è suggerita una lettura in chiave progettuale della relazione tra umani e non umani, attraverso la lente delle pratiche semiotiche fontanilliane. Nel terzo capitolo, infine, le precedenti considerazioni teoriche sono avallate dall’analisi di Fertile Future, progetto presentato dal Portogallo alla Biennale di Architettura di Venezia 2023 e dedicato alla speculazione sul futuro degli ecosistemi. ​

Progettare la coesistenza. Pratiche semiotiche della materia

MOSCHELLA, SIRIA
2023/2024

Abstract

Questo lavoro di ricerca esplora l’intersezione tra semiotica e design, al fine di suggerire categorie efficaci a pensare e progettare relazioni di coesistenza tra esseri umani e non umani. La pervasività della crisi ecologica ha destabilizzato definitivamente il binarismo tra cultura e natura, costringendo gli esseri umani ad una prossimità inedita con il non umano e alla consapevolezza della compenetrazione profonda e irreversibile con l’alterità. Come osserva Bruno Latour, proprio quando si è dissolta l’illusione modernista di dominio e fagocitazione della natura, è emerso tutto il potenziale della «piccola parola “design”» (Latour 2021: 135). L’«esplicitazione dei sistemi di sostegno della vita» (ivi, 145) si è accompagnata alla necessità di riprogettarli, la pervasività della crisi ecologica è diventata quella del progetto. Progettare, in questo contesto, significa muoversi nell’intersezione tra una traccia permanente e l’opportunità di produrre un discorso originale, di delineare la struttura di un futuro possibile. Un progetto di design contiene in seme la possibilità di alterazione, è un disegno perché è un piano, orienta l’azione, eppure non perde mai il proprio carattere di ri-tratto, un pro-trait in cui “trait” «rinvia alla traccia, alle vestigia, al resto o alla “rovina”» (Marin 2020: 176). La pratica del progetto, allora, impone l’ascolto dell’esistente, il coinvolgimento attivo dei materiali: è un processo collaborativo, un’«opera aperta» (Eco 1962) in cui «collettivi» (Latour 2021) di umani e non umani si costituiscono in relazione e danno forma all’intelligibile. Si tratta di configurazioni provvisorie di materiali che, nell’ottica di Karen Barad, non emergono nel tempo, ma sono fautrici della configurazione spaziotemporale stessa (Barad 2007: 142). In questo senso, le relazioni tra umani e non umani consistono in pratiche discorsive, articolazioni di differenza ontica e semantica al contempo (ivi, 148) e il futuro è lungi dall’essere ideato e imposto, ma emerge contestualmente, è frutto della «relazione di partecipazione che lega le forme allo sfondo», che «travalica il presente» e diffonde su quest’ultimo un’influenza del futuro (Simondon 2020 [1958]: 61). È così che la materia non umana, da mero supporto di senso, si trasforma in soggetto di prassi enunciative costantemente aperte nel loro farsi, guidate da processi di continuo accomodamento (Fontanille 2009). Il primo capitolo della presente ricerca si apre con un inquadramento filosofico della progettualità e la posiziona all’interno di un quadro epistemologico relazionale. Nel secondo capitolo il tema del progetto è declinato nell’ambito specifico dell’architettura, che è assunta come punto di vista privilegiato per osservare la trasformazione della relazione tra umani e ambiente nel contesto della crisi ecologica; a seguire, è suggerita una lettura in chiave progettuale della relazione tra umani e non umani, attraverso la lente delle pratiche semiotiche fontanilliane. Nel terzo capitolo, infine, le precedenti considerazioni teoriche sono avallate dall’analisi di Fertile Future, progetto presentato dal Portogallo alla Biennale di Architettura di Venezia 2023 e dedicato alla speculazione sul futuro degli ecosistemi. ​
ITA
This research work explores the intersection between semiotics and design in order to suggest effective categories for thinking and designing relations of coexistence between humans and non-humans. The pervasiveness of the ecological crisis has definitively destabilized the binarism between culture and nature, forcing human beings to an unprecedented proximity with the non-human and an awareness of the profound and irreversible interpenetration with otherness. As Bruno Latour observes, it was precisely when the modernist illusion of domination and phagoction of nature was dissolved that the full potential of the «little word "design"» emerged (Latour 2021: 135, my translation). The «explication of life-support systems» (ivi, 145, my translation) was accompanied by the need to redesign them, the pervasiveness of the ecological crisis became that of design. Designing, in this context, means moving at the intersection between a permanent trace and the opportunity to produce an original discourse, to outline the structure of a possible future. A design project contains in its seed the possibility of alteration, it is a design because it is a plan, it orients action, and yet it never loses its character as a re-trait, a pro-trait in which "trait" «refers back to the trace, the vestige, the remainder or the "ruin"» (Marin 2020: 176, my translation). The practice of the project, then, imposes listening to the existing, the active involvement of materials: it is a collaborative process, an «open work» (Eco 1962) in which «collectives» (Latour 2021) of humans and non-humans are constituted in relation and give form to the intelligible. These are provisional configurations of materials that, in Karen Barad's view, do not emerge in time, but are proponents of the spatiotemporal configuration itself (Barad 2007: 142). In this sense, relations between humans and non-humans consist of discursive practices, articulations of ontic and semantic difference at the same time (ivi, 148), and the future is far from being devised and imposed, but emerges contextually, it is the result of the «relation of participation that binds forms to the background», which «transcends the present» and spreads an influence of the future on the latter (Simondon 2020 [1958]: 61, my translation). It is thus that non-human matter, from a mere support of meaning, is transformed into the subject of enunciative practices that are constantly open in their making, guided by processes of continuous accommodation (Fontanille 2009). The first chapter of this research opens with a philosophical framing of design and positions it within a relational epistemological framework. In the second chapter, the theme of the project is declined in the specific sphere of architecture, which is taken as a privileged point of view to observe the transformation of the relationship between humans and the environment in the context of the ecological crisis; this is followed by an interpretation of the relationship between humans and non-humans from a design perspective, through the lens of Fontanille's semiotic practices. Finally, in the third chapter, the previous theoretical considerations are endorsed by the analysis of Fertile Future, the project presented by Portugal at the Venice Architecture Biennale 2023 and dedicated to the speculation on the future of ecosystems.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/144921