La presente tesi ha l’obiettivo di illustrare l’evoluzione della disciplina dei licenziamenti, con particolare attenzione alle tutele fornite in caso di licenziamento illegittimo, ossia intimato in violazione delle disposizioni di legge. Nel primo capitolo viene affrontata l’evoluzione storica della materia del licenziamento, la quale inizialmente era disciplinata da due norme del Codice civile, che ispirate al principio della libera recedibilità, davano la possibilità ad entrambe le parti di recedere dal rapporto di lavoro senza fornire alcuna motivazione. Di fronte ad una società che diventava sempre più industrializzata l’impostazione codicistica cominciò ad entrare in crisi in quanto non era più in grado di fornire un’adeguata tutela al lavoratore contro gli abusi del datore di lavoro. Con l’adozione della legge n. 604 del 1966 si iniziò a porre dei limiti alla libera recedibilità. Il primo limite era contenuto nell’art. 3 della legge che introduceva l’obbligo di necessaria giustificazione dell’atto di recesso, mentre il secondo limite era rappresentato dalla tutela obbligatoria, introdotta dall’art. 8, la quale imponeva al datore di lavoro, dinanzi ad un licenziamento dichiarato illegittimo, di riassumere il lavoratore o di corrispondergli un determinato numero di mensilità. Successivamente fu emanata la legge n. 300 del 1970, nota come Statuto dei Lavoratori, che ha introdotto una seconda forma di tutela contro i licenziamenti illegittimi, ossia la tutela reintegratoria, disciplinata dall’art. 18, che ha rappresentato per molto tempo la maggiore protezione contro i licenziamenti non legittimi, in quanto assicurava al lavoratore la possibilità di riprendere servizio nell’azienda in cui era stato licenziato. Nel secondo capitolo vengono analizzate le due importanti riforme che hanno riguardato la disciplina dei licenziamenti. La prima riforma è avvenuta con la legge n. 92 del 2012, chiamata anche Riforma Fornero, che ha introdotto un sistema di tutele articolato in quattro livelli, che trovano applicazione in base alla gravità del vizio che affligge il recesso. Da tale riforma emerge una riduzione del campo di applicazione della tutela reale, che viene scomposta in piena ed attenuata, alla quale viene affiancata una tutela meramente indennitaria, anche questa scomposta in forte e debole. Successivamente fu emanato il decreto legislativo n. 23 del 2015 che ha introdotto un nuovo apparato sanzionatorio contro i recessi illegittimo che si applica ai soli lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 e che limita ulteriormente l’ambito di operatività della tutela reale. Nel terzo capitolo sono esaminati i principali interventi della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione sull’art. 18 finalizzati a recuperare il più possibile il campo di applicazione della tutela reale, sia per quanto riguarda i licenziamenti disciplinari che quelli economici.
L'evoluzione della tutela contro i licenziamenti illegittimi dalla legge al "diritto vivente"
PEJIC, IVANA
2022/2023
Abstract
La presente tesi ha l’obiettivo di illustrare l’evoluzione della disciplina dei licenziamenti, con particolare attenzione alle tutele fornite in caso di licenziamento illegittimo, ossia intimato in violazione delle disposizioni di legge. Nel primo capitolo viene affrontata l’evoluzione storica della materia del licenziamento, la quale inizialmente era disciplinata da due norme del Codice civile, che ispirate al principio della libera recedibilità, davano la possibilità ad entrambe le parti di recedere dal rapporto di lavoro senza fornire alcuna motivazione. Di fronte ad una società che diventava sempre più industrializzata l’impostazione codicistica cominciò ad entrare in crisi in quanto non era più in grado di fornire un’adeguata tutela al lavoratore contro gli abusi del datore di lavoro. Con l’adozione della legge n. 604 del 1966 si iniziò a porre dei limiti alla libera recedibilità. Il primo limite era contenuto nell’art. 3 della legge che introduceva l’obbligo di necessaria giustificazione dell’atto di recesso, mentre il secondo limite era rappresentato dalla tutela obbligatoria, introdotta dall’art. 8, la quale imponeva al datore di lavoro, dinanzi ad un licenziamento dichiarato illegittimo, di riassumere il lavoratore o di corrispondergli un determinato numero di mensilità. Successivamente fu emanata la legge n. 300 del 1970, nota come Statuto dei Lavoratori, che ha introdotto una seconda forma di tutela contro i licenziamenti illegittimi, ossia la tutela reintegratoria, disciplinata dall’art. 18, che ha rappresentato per molto tempo la maggiore protezione contro i licenziamenti non legittimi, in quanto assicurava al lavoratore la possibilità di riprendere servizio nell’azienda in cui era stato licenziato. Nel secondo capitolo vengono analizzate le due importanti riforme che hanno riguardato la disciplina dei licenziamenti. La prima riforma è avvenuta con la legge n. 92 del 2012, chiamata anche Riforma Fornero, che ha introdotto un sistema di tutele articolato in quattro livelli, che trovano applicazione in base alla gravità del vizio che affligge il recesso. Da tale riforma emerge una riduzione del campo di applicazione della tutela reale, che viene scomposta in piena ed attenuata, alla quale viene affiancata una tutela meramente indennitaria, anche questa scomposta in forte e debole. Successivamente fu emanato il decreto legislativo n. 23 del 2015 che ha introdotto un nuovo apparato sanzionatorio contro i recessi illegittimo che si applica ai soli lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 e che limita ulteriormente l’ambito di operatività della tutela reale. Nel terzo capitolo sono esaminati i principali interventi della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione sull’art. 18 finalizzati a recuperare il più possibile il campo di applicazione della tutela reale, sia per quanto riguarda i licenziamenti disciplinari che quelli economici.File | Dimensione | Formato | |
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