L’obiettivo di questo studio è quello di offrire una prospettiva multilivello sull’evoluzione giurisprudenziale del divieto di discriminazione per età. L’introduzione del fattore età tra i motivi di discriminazione rappresenta un’acquisizione piuttosto recente. L’ampliamento del tradizionale ambito di tutela, circoscritto al genere, a nuovi motivi illeciti di discriminazione, tra cui l’età, è avvenuto solo con la riforma ad opera dell’articolo 13 del Trattato di Amsterdam (oggi art. 19 TFUE). Grazie alla nuova base giuridica l’Unione europea ha adottato la direttiva 2000/78/CE che rappresenta, a tutti gli effetti, il nuovo punto di riferimento per la lotta alle discriminazioni in base all’età. L’interpretazione della direttiva 2000/78/CE ha dato la spinta ad un corposo filone giurisprudenziale che anima, tutt’oggi, il dibattito in dottrina. La giurisprudenza della Corte di Giustizia si è concentrata principalmente su due fronti: il riconoscimento del principio generale di non discriminazione in base all’età, ad opera della famosa sentenza Mangold, ed il regime speciale di giustificazione delle differenziazioni di trattamento in base all’età, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 6, paragrafo 1 della direttiva 2000/78/CE. Riconoscendo l’esistenza di un principio generale di non discriminazione in base all’età, la Corte ha riconosciuto, altresì, la sua efficacia diretta orizzontale a garanzia della massima effettività del diritto dell’Unione nel contrasto alle discriminazioni. Tuttavia, ancora più sviluppata è la giurisprudenza della Corte di Giustizia sulle deroghe al divieto di discriminazione per età. L’età è un fattore a cui spesso i legislatori nazionali ricorrono per raggiungere determinati obiettivi di politica sociale, come quelli connessi alla politica del lavoro, del mercato del lavoro o della formazione professionale, ambiti talmente ampi da attrarre ipoteticamente qualunque differenziazione di trattamento in base all’età. L’ampiezza della disposizione normativa e il conseguente margine di discrezionalità attribuito agli Stati membri rendono necessario l’intervento della Corte di Giustizia per operare un bilanciamento tra il divieto di qualsiasi discriminazione fondata sull’età e ragioni di politica sociale. Le vicende più significative sottoposte al vaglio della Corte di Giustizia riguardano: provvedimenti nazionali che favoriscono l’entrata nel mondo del lavoro di determinate categorie di lavoratori, la fissazione di un’età massima per l’assunzione o per l’esercizio di una professione, il mancato riconoscimento dell’attività lavorativa resa prima del compimento di una determinata età e la cessazione automatica dell’attività lavorativa al raggiungimento dell’età pensionabile. L’analisi di tali questioni ha messo in evidenza le oscillazioni della Corte di Giustizia nel bilanciamento degli interessi in conflitto: da una parte, la Corte non vuole sostituirsi alla valutazione del giudice nazionale ma, dall’altra, vuole evitare che la discrezionalità concessa possa minare all’effettività del principio di non discriminazione in base all’età.
Il divieto di discriminazione per età nell'evoluzione giurisprudenziale. Una prospettiva multilivello.
PIOLA, ROBERTA
2022/2023
Abstract
L’obiettivo di questo studio è quello di offrire una prospettiva multilivello sull’evoluzione giurisprudenziale del divieto di discriminazione per età. L’introduzione del fattore età tra i motivi di discriminazione rappresenta un’acquisizione piuttosto recente. L’ampliamento del tradizionale ambito di tutela, circoscritto al genere, a nuovi motivi illeciti di discriminazione, tra cui l’età, è avvenuto solo con la riforma ad opera dell’articolo 13 del Trattato di Amsterdam (oggi art. 19 TFUE). Grazie alla nuova base giuridica l’Unione europea ha adottato la direttiva 2000/78/CE che rappresenta, a tutti gli effetti, il nuovo punto di riferimento per la lotta alle discriminazioni in base all’età. L’interpretazione della direttiva 2000/78/CE ha dato la spinta ad un corposo filone giurisprudenziale che anima, tutt’oggi, il dibattito in dottrina. La giurisprudenza della Corte di Giustizia si è concentrata principalmente su due fronti: il riconoscimento del principio generale di non discriminazione in base all’età, ad opera della famosa sentenza Mangold, ed il regime speciale di giustificazione delle differenziazioni di trattamento in base all’età, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 6, paragrafo 1 della direttiva 2000/78/CE. Riconoscendo l’esistenza di un principio generale di non discriminazione in base all’età, la Corte ha riconosciuto, altresì, la sua efficacia diretta orizzontale a garanzia della massima effettività del diritto dell’Unione nel contrasto alle discriminazioni. Tuttavia, ancora più sviluppata è la giurisprudenza della Corte di Giustizia sulle deroghe al divieto di discriminazione per età. L’età è un fattore a cui spesso i legislatori nazionali ricorrono per raggiungere determinati obiettivi di politica sociale, come quelli connessi alla politica del lavoro, del mercato del lavoro o della formazione professionale, ambiti talmente ampi da attrarre ipoteticamente qualunque differenziazione di trattamento in base all’età. L’ampiezza della disposizione normativa e il conseguente margine di discrezionalità attribuito agli Stati membri rendono necessario l’intervento della Corte di Giustizia per operare un bilanciamento tra il divieto di qualsiasi discriminazione fondata sull’età e ragioni di politica sociale. Le vicende più significative sottoposte al vaglio della Corte di Giustizia riguardano: provvedimenti nazionali che favoriscono l’entrata nel mondo del lavoro di determinate categorie di lavoratori, la fissazione di un’età massima per l’assunzione o per l’esercizio di una professione, il mancato riconoscimento dell’attività lavorativa resa prima del compimento di una determinata età e la cessazione automatica dell’attività lavorativa al raggiungimento dell’età pensionabile. L’analisi di tali questioni ha messo in evidenza le oscillazioni della Corte di Giustizia nel bilanciamento degli interessi in conflitto: da una parte, la Corte non vuole sostituirsi alla valutazione del giudice nazionale ma, dall’altra, vuole evitare che la discrezionalità concessa possa minare all’effettività del principio di non discriminazione in base all’età.File | Dimensione | Formato | |
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