The thesis of this work is that psychoanalysis is not only a theory, a clinical method, and a science of the unconscious, but it can be considered as a homosexual discourse. This thesis may be somewhat contrary to the representation that has been given of psychoanalysis not only in common understanding but also in much of twentieth-century philosophical critique, which engaged in a close and passionate confrontation with psychoanalysis, only to eventually arrive at conclusions that decidedly disqualified it as an orientation and as a discourse. I am specifically referring to the critiques of Michel Foucault and those who followed his premises, such as Didier Eribon, Gayle Rubin, and Paul B. Preciado. The aim of this work is to bring out, within the Freudian system, the category of "homosexual discourse": a category borrowed from Monique Wittig's "straight mind" and applied to Foucault's notion of "discourse." To trace a history of homosexual discourse within the Freudian system, the state of the art of debates on homosexuality before and during the invention of psychoanalysis is first reviewed, particularly focusing on Karl Heinrich Ulrichs, Magnus Hirschfeld, and Richard von Krafft-Ebing. Ulrichs' perspective sees the homosexual as an "uranian," an "intermediary," or a "traveler between the sexes": this theorization is the first, tentative attempt to outline a liminal zone that the male/female dualism cannot fully encompass or claim as its own. In line with this, Magnus Hirschfeld articulated the theory of male "uranism" with activism (founding the Union of Uranians) and with clinical practice, through the establishment of the Institut für Sexualwissenschaft. The more speculative theories of Ulrichs and Hirschfeld on male uranism were replaced by Krafft-Ebing's biologically oriented sexology. With his Psychopathia Sexualis, Krafft-Ebing presented homosexuality as a degeneration and made it the object of a properly psychiatric discourse, as well as an overly categorical and classificatory approach to psychopathology, which included homosexuality among its principal phenomena. Freud is not so resolute in rejecting Krafft-Ebing's approach; in fact, he harbors great admiration for it. Given his training as a neurologist, Freud sometimes "slides" into certain reductionisms that signal a potential oscillation in psychoanalysis: that between psychoanalysis itself and a biologically oriented sexology that has a strong empirical basis, rooted in the materiality of biochemical, cognitive, and neurological processes, which never ceased to interest its founder. This work analyzes Freud's relationship with Krafft-Ebing and Freud's surpassing of the latter in the Sexualwissenschaft of his time. Finally, through a detailed analysis of some clinical cases of male homosexuality in the Freudian system, alternative interpretive possibilities of the founding myth that has oriented homosexual clinical practice, namely the Oedipus, are traced, indicating the way of a "minor Oedipus."
La tesi che muove questo lavoro è che la psicoanalisi, oltre a essere una teoria, un metodo clinico, una scienza dell’inconscio, sia un discorso omosessuale. Tesi forse in controtendenza con la rappresentazione che si è data della psicoanalisi non solo nella vulgata ma anche in buona parte della critica filosofica novecentesca, che ha instaurato con la psicoanalisi un confronto serrato e appassionato, per poi, tuttavia, pervenire a esiti che l’hanno decisamente squalificata come orientamento e come discorso. L’obiettivo del lavoro è quello di far emergere, all’interno del sistema freudiano, la categoria di “discorso omosessuale”: categoria mutuata dal “pensiero eterosessuale” (pensiero straight) di Monique Wittig e applicata alla nozione foucaultiana di “discorso”. Per tracciare una storia del discorso omosessuale nel sistema freudiano, viene ripercorso lo stato dell’arte dei dibattiti sull’omosessualità prima e durante l’invenzione della psicoanalisi, in particolare in Ulrichs, Hirschfeld e Krafft-Ebing. La prospettiva di Ulrichs vede l’omosessuale come un “uraniano”, un “intermediario”, o un “viaggiatore tra i sessi”: è il primo tentativo di tracciare una zona liminale che il dualismo uomo/donna non possa ricomprendere né rivendicare appieno come propria. Su questa linea anche Magnus Hirschfeld, che si spinge ad articolare la teoria sull’ “uranismo” maschile con la militanza (fondando l’Unione degli Uraniani) e con la clinica, attraverso la fondazione dell’Institut für Sexualwissenschaft. Le teorie più speculative di Ulrichs e Hirschfeld sull’uranismo maschile vengono presto sostituite dalla sessuologia di stampo biologicista di Krafft-Ebing. Con la sua Psychopathia Sexualis, Krafft-Ebing presenta l’omosessualità come una degenerazione e la rende oggetto di un discorso propriamente psichiatrico, nonché di un approccio iper-categoriale e classificatorio alla psicopatologia, che include l’omosessualità tra i suoi fenomeni precipui. Freud non è così deciso nel rigettare l’approccio di Krafft-Ebing, anzi nutre per questo una grande ammirazione. Vista la propria formazione di neurologo, Freud “scivola” a volte in certi riduzionismi che segnalano un’oscillazione potenzialmente presente nella psicoanalisi: quella tra psicoanalisi stessa e una sessuologia di stampo biologicista che ha una forte base empirica, radicata nella materialità dei processi bio-chimici, cognitivi, neurologici, che non hanno mai smesso di interessare il suo fondatore. Nel lavoro viene analizzato il rapporto di Freud con Krafft-Ebing e il superamento di quest’ultimo da parte del primo nella Sexualwissenschaft del suo tempo. Infine, attraverso un’analisi dettagliata di alcuni casi clinici di omosessualità maschile nel sistema freudiano, si tracciano delle possibilità di lettura alternative del mito fondante che ha orientato la clinica omosessuale, , ovvero l’Edipo, indicando la via di un “Edipo minore”.
IL DISCORSO OMOSESSUALE IN PSICOANALISI: UNA GENEALOGIA FREUDIANA
FONTANELLI, SARA
2023/2024
Abstract
La tesi che muove questo lavoro è che la psicoanalisi, oltre a essere una teoria, un metodo clinico, una scienza dell’inconscio, sia un discorso omosessuale. Tesi forse in controtendenza con la rappresentazione che si è data della psicoanalisi non solo nella vulgata ma anche in buona parte della critica filosofica novecentesca, che ha instaurato con la psicoanalisi un confronto serrato e appassionato, per poi, tuttavia, pervenire a esiti che l’hanno decisamente squalificata come orientamento e come discorso. L’obiettivo del lavoro è quello di far emergere, all’interno del sistema freudiano, la categoria di “discorso omosessuale”: categoria mutuata dal “pensiero eterosessuale” (pensiero straight) di Monique Wittig e applicata alla nozione foucaultiana di “discorso”. Per tracciare una storia del discorso omosessuale nel sistema freudiano, viene ripercorso lo stato dell’arte dei dibattiti sull’omosessualità prima e durante l’invenzione della psicoanalisi, in particolare in Ulrichs, Hirschfeld e Krafft-Ebing. La prospettiva di Ulrichs vede l’omosessuale come un “uraniano”, un “intermediario”, o un “viaggiatore tra i sessi”: è il primo tentativo di tracciare una zona liminale che il dualismo uomo/donna non possa ricomprendere né rivendicare appieno come propria. Su questa linea anche Magnus Hirschfeld, che si spinge ad articolare la teoria sull’ “uranismo” maschile con la militanza (fondando l’Unione degli Uraniani) e con la clinica, attraverso la fondazione dell’Institut für Sexualwissenschaft. Le teorie più speculative di Ulrichs e Hirschfeld sull’uranismo maschile vengono presto sostituite dalla sessuologia di stampo biologicista di Krafft-Ebing. Con la sua Psychopathia Sexualis, Krafft-Ebing presenta l’omosessualità come una degenerazione e la rende oggetto di un discorso propriamente psichiatrico, nonché di un approccio iper-categoriale e classificatorio alla psicopatologia, che include l’omosessualità tra i suoi fenomeni precipui. Freud non è così deciso nel rigettare l’approccio di Krafft-Ebing, anzi nutre per questo una grande ammirazione. Vista la propria formazione di neurologo, Freud “scivola” a volte in certi riduzionismi che segnalano un’oscillazione potenzialmente presente nella psicoanalisi: quella tra psicoanalisi stessa e una sessuologia di stampo biologicista che ha una forte base empirica, radicata nella materialità dei processi bio-chimici, cognitivi, neurologici, che non hanno mai smesso di interessare il suo fondatore. Nel lavoro viene analizzato il rapporto di Freud con Krafft-Ebing e il superamento di quest’ultimo da parte del primo nella Sexualwissenschaft del suo tempo. Infine, attraverso un’analisi dettagliata di alcuni casi clinici di omosessualità maschile nel sistema freudiano, si tracciano delle possibilità di lettura alternative del mito fondante che ha orientato la clinica omosessuale, , ovvero l’Edipo, indicando la via di un “Edipo minore”.File | Dimensione | Formato | |
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