La magia si configura come un sapere umano operativo all'interno dell'ordine cosmologico e metafisico. Questa possibile definizione di magia esplicita elementi che pongono le condizioni per la sussistenza di questa pratica. Essa si configura, infatti, in se stessa, in quanto mediazione, cioè possibilità di collegare elementi che possono apparire separati, e che non lasciano presagire possibilità di connessione. Invece il sapere magico è nella sua essenza operativo, cioè capace di esplicitare e connettere ciò che apparentemente sembra distante e lontano. Quest'intrinseca caratteristica intermediaria della magia è radicata in un contesto metafisico in cui tre elementi interagiscono, si osservano, comunicano ma mai nessuno si risolve negli altri due. Questi sono Dio, o il principio, la natura, ovvero la processione, e l'essere umano. L'origine è ciò da cui tutto deriva e verso cui ritorna, ma, per quanto assoluta, necessità dell'esplicazione per manifestarsi sensibilmente, e dell'uomo per ritornare a se stessa facendosi conoscere. La natura, in quanto dipendente dal principio, mantiene necessariamente un po' dell'uno, seppur non si risolva totalmente nell'Uno, altrimenti diverrebbe il principio, e, allo stesso tempo, necessita dell'uomo, in quanto su di essa egli opera e le fornisce unità mediante il processo conoscitivo. L'essere umano, infine, in quanto frutto dell'esplicazione, dipende dall'origine, ma allo stesso tempo la desidera, in quanto fonte di tutte le cose. Tuttavia è attraverso la natura che preliminarmente la conosce, cioè tramite l'osservazione dell'impronta dell'Uno in tutte le cose. La natura è specchio del principio, e l'essere umano, attraverso la conoscenza di questa, può ricongiungervisi. L'uomo pertanto, a livello ontologico, per il fatto stesso di avere la possibilità di elevarsi spingendo al limite la sua essenza, è posto in una condizione intermediaria tra intellegibile e sensibile, tra origine ed esplicazione, condizione che dipende unicamente da questa possibilità e non dall'eventuale caratteristica, che cambia a seconda dell'interpretazione del filosofo di riferimento, di essere immagine divina. Indipendente dal fatto che l'essere umano sia considerato imago dei, la caratteristica di poter rivolgere le proprie facoltà verso la natura e, conseguentemente, verso il principio, gli conferisce una posizione privilegiata nel cosmo. L'atto conoscitivo diventa dunque quell'atto che esalta l'uomo, perché gli permette di ritornare all'origine, cioè, a se stesso. Se la natura consente all'uomo di uscire da sé, dando vita così una dialettica tra interno ed esterno in cui questo si perde per poi ritrovarsi, il principio, infine, si ritrova nell'interiorità, dove, una volta che non esiste più mediazione tra coscienza e natura, soggetto e oggetto, l'intelletto, una volta che ha esperito se stesso, si abbandona al sovra-essenziale e al me-ontologico. La conoscenza diventa così mistica, l'esperienza estasi. Tuttavia questa fusione non è mai totale e definitiva, e necessita, conseguentemente, un ritorno sul piano dell'esplicazione, ma che non è più la stessa: una volta che si è conosciuta l'origine, questa diventa trasparente nella natura esplicata, e l'uomo può così abitare consapevolmente l'armonia divina voluta da Dio, cioè il suo ordinamento che attesta la sua presenza. L'essere umano si ritrova dunque nuovamente nella vicissitudine, ma con la consapevolezza dell'esperienza della divinità che la sorregge.

La magia: un sapere umano operativo all’interno dell’ordine cosmologico e metafisico

SAIACI, OMAR SALVATORE
2022/2023

Abstract

La magia si configura come un sapere umano operativo all'interno dell'ordine cosmologico e metafisico. Questa possibile definizione di magia esplicita elementi che pongono le condizioni per la sussistenza di questa pratica. Essa si configura, infatti, in se stessa, in quanto mediazione, cioè possibilità di collegare elementi che possono apparire separati, e che non lasciano presagire possibilità di connessione. Invece il sapere magico è nella sua essenza operativo, cioè capace di esplicitare e connettere ciò che apparentemente sembra distante e lontano. Quest'intrinseca caratteristica intermediaria della magia è radicata in un contesto metafisico in cui tre elementi interagiscono, si osservano, comunicano ma mai nessuno si risolve negli altri due. Questi sono Dio, o il principio, la natura, ovvero la processione, e l'essere umano. L'origine è ciò da cui tutto deriva e verso cui ritorna, ma, per quanto assoluta, necessità dell'esplicazione per manifestarsi sensibilmente, e dell'uomo per ritornare a se stessa facendosi conoscere. La natura, in quanto dipendente dal principio, mantiene necessariamente un po' dell'uno, seppur non si risolva totalmente nell'Uno, altrimenti diverrebbe il principio, e, allo stesso tempo, necessita dell'uomo, in quanto su di essa egli opera e le fornisce unità mediante il processo conoscitivo. L'essere umano, infine, in quanto frutto dell'esplicazione, dipende dall'origine, ma allo stesso tempo la desidera, in quanto fonte di tutte le cose. Tuttavia è attraverso la natura che preliminarmente la conosce, cioè tramite l'osservazione dell'impronta dell'Uno in tutte le cose. La natura è specchio del principio, e l'essere umano, attraverso la conoscenza di questa, può ricongiungervisi. L'uomo pertanto, a livello ontologico, per il fatto stesso di avere la possibilità di elevarsi spingendo al limite la sua essenza, è posto in una condizione intermediaria tra intellegibile e sensibile, tra origine ed esplicazione, condizione che dipende unicamente da questa possibilità e non dall'eventuale caratteristica, che cambia a seconda dell'interpretazione del filosofo di riferimento, di essere immagine divina. Indipendente dal fatto che l'essere umano sia considerato imago dei, la caratteristica di poter rivolgere le proprie facoltà verso la natura e, conseguentemente, verso il principio, gli conferisce una posizione privilegiata nel cosmo. L'atto conoscitivo diventa dunque quell'atto che esalta l'uomo, perché gli permette di ritornare all'origine, cioè, a se stesso. Se la natura consente all'uomo di uscire da sé, dando vita così una dialettica tra interno ed esterno in cui questo si perde per poi ritrovarsi, il principio, infine, si ritrova nell'interiorità, dove, una volta che non esiste più mediazione tra coscienza e natura, soggetto e oggetto, l'intelletto, una volta che ha esperito se stesso, si abbandona al sovra-essenziale e al me-ontologico. La conoscenza diventa così mistica, l'esperienza estasi. Tuttavia questa fusione non è mai totale e definitiva, e necessita, conseguentemente, un ritorno sul piano dell'esplicazione, ma che non è più la stessa: una volta che si è conosciuta l'origine, questa diventa trasparente nella natura esplicata, e l'uomo può così abitare consapevolmente l'armonia divina voluta da Dio, cioè il suo ordinamento che attesta la sua presenza. L'essere umano si ritrova dunque nuovamente nella vicissitudine, ma con la consapevolezza dell'esperienza della divinità che la sorregge.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/144585