This thesis work takes as its starting point the complex and ambivalent relationship between Sweden and the phenomenon of migration movements to the country. Indeed, historically the Scandinavian state has alternately opened and closed its borders intending to control, filter, and block incoming migration flows. The study of Swedish migration policies can thus shed light on the criteria and justifications advanced behind an entry to the country that has become, increasingly, fragmented and contingent. In contrast to the commonly held image of a Sweden that is attentive to discrimination and committed to combating it, what emerges is a political use of the legislative and administrative tools of national borders to draw sharp lines of demarcation between those who are welcome and those who are barred from entering the country's soil. In particular, these lines follow the unstable course of precise political wills that favor migrant groups and individuals with certain profiles and characteristics from time to time, while making it long and difficult for others to enter the country. Such policies not only have consequences on the political and administrative level, but also have profound repercussions on the social level, defining and exacerbating imaginary distinctions between the "us" of the native national community and the "them" of the immigrant population. These distinctions are created not only by political and legislative means, but also by discourses (traceable mainly, but not exclusively, in the political wing of the Swedish far right) that extol a supposed "Swedishness," that is, the essence of what it means to be Swedish, as opposed to the otherness represented by the immigrant population. Swedishness is connoted by certain phenotypic and moral characteristics of the individuals who would share an inherited national essence that would make them a homogeneous group in themselves (see in this regard some political postures adopted by the far-right Sweden Democrats party, for example in Aftonbladet, 2012; Arbetetet, 2019 and Sverigedemokraterna, 2024). These distinctions increase intolerance and inequality toward those who are perceived and described, even politically, as foreigners, and do not only affect publicly stigmatized subjects, such as refugees and asylum seekers. On the contrary, it also affects those who, while residing on national soil, do not correspond to those characteristics intrinsically associated with being Swedish, such as children of immigrants (so-called second generations, see Behrenz, Hammarstedt & Månsson, 2007 and Aradhya, Grotti & Härlönen, 2022) or workers with non-European backgrounds (Byström & Frohnert, 2017). In this sense, institutional and social attitudes that create clear boundaries and separations between "Swedes" and "others" also affect the younger fraction of the population that is part of the university student community. This paper focuses on the perceptions and experiences of some female students from Iran who are enrolled in a degree program at Umeå University. As will be seen in the course of the analysis presented here, the study of university student communities can reveal difficulties specific to some international students in their contact with Swedish societies and institutions.
Il presente lavoro di tesi prende le mosse dalla complessa e ambivalente relazione fra la Svezia e il fenomeno dei movimenti migratori verso il Paese. Storicamente lo Stato scandinavo ha infatti alternatamente aperto e chiuso i propri confini allo scopo di controllare, filtrare e bloccare i flussi migratori in entrata. Lo studio delle politiche migratorie svedesi può dunque mettere in luce i criteri e le giustificazioni avanzate alla base di un ingresso al Paese che si è fatto, sempre di più, frammentario e contingentato. All’opposto dell’immagine comunemente diffusa di una Svezia attenta alle discriminazioni ed impegnata a combatterle, ciò che emerge è un uso politico degli strumenti legislativi e di amministrazione dei confini nazionali con lo scopo di tracciare delle linee di demarcazione nette fra coloro che sono i benvenuti e coloro a cui è interdetto l’accesso sul suolo nazionale. In particolare, queste linee seguono l’andamento instabile di precise volontà politiche che favoriscono di volta in volta gruppi e soggetti migranti con determinati profili e caratteristiche, mentre rendono lungo e difficoltoso l’accesso al Paese per altri. Tali politiche non hanno conseguenze solo sul piano politico e amministrativo, ma hanno profonde ripercussioni anche sul piano sociale, definendo ed esacerbando immaginarie distinzioni fra il “noi” della comunità nazionale autoctona e il “loro” della popolazione immigrata. Queste distinzioni vengono create, oltre che con strumenti politici e legislativi, anche con discorsi (rintracciabili soprattutto, ma non esclusivamente, nell’ala politica dell’estrema destra svedese) che esaltano una supposta “svedesità”, cioè l’essenza di ciò che significa essere svedesi, in contrapposizione con l’alterità rappresentata dalla popolazione immigrata. La svedesità viene connotata da alcune caratteristiche fenotipiche e morali dei soggetti che comparteciperebbero di una essenza nazionale ereditaria che li renderebbe un gruppo in sé omogeneo (si vedano a questo proposito alcune posture politiche adottate dal partito di estrema destra dei Democratici di Svezia, per esempio in Aftonbladet, 2012; Arbetet, 2019 e Sverigedemokraterna, 2024). Queste distinzioni aumentano l’intolleranza e le diseguaglianze nei confronti di coloro che sono percepiti e descritti, anche politicamente, come stranieri e non riguardano soltanto soggetti pubblicamente stigmatizzati, come rifugiati e richiedenti asilo. Al contrario, interessa anche coloro che pur risiedendo sul suolo nazionale, non corrispondono a quelle caratteristiche intrinsecamente associate all’essere svedesi come i figli degli immigrati (le cosiddette seconde generazioni, si vedano Behrenz, Hammarstedt & Månsson, 2007 e Aradhya, Grotti & Härlönen, 2022) o lavoratori con provenienze extraeuropee (Byström & Frohnert, 2017). In questo senso, atteggiamenti istituzionali e sociali che creano confini e separazioni nette fra gli “svedesi” e gli “altri” riguardano anche la frazione di popolazione più giovane facente parte della comunità studentesca universitaria. Il presente lavoro si concentra sulle percezioni e le esperienze di alcune studentesse provenienti dall’Iran e iscritte ad un corso di laurea presso l’università di Umeå. Come si vedrà nel corso dell’analisi qui esposta, lo studio delle comunità studentesche universitarie può rivelare delle difficoltà specifiche di alcuni studenti internazionali nel loro contatto con società e istituzioni svedesi.
Aurore razziste percezioni delle studentesse iraniane nel contatto con le istituzioni e la società svedese nella città di Umeå
DELPIANO, LORENZO
2022/2023
Abstract
Il presente lavoro di tesi prende le mosse dalla complessa e ambivalente relazione fra la Svezia e il fenomeno dei movimenti migratori verso il Paese. Storicamente lo Stato scandinavo ha infatti alternatamente aperto e chiuso i propri confini allo scopo di controllare, filtrare e bloccare i flussi migratori in entrata. Lo studio delle politiche migratorie svedesi può dunque mettere in luce i criteri e le giustificazioni avanzate alla base di un ingresso al Paese che si è fatto, sempre di più, frammentario e contingentato. All’opposto dell’immagine comunemente diffusa di una Svezia attenta alle discriminazioni ed impegnata a combatterle, ciò che emerge è un uso politico degli strumenti legislativi e di amministrazione dei confini nazionali con lo scopo di tracciare delle linee di demarcazione nette fra coloro che sono i benvenuti e coloro a cui è interdetto l’accesso sul suolo nazionale. In particolare, queste linee seguono l’andamento instabile di precise volontà politiche che favoriscono di volta in volta gruppi e soggetti migranti con determinati profili e caratteristiche, mentre rendono lungo e difficoltoso l’accesso al Paese per altri. Tali politiche non hanno conseguenze solo sul piano politico e amministrativo, ma hanno profonde ripercussioni anche sul piano sociale, definendo ed esacerbando immaginarie distinzioni fra il “noi” della comunità nazionale autoctona e il “loro” della popolazione immigrata. Queste distinzioni vengono create, oltre che con strumenti politici e legislativi, anche con discorsi (rintracciabili soprattutto, ma non esclusivamente, nell’ala politica dell’estrema destra svedese) che esaltano una supposta “svedesità”, cioè l’essenza di ciò che significa essere svedesi, in contrapposizione con l’alterità rappresentata dalla popolazione immigrata. La svedesità viene connotata da alcune caratteristiche fenotipiche e morali dei soggetti che comparteciperebbero di una essenza nazionale ereditaria che li renderebbe un gruppo in sé omogeneo (si vedano a questo proposito alcune posture politiche adottate dal partito di estrema destra dei Democratici di Svezia, per esempio in Aftonbladet, 2012; Arbetet, 2019 e Sverigedemokraterna, 2024). Queste distinzioni aumentano l’intolleranza e le diseguaglianze nei confronti di coloro che sono percepiti e descritti, anche politicamente, come stranieri e non riguardano soltanto soggetti pubblicamente stigmatizzati, come rifugiati e richiedenti asilo. Al contrario, interessa anche coloro che pur risiedendo sul suolo nazionale, non corrispondono a quelle caratteristiche intrinsecamente associate all’essere svedesi come i figli degli immigrati (le cosiddette seconde generazioni, si vedano Behrenz, Hammarstedt & Månsson, 2007 e Aradhya, Grotti & Härlönen, 2022) o lavoratori con provenienze extraeuropee (Byström & Frohnert, 2017). In questo senso, atteggiamenti istituzionali e sociali che creano confini e separazioni nette fra gli “svedesi” e gli “altri” riguardano anche la frazione di popolazione più giovane facente parte della comunità studentesca universitaria. Il presente lavoro si concentra sulle percezioni e le esperienze di alcune studentesse provenienti dall’Iran e iscritte ad un corso di laurea presso l’università di Umeå. Come si vedrà nel corso dell’analisi qui esposta, lo studio delle comunità studentesche universitarie può rivelare delle difficoltà specifiche di alcuni studenti internazionali nel loro contatto con società e istituzioni svedesi.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/144549