Pietro Abelardo fu sicuramente un pensatore controverso e la sua dottrina sulla Santa Trinità divenne nel medioevo il fulcro di una crescente ondata di dissensi e conflitti che tutt’oggi stimolano l’interesse e la curiosità di una grande schiera di studiosi. Pietro Abelardo nasce nel 1079 a Le Pallet o Palais, un piccolo villaggio situato nella Bretagna meridionale, non lontano da Nantes, da famiglia di nobili origini. Il suo temperamento ambizioso e irruento giocò un ruolo fondamentale nel determinare quella catena di disgrazie che lui stesso descriverà nella sua Historia Calamitatam e che resero celebri la sua persona e la sua filosofia. Con il consenso del padre, ben presto iniziò a dedicarsi allo studio dei classici. In seguito alla tragica storia d’amore con Eloisa fu costretto, in seguito al matrimonio con lei e alla conseguente evirazione da lui subita, a prendere i voti presso il monastero di San Dionigi. Qui prenderà avvio una feconda riflessione sulla Sacre Scritture: nel convento di San Dionigi Abelardo scoprirà la passione per i misteri trinitari e la materia di fede, nonché una rinnovata concezione della sua stessa storia di vita. Quello per la teologia è un interesse che assumerà sempre maggiore rilevanza all’interno della vicenda esistenziale di Abelardo, ma proprio il suo approccio alla materia di fede, che prenderà in prestito strumenti metodologici dalla logica, sarà anche la causa della sua rovina. In due concili, dapprima a Soissons nel 1121 e successivamente a Sens nel 1140, Abelardo verrà bollato come eretico: fulcro dell’accusa un aspetto particolare della sua riflessione teologica, vale a dire il discorso sulla Santa Trinità. Muovendo da una concezione del discorso teologico inteso come sempre metaforico, Abelardo proporrà un nuovo modo di intendere Padre, Figlio e Spirito Santo. Le tre determinazioni trinitarie, comprese rispettivamente come Potenza, Sapienza e Bontà di Dio, verranno descritte dapprima nei termini di voces, e successivamente come proprietà dell’unica essenza divina. La sua posizione sulla Trinità, anche se non nuova per l’epoca (la Scuola di Chartres accoglieva intellettuali che proponevano tesi molto simili a quelle abelardiane), suscitò ben presto l’ostilità di personaggi molto in vista, tra cui particolare rilevanza rivestono Guglielmo di Saint-Thierry e Bernardo di Chiaravalle. Proprio a partire da due lettere scritte da quest’ultimi si avvierà quella lunga serie di eventi che porterà al concilio di Sens e che avrà come epilogo la definitiva sentenza di eresia per le tesi abelardiane nonché la condanna del Maestro Palatino e di tutti i suoi sostenitori al silenzio perpetuo. Quello che per molto tempo è stato interpretato come un conflitto di natura teologica fu in realtà solo uno strumento, per personaggi interessati a mantenere un certo potere o un certo status quo, al servizio di una più ampia manovra politica. Alla luce di queste nuove osservazioni il conflitto tra Abelardo e Bernardo nonché il più generalizzato accanimento verso la dottrina trinitaria del Maestro Palatino possono essere reinterpretate: fu davvero, quella di Abelardo, una condanna legittima? Questa domanda ci dà la possibilità di indagare ciò che avvenne non più esclusivamente sul piano teologico e filosofico: ci consente infatti di inserire queste vicende all’interno di un contesto politico e sociale che potrebbe di fatto aver influenzato, se non determinato, la necessità di bollare come eretiche le tesi abelardiane.

La dottrina trinitaria di Pietro Abelardo tra vecchie e nuove sentenze. Analisi del conflitto umano, politico e teologico dietro i concili di Soissons e di Sens

COLPO, ALICE
2022/2023

Abstract

Pietro Abelardo fu sicuramente un pensatore controverso e la sua dottrina sulla Santa Trinità divenne nel medioevo il fulcro di una crescente ondata di dissensi e conflitti che tutt’oggi stimolano l’interesse e la curiosità di una grande schiera di studiosi. Pietro Abelardo nasce nel 1079 a Le Pallet o Palais, un piccolo villaggio situato nella Bretagna meridionale, non lontano da Nantes, da famiglia di nobili origini. Il suo temperamento ambizioso e irruento giocò un ruolo fondamentale nel determinare quella catena di disgrazie che lui stesso descriverà nella sua Historia Calamitatam e che resero celebri la sua persona e la sua filosofia. Con il consenso del padre, ben presto iniziò a dedicarsi allo studio dei classici. In seguito alla tragica storia d’amore con Eloisa fu costretto, in seguito al matrimonio con lei e alla conseguente evirazione da lui subita, a prendere i voti presso il monastero di San Dionigi. Qui prenderà avvio una feconda riflessione sulla Sacre Scritture: nel convento di San Dionigi Abelardo scoprirà la passione per i misteri trinitari e la materia di fede, nonché una rinnovata concezione della sua stessa storia di vita. Quello per la teologia è un interesse che assumerà sempre maggiore rilevanza all’interno della vicenda esistenziale di Abelardo, ma proprio il suo approccio alla materia di fede, che prenderà in prestito strumenti metodologici dalla logica, sarà anche la causa della sua rovina. In due concili, dapprima a Soissons nel 1121 e successivamente a Sens nel 1140, Abelardo verrà bollato come eretico: fulcro dell’accusa un aspetto particolare della sua riflessione teologica, vale a dire il discorso sulla Santa Trinità. Muovendo da una concezione del discorso teologico inteso come sempre metaforico, Abelardo proporrà un nuovo modo di intendere Padre, Figlio e Spirito Santo. Le tre determinazioni trinitarie, comprese rispettivamente come Potenza, Sapienza e Bontà di Dio, verranno descritte dapprima nei termini di voces, e successivamente come proprietà dell’unica essenza divina. La sua posizione sulla Trinità, anche se non nuova per l’epoca (la Scuola di Chartres accoglieva intellettuali che proponevano tesi molto simili a quelle abelardiane), suscitò ben presto l’ostilità di personaggi molto in vista, tra cui particolare rilevanza rivestono Guglielmo di Saint-Thierry e Bernardo di Chiaravalle. Proprio a partire da due lettere scritte da quest’ultimi si avvierà quella lunga serie di eventi che porterà al concilio di Sens e che avrà come epilogo la definitiva sentenza di eresia per le tesi abelardiane nonché la condanna del Maestro Palatino e di tutti i suoi sostenitori al silenzio perpetuo. Quello che per molto tempo è stato interpretato come un conflitto di natura teologica fu in realtà solo uno strumento, per personaggi interessati a mantenere un certo potere o un certo status quo, al servizio di una più ampia manovra politica. Alla luce di queste nuove osservazioni il conflitto tra Abelardo e Bernardo nonché il più generalizzato accanimento verso la dottrina trinitaria del Maestro Palatino possono essere reinterpretate: fu davvero, quella di Abelardo, una condanna legittima? Questa domanda ci dà la possibilità di indagare ciò che avvenne non più esclusivamente sul piano teologico e filosofico: ci consente infatti di inserire queste vicende all’interno di un contesto politico e sociale che potrebbe di fatto aver influenzato, se non determinato, la necessità di bollare come eretiche le tesi abelardiane.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/144381