Dalla seconda metà del Novecento le democrazie contemporanee si sono aperte a sistemi più inclusivi nella progettazione delle opere pubbliche con l’introduzione di innovative pratiche di inclusione politica. Si tratta di esperienze per lo più locali, con poche eccezioni nazionali. Gestiscono il rapporto tra le amministrazioni pubbliche e i cittadini e permettono a questi ultimi di poter esercitare un potere decisionale diretto nel desing delle opere pubbliche. Anche si inseriscono nei tradizionali processi della democrazia rappresentativa non modificano la gerarchia tra amministrazioni e pubblico, ma integrano e migliorano il processo decisionale. La partecipazione diretta dei cittadini nei processi di decision making permette una migliore comprensione del problema e di raggiungere decisioni migliori grazie a informazioni più complete. In questo modo le pubbliche amministrazioni cercano da un lato di arginare e gestire i conflitti a base territoriale che spesso sfociano in scontri violenti e dall’altro abbreviare le lunghe empasse decisionali. Questi processi si inseriscono in una fase iniziale della pianificazione delle opere in cui è possibile modificarne gli aspetti. Le cellule di pianificazione, le conferenze di consenso, TM21, i bilanci partecipativi e i community dialogue sono modelli di inclusione politica, con obbiettivi simili ma strutture molto differenti. Infatti hanno un diverso modo di concepire l’inclusione politica, la legittimazione, applicano metodologie e strutture diverse e rispondono anche ad esigenze diverse, così gli scienziati politici hanno diviso questi processi in due tipi: partecipativi e deliberativi. Tuttavia, non sempre il confine tra i due è ben definito, esistono in fatti forme ibride di inclusione politica, come il dibattito pubblico, definito come un percorso di informazione, di discussione e confronto che permette al proponente di far emergere osservazioni e proposte da parte di una pluralità di attori, anche di singoli cittadini. Uno dei fulcri del dibattito pubblico è la divulgazione di informazioni semplici e comprensibili per il pubblico. Di recente è stato istituzionalizzato nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 76 del 10 maggio 2018, attuativo del Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 50/2016) che disciplina quando avviare un dibattito, le modalità di svolgimento, le tipologie e le soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito. Il Codice prevede che il dibattito sia obbligatorio per opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto ambientale, sulla società e sull’assetto del territorio. Negli ultimi anni ci sono state numerose integrazioni alla legge, specificando il ruolo degli enti di controllo del dibattito come la Commissione Nazionale per il Dibattito pubblico sulle grandi opeore o modificando le soglie descitte sopra. Il Codice e le sue integrazioni sono il risultato di esperienze regionali precedenti (in Toscana e in Puglia), a loro volta mutuate dall’esperienze francese del débate public. Le direttive regolano solo gli aspetti strutturali del dibattito ma non ci sono leggi o istruzioni su come condurre il dibattito. Nella tesi verranno analizzate le esperienze italiane di dibattito pubblico posteriori alla legge 50/2016 per ricostruire se si stanno diffondendo modelli standardizzati di dibattito.

Come progettare grandi opere con le comunità locali: i dibattiti pubblici dopo la legge 50/2016

GIANNI, ALICE
2021/2022

Abstract

Dalla seconda metà del Novecento le democrazie contemporanee si sono aperte a sistemi più inclusivi nella progettazione delle opere pubbliche con l’introduzione di innovative pratiche di inclusione politica. Si tratta di esperienze per lo più locali, con poche eccezioni nazionali. Gestiscono il rapporto tra le amministrazioni pubbliche e i cittadini e permettono a questi ultimi di poter esercitare un potere decisionale diretto nel desing delle opere pubbliche. Anche si inseriscono nei tradizionali processi della democrazia rappresentativa non modificano la gerarchia tra amministrazioni e pubblico, ma integrano e migliorano il processo decisionale. La partecipazione diretta dei cittadini nei processi di decision making permette una migliore comprensione del problema e di raggiungere decisioni migliori grazie a informazioni più complete. In questo modo le pubbliche amministrazioni cercano da un lato di arginare e gestire i conflitti a base territoriale che spesso sfociano in scontri violenti e dall’altro abbreviare le lunghe empasse decisionali. Questi processi si inseriscono in una fase iniziale della pianificazione delle opere in cui è possibile modificarne gli aspetti. Le cellule di pianificazione, le conferenze di consenso, TM21, i bilanci partecipativi e i community dialogue sono modelli di inclusione politica, con obbiettivi simili ma strutture molto differenti. Infatti hanno un diverso modo di concepire l’inclusione politica, la legittimazione, applicano metodologie e strutture diverse e rispondono anche ad esigenze diverse, così gli scienziati politici hanno diviso questi processi in due tipi: partecipativi e deliberativi. Tuttavia, non sempre il confine tra i due è ben definito, esistono in fatti forme ibride di inclusione politica, come il dibattito pubblico, definito come un percorso di informazione, di discussione e confronto che permette al proponente di far emergere osservazioni e proposte da parte di una pluralità di attori, anche di singoli cittadini. Uno dei fulcri del dibattito pubblico è la divulgazione di informazioni semplici e comprensibili per il pubblico. Di recente è stato istituzionalizzato nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 76 del 10 maggio 2018, attuativo del Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 50/2016) che disciplina quando avviare un dibattito, le modalità di svolgimento, le tipologie e le soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito. Il Codice prevede che il dibattito sia obbligatorio per opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto ambientale, sulla società e sull’assetto del territorio. Negli ultimi anni ci sono state numerose integrazioni alla legge, specificando il ruolo degli enti di controllo del dibattito come la Commissione Nazionale per il Dibattito pubblico sulle grandi opeore o modificando le soglie descitte sopra. Il Codice e le sue integrazioni sono il risultato di esperienze regionali precedenti (in Toscana e in Puglia), a loro volta mutuate dall’esperienze francese del débate public. Le direttive regolano solo gli aspetti strutturali del dibattito ma non ci sono leggi o istruzioni su come condurre il dibattito. Nella tesi verranno analizzate le esperienze italiane di dibattito pubblico posteriori alla legge 50/2016 per ricostruire se si stanno diffondendo modelli standardizzati di dibattito.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/144255