Il termine eterosi è stato proposto da Shull nel 1911 per indicare l'aumento di produzione e vigoria riscontrati in alcuni ibridi rispetto ai valori medi dei parentali. Si tratta di una caratteristica più comune nelle specie allogame: tuttavia anche alcune autogame (tra cui ad esempio riso e frumento) la manifestano in misura più o meno accentuata. La produzione di ibridi F1 presuppone l'adozione di metodiche che siano in grado di evitare nella maniera più assoluta che le piante portaseme si autofecondino. Nel caso di specie con piante dotate di fiori unisessuati sarà sufficiente eliminare, manualmente o meccanicamente, le infiorescenze maschili: è ad esempio il caso del mais. Se invece i fiori sono ermafroditi l'intervento manuale, teoricamente possibile, presuppone investimenti di manodopera assolutamente insostenibili. In tal caso le alternative possibili sono il ricorso a fenomeni di maschiosterilità oppure di autoincompatibilità, sia sporofitica che gametofitica. Possibile infine, il ricorso ad agenti chimici in grado di devitalizzare i granuli pollinici (gametocidi). Nel caso specifico del frumento, la situazione è resa ancor più problematica dal comportamento strettamente autogamo (addirittura cleistogamo). Nonostante tali difficoltà, l'utilizzo di ibridi F1 di frumento è in costante crescita. In Europa è da quasi 50 anni che il frumento ibrido è una realtà, soprattutto grazie ad aziende francesi e tedesche come l'Inra e la Saaten Union. Attualmente, esiste un numero limitato di cultivar di frumento ibride a base di agenti di ibridazione chimica registrati per il mercato europeo. In Cina e in India, il frumento ibrido è prodotto invece sulla base di sistemi CMS. Gli ibridi, infatti, rispetto alle linee pure da cui derivano presentano una produttività più elevata, semi più pesanti, apparato radicale più sviluppato, maggior tolleranza a condizioni ambientali sfavorevoli e più accentuata resistenza nei confronti di alcuni patogeni (tra cui in particolare oidio e fusariosi), miglior qualità tecnologica del prodotto ottenibile dalla coltivazione. Per quanto riguarda le modalità pratiche di ottenimento degli ibridi, scartando l'emasculazione manuale per gli insostenibili costi che presuppone, l'uso di maschiosterilità citoplasmatica (non ancora sufficientemente affidabile) e l'autoincompatibilità gametofitica (ancora di difficile utilizzazione) resta di fatto soltanto l'impiego di gametocidi. Per garantire una loro adeguata efficacia e per garantire una giusta impollinazione incrociata risultano di grande importanza la struttura fiorale e le condizioni ambientali in cui effettuare i trattamenti. Viene poi brevemente analizzata la realtà del frumento ibrido nel nostro Paese, con il concreto esempio degli ibridi prodotti dalla ditta Venturoli, che con l'appoggio dell'azienda tedesca Saaten Union, sta diventando il punto di riferimento della produzione di frumento ibrido in Italia.

Ibridi F1 di frumento: situazione attuale e prospettive

GALLO, EMANUELE
2017/2018

Abstract

Il termine eterosi è stato proposto da Shull nel 1911 per indicare l'aumento di produzione e vigoria riscontrati in alcuni ibridi rispetto ai valori medi dei parentali. Si tratta di una caratteristica più comune nelle specie allogame: tuttavia anche alcune autogame (tra cui ad esempio riso e frumento) la manifestano in misura più o meno accentuata. La produzione di ibridi F1 presuppone l'adozione di metodiche che siano in grado di evitare nella maniera più assoluta che le piante portaseme si autofecondino. Nel caso di specie con piante dotate di fiori unisessuati sarà sufficiente eliminare, manualmente o meccanicamente, le infiorescenze maschili: è ad esempio il caso del mais. Se invece i fiori sono ermafroditi l'intervento manuale, teoricamente possibile, presuppone investimenti di manodopera assolutamente insostenibili. In tal caso le alternative possibili sono il ricorso a fenomeni di maschiosterilità oppure di autoincompatibilità, sia sporofitica che gametofitica. Possibile infine, il ricorso ad agenti chimici in grado di devitalizzare i granuli pollinici (gametocidi). Nel caso specifico del frumento, la situazione è resa ancor più problematica dal comportamento strettamente autogamo (addirittura cleistogamo). Nonostante tali difficoltà, l'utilizzo di ibridi F1 di frumento è in costante crescita. In Europa è da quasi 50 anni che il frumento ibrido è una realtà, soprattutto grazie ad aziende francesi e tedesche come l'Inra e la Saaten Union. Attualmente, esiste un numero limitato di cultivar di frumento ibride a base di agenti di ibridazione chimica registrati per il mercato europeo. In Cina e in India, il frumento ibrido è prodotto invece sulla base di sistemi CMS. Gli ibridi, infatti, rispetto alle linee pure da cui derivano presentano una produttività più elevata, semi più pesanti, apparato radicale più sviluppato, maggior tolleranza a condizioni ambientali sfavorevoli e più accentuata resistenza nei confronti di alcuni patogeni (tra cui in particolare oidio e fusariosi), miglior qualità tecnologica del prodotto ottenibile dalla coltivazione. Per quanto riguarda le modalità pratiche di ottenimento degli ibridi, scartando l'emasculazione manuale per gli insostenibili costi che presuppone, l'uso di maschiosterilità citoplasmatica (non ancora sufficientemente affidabile) e l'autoincompatibilità gametofitica (ancora di difficile utilizzazione) resta di fatto soltanto l'impiego di gametocidi. Per garantire una loro adeguata efficacia e per garantire una giusta impollinazione incrociata risultano di grande importanza la struttura fiorale e le condizioni ambientali in cui effettuare i trattamenti. Viene poi brevemente analizzata la realtà del frumento ibrido nel nostro Paese, con il concreto esempio degli ibridi prodotti dalla ditta Venturoli, che con l'appoggio dell'azienda tedesca Saaten Union, sta diventando il punto di riferimento della produzione di frumento ibrido in Italia.
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