La tesi indaga il relativismo etico sotto una duplice lente: quella filosofica e quella psicologica. I primi capitoli ripercorrono la storia del relativismo e lo scompongono nelle sue definizioni filosofiche. Si procede, dunque, attraverso l’analisi del punto di vista del singolo, con l’approfondimento della componente relazionale, che costituisce il cardine dell’intero discorso. Paragrafo dopo paragrafo, la ricerca assume una prospettiva psicologica: in particolare, si esplora il ruolo della malattia mentale in un’ottica relativista, tra conferme e messe in dubbio. Il tema del giudizio morale viene così approfondito nei suoi punti di forza e nelle sue debolezze, attraverso esempi concreti e ipotetiche applicazioni nella realtà. In un mondo in cui l’intolleranza è ancora dominante, si esamina come il relativismo etico potrebbe essere la chiave risolutiva dei conflitti interpersonali. Nel corso dell’analisi, la tesi filosofica si rivela portatrice di idee di accettazione e valorizzazione del diverso: il giudizio al di fuori dei propri confini perde valore, così come l’imposizione dei propri schemi etici a chi sta al di fuori. Tuttavia, “al di qua” Tuttavia, “al di fuori dei propri confini” implica che “al di qua” la predominanza di uno standard esista e lasci poco spazio alla discussione. Dunque, se si immagina un ipotetico regime dittatoriale in cui l’unico orientamento sessuale accettato è quello eterosessuale, all’interno di questi confini ogni altra espressione è condannata e nessuno, dall’esterno, può giudicare se questo sia giusto o sbagliato. La tolleranza qui sarebbe dunque privilegio di pochi e non diritto di tutti. Inoltre, il conformismo risulterebbe la forza motrice implicita di ogni gruppo e, così, la libertà di essere cadrebbe nuovamente in limitazioni. Anche la questione della malattia mentale pare rimanere in sospeso. Se tutto è relativo, allora come può sussistere un assoluto psicologico che determina che cosa è salute e che cosa è patologia? La proposta del consensus gentium regge nel momento in cui viene applicata al processo di comprensione del mondo interiore dello psicotico: i processi mentali sono incomprensibili dal punto di vista logico ma, su un piano di sentimenti, ogni essere umano condivide lo stesso funzionamento. Tuttavia, la definizione della malattia mentale non può reggere unicamente su un piano emotivo: necessita, infatti, di basi scientifiche e razionali su cui sviluppare piani di intervento e di cura ugualmente scientifici e razionali. Se da un lato il relativismo etico apre alla possibilità di accettazione tollerante e reciproca, dall’altro mette a rischio la presenza, importante per l’essere umano, di punti di riferimento assoluti che resistano alle divergenze e sussistano su un piano sovra-individuale. Dunque, se nell’introduzione era stato ipotizzato che il relativismo potesse costituire la soluzione ai conflitti sociali della realtà contemporanea, emergono invece adesso i limiti dell’applicazione della teoria, tra ripercussioni inclusive e ricadute contraddittorie. La conciliazione di elementi assolutisti e schemi relativisti, nella loro incongruenza, pare essere un percorso possibile che rispetta i bisogni dell’uomo sociale: un’autorità esterna logica, salda e infrangibile in armonia con i principi di rispetto e accettazione dell’eterogeneità.

Il relativismo etico tra filosofia e psicologia

MARGARIA, ANNA
2021/2022

Abstract

La tesi indaga il relativismo etico sotto una duplice lente: quella filosofica e quella psicologica. I primi capitoli ripercorrono la storia del relativismo e lo scompongono nelle sue definizioni filosofiche. Si procede, dunque, attraverso l’analisi del punto di vista del singolo, con l’approfondimento della componente relazionale, che costituisce il cardine dell’intero discorso. Paragrafo dopo paragrafo, la ricerca assume una prospettiva psicologica: in particolare, si esplora il ruolo della malattia mentale in un’ottica relativista, tra conferme e messe in dubbio. Il tema del giudizio morale viene così approfondito nei suoi punti di forza e nelle sue debolezze, attraverso esempi concreti e ipotetiche applicazioni nella realtà. In un mondo in cui l’intolleranza è ancora dominante, si esamina come il relativismo etico potrebbe essere la chiave risolutiva dei conflitti interpersonali. Nel corso dell’analisi, la tesi filosofica si rivela portatrice di idee di accettazione e valorizzazione del diverso: il giudizio al di fuori dei propri confini perde valore, così come l’imposizione dei propri schemi etici a chi sta al di fuori. Tuttavia, “al di qua” Tuttavia, “al di fuori dei propri confini” implica che “al di qua” la predominanza di uno standard esista e lasci poco spazio alla discussione. Dunque, se si immagina un ipotetico regime dittatoriale in cui l’unico orientamento sessuale accettato è quello eterosessuale, all’interno di questi confini ogni altra espressione è condannata e nessuno, dall’esterno, può giudicare se questo sia giusto o sbagliato. La tolleranza qui sarebbe dunque privilegio di pochi e non diritto di tutti. Inoltre, il conformismo risulterebbe la forza motrice implicita di ogni gruppo e, così, la libertà di essere cadrebbe nuovamente in limitazioni. Anche la questione della malattia mentale pare rimanere in sospeso. Se tutto è relativo, allora come può sussistere un assoluto psicologico che determina che cosa è salute e che cosa è patologia? La proposta del consensus gentium regge nel momento in cui viene applicata al processo di comprensione del mondo interiore dello psicotico: i processi mentali sono incomprensibili dal punto di vista logico ma, su un piano di sentimenti, ogni essere umano condivide lo stesso funzionamento. Tuttavia, la definizione della malattia mentale non può reggere unicamente su un piano emotivo: necessita, infatti, di basi scientifiche e razionali su cui sviluppare piani di intervento e di cura ugualmente scientifici e razionali. Se da un lato il relativismo etico apre alla possibilità di accettazione tollerante e reciproca, dall’altro mette a rischio la presenza, importante per l’essere umano, di punti di riferimento assoluti che resistano alle divergenze e sussistano su un piano sovra-individuale. Dunque, se nell’introduzione era stato ipotizzato che il relativismo potesse costituire la soluzione ai conflitti sociali della realtà contemporanea, emergono invece adesso i limiti dell’applicazione della teoria, tra ripercussioni inclusive e ricadute contraddittorie. La conciliazione di elementi assolutisti e schemi relativisti, nella loro incongruenza, pare essere un percorso possibile che rispetta i bisogni dell’uomo sociale: un’autorità esterna logica, salda e infrangibile in armonia con i principi di rispetto e accettazione dell’eterogeneità.
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