Nel panorama politico odierno, la rinnovata importanza delle lotte per il riconoscimento, è difficilmente contestabile. Se per alcuni esse rappresentano già la quasi totalità dei conflitti sociali, la presenza di movimenti GLBT e antirazzisti, associazioni per la difesa dei diritti umani e animali, campagne per la sovranità nazionale o per l'autonomia locale, dimostrano comunque che queste rivendicazioni non possono più essere considerate marginali. Dal Messico ai Paesi Baschi, dalla Padania alla Palestina sempre più gruppi chiedono con forza il riconoscimento della propria identità, mentre l'eguaglianza economica, per un secolo e mezzo perno della contestazione politica, sembra oggi meno determinante. L'impressione che si avverte, almeno in Italia, è quella di un generale spaesamento: con la caduta dell'Unione Sovietica e «l'esaurimento delle energie utopistiche (di sinistra)» , le parole d'ordine della tradizione marxista non sembrano più costituire il nucleo di alcun «mito sociale». Incapace di rilanciare i vecchi ideali e impossibilitata a trovarne di nuovi, la sinistra italiana si trova in un pericoloso impasse che dovrà superare se non vorrà ridursi a piccola enclave di 'illuminati', schiacciata dal modello bipartitico che vede contrapporsi neocon e liberaldemocratici. Collabora a rendere ancora più incalzanti queste problematiche la dimensione globale del capitalismo che, permettendo una quantità fino a poco tempo fa impensata di contatti tra le culture, concorre all'eliminazione di schemi interpretativi secolari, pluralizza i punti di vista e mette in discussione le gerarchie di valore esistenti. Le richieste di riconoscimento si inseriscono in questo panorama politico.

Una tenue idea di bene. Axel Honneth e la teoria del riconoscimento

ZITO, SIMONE
2007/2008

Abstract

Nel panorama politico odierno, la rinnovata importanza delle lotte per il riconoscimento, è difficilmente contestabile. Se per alcuni esse rappresentano già la quasi totalità dei conflitti sociali, la presenza di movimenti GLBT e antirazzisti, associazioni per la difesa dei diritti umani e animali, campagne per la sovranità nazionale o per l'autonomia locale, dimostrano comunque che queste rivendicazioni non possono più essere considerate marginali. Dal Messico ai Paesi Baschi, dalla Padania alla Palestina sempre più gruppi chiedono con forza il riconoscimento della propria identità, mentre l'eguaglianza economica, per un secolo e mezzo perno della contestazione politica, sembra oggi meno determinante. L'impressione che si avverte, almeno in Italia, è quella di un generale spaesamento: con la caduta dell'Unione Sovietica e «l'esaurimento delle energie utopistiche (di sinistra)» , le parole d'ordine della tradizione marxista non sembrano più costituire il nucleo di alcun «mito sociale». Incapace di rilanciare i vecchi ideali e impossibilitata a trovarne di nuovi, la sinistra italiana si trova in un pericoloso impasse che dovrà superare se non vorrà ridursi a piccola enclave di 'illuminati', schiacciata dal modello bipartitico che vede contrapporsi neocon e liberaldemocratici. Collabora a rendere ancora più incalzanti queste problematiche la dimensione globale del capitalismo che, permettendo una quantità fino a poco tempo fa impensata di contatti tra le culture, concorre all'eliminazione di schemi interpretativi secolari, pluralizza i punti di vista e mette in discussione le gerarchie di valore esistenti. Le richieste di riconoscimento si inseriscono in questo panorama politico.
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