Considerando il largo impiego di chemioterapici antiblastici nella terapia delle patologie tumorali, negli ultimi anni è emersa la necessità di valutare il rischio cui è esposto il personale che in ambito ospedaliero manipola tali farmaci. L'assorbimento di queste sostanze avviene prevalentemente a livello inalatorio (polveri, vapori) o cutaneo (contatto diretto). Questa esposizione dei lavoratori può e deve essere evitata con opportuni accorgimenti tecnici ed organizzativi. L'importanza di monitorare l'esposizione professionale a chemioterapici antiblastici, a prescindere da contaminazioni accidentali, è sostenuta dall'ipotesi che dosi basse ma ripetute possono determinare fenomeni di accumulo, inducendo un effetto tossico su organi specifici. La tutela della salute dei lavoratori non può quindi prescindere da un'accurata valutazione del rischio attraverso il monitoraggio ambientale e biologico che richiedono la disponibilità di metodi di campionamento e di analisi idonei da cui derivare appropriate misure preventive. È riconosciuto che sia il monitoraggio ambientale sia quello biologico rappresentano validi metodi per verificare i potenziali rischi per la salute del personale sanitario addetto alla manipolazione degli agenti cancerogeni. La presente ricerca si basa sulla determinazione di un chemioterapico oggi ampiamente usato, la gemcitabina, scelto come indicatore di esposizione a chemioterapici, tenuto conto della sua frequenza di utilizzo e dei quantitativi impiegati in ambito oncologico. La procedura analitica sviluppata per determinare la gemcitabina campionata a livello delle superfici con la tecnica del wipe test è stata messa a punto e validata mediante impiego della cromatografia liquida ad elevate prestazioni (HPLC). Inoltre, in laboratorio, sono state effettuate prove sperimentali di recupero del chemioterapico sporcando le superfici delle cappe, ed è stato ottenuto un recupero pressoché del 100%. La precisione del metodo all'interno delle serie analitiche è stata valutata su tre concentrazioni di gemcitabina (0.5, 0.25, 0.15 mg/l) ed il risultato mostra una deviazione standard relativa pari a 1.65%, 5.3% e 13.25% per le tre concentrazioni testate. I Limiti di rivelazione (LdR) e di quantificazione (LdQ) per gemcitabina sono risultati rispettivamente 0,042 µg/ml e 0,14µg/ml. Per quanto riguarda il monitoraggio biologico si è scelto di valutare l'esposizione determinando le concentrazioni urinarie di gemcitabina come tale a fine turno lavorativo. Dall'analisi effettuata in quattro ospedali torinesi è emerso che in linea di massima sono rispettati i dettati delle Linee Guida. Nelle nostre indagini ambientali non è stata rilevata presenza di gemcitabina aerodispersa in nessuna delle realtà ospedaliere esaminate; per quanto riguarda l'inquinamento delle superfici, sono state testate unicamente quelle delle cappe poichè un campionamento su altre superfici dell'ambiente è stato ritenuto superfluo considerando l'impossibilità di diffusione per via aerea del farmaco come risulta dai dati riscontrati nell'aerodisperso. Il monitoraggio delle superfici è stato effettuato prima e dopo l'utilizzo della cappa e soltanto in due casi sono state evidenziate situazioni di positività in cui sarebbe necessario aumentare l'attenzione al fine di ridurre ulteriormente i rischi professionali. Per quanto riguarda il monitoraggio biologico, tutti i campioni di urina analizzati sono risultati negativi.
"Gemcitabina: valutazione dell'esposizione in farmacie ospedaliere durante la preparazione di chemioterapici"
GRILLO, NUNZIATA
2009/2010
Abstract
Considerando il largo impiego di chemioterapici antiblastici nella terapia delle patologie tumorali, negli ultimi anni è emersa la necessità di valutare il rischio cui è esposto il personale che in ambito ospedaliero manipola tali farmaci. L'assorbimento di queste sostanze avviene prevalentemente a livello inalatorio (polveri, vapori) o cutaneo (contatto diretto). Questa esposizione dei lavoratori può e deve essere evitata con opportuni accorgimenti tecnici ed organizzativi. L'importanza di monitorare l'esposizione professionale a chemioterapici antiblastici, a prescindere da contaminazioni accidentali, è sostenuta dall'ipotesi che dosi basse ma ripetute possono determinare fenomeni di accumulo, inducendo un effetto tossico su organi specifici. La tutela della salute dei lavoratori non può quindi prescindere da un'accurata valutazione del rischio attraverso il monitoraggio ambientale e biologico che richiedono la disponibilità di metodi di campionamento e di analisi idonei da cui derivare appropriate misure preventive. È riconosciuto che sia il monitoraggio ambientale sia quello biologico rappresentano validi metodi per verificare i potenziali rischi per la salute del personale sanitario addetto alla manipolazione degli agenti cancerogeni. La presente ricerca si basa sulla determinazione di un chemioterapico oggi ampiamente usato, la gemcitabina, scelto come indicatore di esposizione a chemioterapici, tenuto conto della sua frequenza di utilizzo e dei quantitativi impiegati in ambito oncologico. La procedura analitica sviluppata per determinare la gemcitabina campionata a livello delle superfici con la tecnica del wipe test è stata messa a punto e validata mediante impiego della cromatografia liquida ad elevate prestazioni (HPLC). Inoltre, in laboratorio, sono state effettuate prove sperimentali di recupero del chemioterapico sporcando le superfici delle cappe, ed è stato ottenuto un recupero pressoché del 100%. La precisione del metodo all'interno delle serie analitiche è stata valutata su tre concentrazioni di gemcitabina (0.5, 0.25, 0.15 mg/l) ed il risultato mostra una deviazione standard relativa pari a 1.65%, 5.3% e 13.25% per le tre concentrazioni testate. I Limiti di rivelazione (LdR) e di quantificazione (LdQ) per gemcitabina sono risultati rispettivamente 0,042 µg/ml e 0,14µg/ml. Per quanto riguarda il monitoraggio biologico si è scelto di valutare l'esposizione determinando le concentrazioni urinarie di gemcitabina come tale a fine turno lavorativo. Dall'analisi effettuata in quattro ospedali torinesi è emerso che in linea di massima sono rispettati i dettati delle Linee Guida. Nelle nostre indagini ambientali non è stata rilevata presenza di gemcitabina aerodispersa in nessuna delle realtà ospedaliere esaminate; per quanto riguarda l'inquinamento delle superfici, sono state testate unicamente quelle delle cappe poichè un campionamento su altre superfici dell'ambiente è stato ritenuto superfluo considerando l'impossibilità di diffusione per via aerea del farmaco come risulta dai dati riscontrati nell'aerodisperso. Il monitoraggio delle superfici è stato effettuato prima e dopo l'utilizzo della cappa e soltanto in due casi sono state evidenziate situazioni di positività in cui sarebbe necessario aumentare l'attenzione al fine di ridurre ulteriormente i rischi professionali. Per quanto riguarda il monitoraggio biologico, tutti i campioni di urina analizzati sono risultati negativi.File | Dimensione | Formato | |
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