Il presente studio indaga i caratteri etnografici presenti nel De bello Gallico di Cesare, opera che, nella sua chiarezza cristallina e nella sua pragmatica semplicità, cela aspetti di spiccato interesse per le culture ¿altre¿ e costituisce un esempio di grande capacità di analisi. La ricerca inizierà col fornire un panorama della situazione geografica e politica nella Gallia del I secolo a.C. per poi dedicarsi agli anni della conquista cesariana, dando particolare risalto ai rapporti che l'imperator instaurò con l'élite religiosa druidica, che allora si avviava ormai verso il tramonto, ma che conservava ancora una notevole influenza. Il cuore della trattazione è il capitolo IV, in cui si spiega come Cesare, grazie all'accurata lettura delle autorevoli fonti greche a lui precedenti e grazie alla sua spiccata capacità di cogliere le peculiarità delle culture con cui venne a contatto, seppe fornire ai contemporanei un innovativo quadro del mondo celtico. Attraverso sottili espedienti narrativi e sapienti scelte tematiche (ad esempio la digressione sugli animali che popolavano la Selva Ercinia) l'autore traccia un ritratto della società celtica che non si ferma agli ormai fossilizzati stereotipi della letteratura precedente. I Galli non sono perciò dipinti come dei barbari incivili e irrimediabilmente inferiori, ma quasi come dei bambini vivaci e maldestri bisognosi di educazione (che è quella che Roma si propone di dare attraverso l'acculturazione). I veri nemici sono invece i Germani, ma si vedrà che anche questa apparente chiusura non è tanto dovuta a pregiudizi quanto a ragioni di carattere politico. L'ultimo capitolo è dedicato alle conseguenze della conquista, ovvero alla fusione delle due culture in un'unica identità. La completa assimilazione si deve alla lentezza della romanizzazione e al fatto che i Romani non tentarono di sradicare la cultura celtica. Essi non imposero con la forza il proprio modello culturale, ma lasciarono che fossero i Galli stessi a desiderarlo, di modo che lo facessero e lo sentissero affine. Al termine del percorso apparirà evidente che fu Cesare a compiere il primo passo verso l'assimilazione dei vinti, attenuando le differenze fra conquistatori e conquistati e facendo risaltare gli elementi comuni fra le due culture. Questo aspetto, che spesso passa in secondo piano rispetto ai più apertamente dichiarati intenti politico -militari dell'opera, ci permette di leggere i Commentarii non come il piatto e noioso elenco delle azioni di un condottiero, ma come un'intelligente apertura verso popoli stranieri, anzi proprio verso quei popoli che avevano maggiormente minacciato la stabilità di Roma (e chi nel I secolo a.C. non ricordava il sacco del 390?). Tali riflessioni celate dietro l'equilibrata prosa cesariana non possono non farci riflettere sulla condizione presente e gettano una luce di speranza su un mondo ora lacerato da conflitti, ma che in futuro sarà senz'altro migliore perché ogni cultura verrà arricchita dagli apporti delle altre.
La conquista della Gallia Transalpina: Cesare e i Celti
BERTONE, GAELLE
2017/2018
Abstract
Il presente studio indaga i caratteri etnografici presenti nel De bello Gallico di Cesare, opera che, nella sua chiarezza cristallina e nella sua pragmatica semplicità, cela aspetti di spiccato interesse per le culture ¿altre¿ e costituisce un esempio di grande capacità di analisi. La ricerca inizierà col fornire un panorama della situazione geografica e politica nella Gallia del I secolo a.C. per poi dedicarsi agli anni della conquista cesariana, dando particolare risalto ai rapporti che l'imperator instaurò con l'élite religiosa druidica, che allora si avviava ormai verso il tramonto, ma che conservava ancora una notevole influenza. Il cuore della trattazione è il capitolo IV, in cui si spiega come Cesare, grazie all'accurata lettura delle autorevoli fonti greche a lui precedenti e grazie alla sua spiccata capacità di cogliere le peculiarità delle culture con cui venne a contatto, seppe fornire ai contemporanei un innovativo quadro del mondo celtico. Attraverso sottili espedienti narrativi e sapienti scelte tematiche (ad esempio la digressione sugli animali che popolavano la Selva Ercinia) l'autore traccia un ritratto della società celtica che non si ferma agli ormai fossilizzati stereotipi della letteratura precedente. I Galli non sono perciò dipinti come dei barbari incivili e irrimediabilmente inferiori, ma quasi come dei bambini vivaci e maldestri bisognosi di educazione (che è quella che Roma si propone di dare attraverso l'acculturazione). I veri nemici sono invece i Germani, ma si vedrà che anche questa apparente chiusura non è tanto dovuta a pregiudizi quanto a ragioni di carattere politico. L'ultimo capitolo è dedicato alle conseguenze della conquista, ovvero alla fusione delle due culture in un'unica identità. La completa assimilazione si deve alla lentezza della romanizzazione e al fatto che i Romani non tentarono di sradicare la cultura celtica. Essi non imposero con la forza il proprio modello culturale, ma lasciarono che fossero i Galli stessi a desiderarlo, di modo che lo facessero e lo sentissero affine. Al termine del percorso apparirà evidente che fu Cesare a compiere il primo passo verso l'assimilazione dei vinti, attenuando le differenze fra conquistatori e conquistati e facendo risaltare gli elementi comuni fra le due culture. Questo aspetto, che spesso passa in secondo piano rispetto ai più apertamente dichiarati intenti politico -militari dell'opera, ci permette di leggere i Commentarii non come il piatto e noioso elenco delle azioni di un condottiero, ma come un'intelligente apertura verso popoli stranieri, anzi proprio verso quei popoli che avevano maggiormente minacciato la stabilità di Roma (e chi nel I secolo a.C. non ricordava il sacco del 390?). Tali riflessioni celate dietro l'equilibrata prosa cesariana non possono non farci riflettere sulla condizione presente e gettano una luce di speranza su un mondo ora lacerato da conflitti, ma che in futuro sarà senz'altro migliore perché ogni cultura verrà arricchita dagli apporti delle altre.File | Dimensione | Formato | |
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