In this essay is presented the process of schooling of an ethnic minority within the institution of school managed by the society of majority. It does exist a culture of the school, which reflects and reproduces the politic and institutional setting and the values of such society. On the contrary for Roma children of this research, the educational model which they refer to, is that one familiar and communitarian of their community, i. e. the Dassikané Roma domiciled in one of the four ¿nomadic camps¿ of Turin. The centre of my field work and ethnographic research was the ¿nomadic laboratory¿, managed by one of the 15 teachers employed by municipality of Turin in primary schools and started up in the year 1982, following to the suppression of ¿Lacio Drom¿ classrooms only for Gypsies. I found two levels for the anthropological analysis related to the ¿nomadic laboratory¿: the institutional level of structure which generates a difference towards Roma children, discriminating them as ¿nomadic¿ pupils, when they arrive to school; and on the contrary the level of ¿open¿ space created by Roma children within the classroom of the teacher who manages the laboratory, in relation to her and to the other Roma children attending this classroom. In this contest pupils created common coping strategies of their daily experiences into school through comparison, competition and collaboration among each other. Particularly they have brought into this classroom the interactional model of behaving, which is valid by their community, i. e. the relational and collective way of living experiences and to be considered by adults. Besides it, at an individual level, everyone child invented their own strategies to render important their school activities, experienced in their classrooms of enrolment, related to their own daily experiences of lives in their community by the ¿nomadic camp¿. When Dassikané Roma children have found, and when they have contributed to create, an ¿open¿ space of interaction with Gorgios teachers and schoolmates in their own classrooms of enrolment, some subjects, activities and curricular school programs have become for them important. On the contrary when this ¿open¿ spaces have not been created, children have acted coping strategies which were ¿resistant¿ against the knowledge transmitted by school institution of the Gorgios. Generally this research has demonstrated how elementary school has become an important assumption by the traditional practices of Dassikané Roma community, thanks to the creation of trust ties and ¿intermediate¿ spaces of relations among Roma children, their parents and their important adults with some Gorgios teachers and adults, how we can see from the high rate of frequency of the school by most Dassikané Roma children. Besides it, the demand of participation to the ¿events¿ of the school from Roma pupils to their parents, supported by some teachers, has encouraged their agreement and participation not only at a ¿formal¿ level, related to the possibility of maintaining the permission of domicile in the ¿nomadic camp¿, but even the participation to more ¿informal¿ moments at school, as classroom's assembly with teachers and other children' parents and as the feast for the end of the school year.
Il presente lavoro nasce con l'intento di indagare il processo di scolarizzazione di una minoranza nell'istituzione scolastica gestita dalla società di maggioranza. Esiste una cultura della scuola che rispecchia e riproduce il setting politico e istituzionale e i valori di tale società. Per gli alunni rom soggetti di questa ricerca, invece, il modello educativo di riferimento è quello famigliare e comunitario di appartenenza alla minoranza dei dassikané roma, domiciliati in una delle quattro aree sosta regolamentate del Comune di Torino. Il centro della mia ricerca etnografica e osservazione partecipante è stato il laboratorio ¿nomadi¿, gestito da una delle 15 insegnanti comunali, assunte nelle scuole primarie e attivato nel territorio torinese in seguito all'abolizione, nel 1982, delle classi speciali ¿Lacio Drom¿ per alunni ¿zingari¿. Ho trovato due piani del discorso antropologico per quanto riguarda il laboratorio ¿nomadi¿: il livello istituzionale di struttura generativa di differenza per i bambini rom che diventano alunni ¿nomadi¿, e per questo discriminati, con l'arrivo a scuola; e quello invece di spazio ¿aperto¿ all'interno dell'aula dell'insegnante comunale, in relazione a quest'ultima e al gruppo dei pari dei compagni e parenti rom. In tale contesto gli alunni hanno messo in atto strategie collettive di gestione del proprio quotidiano scolastico tramite il confronto, la competizione e la collaborazione, in particolare hanno portato nell'aula del laboratorio il modello interattivo di riferimento presso la propria comunità di appartenenza, ovvero quello relazionale e collettivo di vivere le esperienze e di essere considerati dagli adulti. Inoltre a livello individuale ciascuno ha inventato proprie strategie per rendere significative le attività scolastiche vissute nelle proprie classi di iscrizione, in relazione alle proprie quotidiane esperienze di vita presso la cultura comunitaria di appartenenza. Nei casi in cui i bambini dassikané roma abbiano trovato, e contribuito a creare, nelle proprie aule uno spazio ¿aperto¿ di interazione, con la conseguente realizzazione di legami di fiducia con ¿altri significativi¿, in questo caso maestre e compagni gagé, alcune materie, attività, programmi curricolari e valori dei gagé, si sono resi importanti per loro. Nei casi in cui tali spazi ¿aperti¿ non si siano creati, i bambini hanno messo in atto strategie di gestione del quotidiano in classe ¿resistenti¿ ai saperi trasmessi dall'istituzione dei gagé. In generale questa ricerca ha dimostrato come la scuola elementare sia diventata un importante presupposto nelle pratiche della comunità di dassikané roma, grazie all'intessersi di legami di fiducia e spazi di relazione ¿intermedi¿ tra i bambini rom, i loro genitori e adulti significativi con alcune insegnanti e adulti gagé, come dimostra l'assidua frequenza della maggior parte dei bambini durante l'anno scolastico. Inoltre la richiesta di partecipazione agli ¿eventi¿ della scuola da parte di alcuni alunni rom, sostenuta da alcune loro insegnanti, ai propri genitori e parenti, ha favorito la loro adesione e coinvolgimento non solo a livello ¿formale¿, in relazione alla possibilità di mantenere il proprio diritto di sosta al campo ¿nomadi¿, ma anche ad alcuni momenti più ¿informali¿, come le riunioni di classe e la festa di fine anno scolastico.
"I nostri adulti sono rom, i vostri gagé. I bambini sono tutti uguali". Etnografia della scolarizzazione e propriospettive tra bambini dassikané roma a Torino.
SETTI, FEDERICA
2009/2010
Abstract
Il presente lavoro nasce con l'intento di indagare il processo di scolarizzazione di una minoranza nell'istituzione scolastica gestita dalla società di maggioranza. Esiste una cultura della scuola che rispecchia e riproduce il setting politico e istituzionale e i valori di tale società. Per gli alunni rom soggetti di questa ricerca, invece, il modello educativo di riferimento è quello famigliare e comunitario di appartenenza alla minoranza dei dassikané roma, domiciliati in una delle quattro aree sosta regolamentate del Comune di Torino. Il centro della mia ricerca etnografica e osservazione partecipante è stato il laboratorio ¿nomadi¿, gestito da una delle 15 insegnanti comunali, assunte nelle scuole primarie e attivato nel territorio torinese in seguito all'abolizione, nel 1982, delle classi speciali ¿Lacio Drom¿ per alunni ¿zingari¿. Ho trovato due piani del discorso antropologico per quanto riguarda il laboratorio ¿nomadi¿: il livello istituzionale di struttura generativa di differenza per i bambini rom che diventano alunni ¿nomadi¿, e per questo discriminati, con l'arrivo a scuola; e quello invece di spazio ¿aperto¿ all'interno dell'aula dell'insegnante comunale, in relazione a quest'ultima e al gruppo dei pari dei compagni e parenti rom. In tale contesto gli alunni hanno messo in atto strategie collettive di gestione del proprio quotidiano scolastico tramite il confronto, la competizione e la collaborazione, in particolare hanno portato nell'aula del laboratorio il modello interattivo di riferimento presso la propria comunità di appartenenza, ovvero quello relazionale e collettivo di vivere le esperienze e di essere considerati dagli adulti. Inoltre a livello individuale ciascuno ha inventato proprie strategie per rendere significative le attività scolastiche vissute nelle proprie classi di iscrizione, in relazione alle proprie quotidiane esperienze di vita presso la cultura comunitaria di appartenenza. Nei casi in cui i bambini dassikané roma abbiano trovato, e contribuito a creare, nelle proprie aule uno spazio ¿aperto¿ di interazione, con la conseguente realizzazione di legami di fiducia con ¿altri significativi¿, in questo caso maestre e compagni gagé, alcune materie, attività, programmi curricolari e valori dei gagé, si sono resi importanti per loro. Nei casi in cui tali spazi ¿aperti¿ non si siano creati, i bambini hanno messo in atto strategie di gestione del quotidiano in classe ¿resistenti¿ ai saperi trasmessi dall'istituzione dei gagé. In generale questa ricerca ha dimostrato come la scuola elementare sia diventata un importante presupposto nelle pratiche della comunità di dassikané roma, grazie all'intessersi di legami di fiducia e spazi di relazione ¿intermedi¿ tra i bambini rom, i loro genitori e adulti significativi con alcune insegnanti e adulti gagé, come dimostra l'assidua frequenza della maggior parte dei bambini durante l'anno scolastico. Inoltre la richiesta di partecipazione agli ¿eventi¿ della scuola da parte di alcuni alunni rom, sostenuta da alcune loro insegnanti, ai propri genitori e parenti, ha favorito la loro adesione e coinvolgimento non solo a livello ¿formale¿, in relazione alla possibilità di mantenere il proprio diritto di sosta al campo ¿nomadi¿, ma anche ad alcuni momenti più ¿informali¿, come le riunioni di classe e la festa di fine anno scolastico.File | Dimensione | Formato | |
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