È possibile avvicinarsi ad un'opera come il Cur Deus homo (=CDH) di Sant'Anselmo senza optare pregiudizialmente per una lettura soltanto teologica oppure filosofica? Ovvero, è possibile superare le letture parziali che di quest'opera sono state elaborate soprattutto nel secolo XX? Infatti, la letteratura critica del CDH, nella maggior parte dei casi, si è avvicinata a quest'opera mettendone in risalto soltanto l'aspetto razionale oppure soltanto quello teologico, e spesso condannandola come una semplice elaborazione di postulati derivanti dal diritto feudale. Questa tesi, lungi dall'essere un'ulteriore proposta interpretativa del CDH (che andrebbe ad aggiungersi alle numerose altre già presenti in letteratura), vuole invece tentare di offrire una prospettiva sintetica in cui cogliere quest'opera anselmiana in tutta la sua ricchezza antropologica, filosofica e teologica. Il presupposto da cui muove la nostra proposta è la convinzione che il CDH sia un'opera non soltanto filosofica, non soltanto teologica, e nemmeno un semplice prodotto del mondo del diritto feudale, ma sia piuttosto un insieme coerente di questi tre aspetti. La nostra proposta si muove nella prospettiva di integrare l'aspetto filosofico, quello teologico e quello antropologico in base alla loro importanza. Si vuole quindi avanzare una proposta di lettura in tre livelli. Di questi, il primo, quello antropologico, costituisce il punto di partenza, il sostrato comune sottinteso da Anselmo per dialogare con i suoi interlocutori, credenti e non. A questo primo livello di lettura deve succedere inevitabilmente il secondo: se così non fosse, si finirebbe per optare per una visione estremamente riduttiva dell'opera. Il secondo livello è quello filosofico, che rappresenta in un certo modo il cuore dell'argomentazione anselmiana, nel quale l'intellectus si mette all'opera per cercare di mostrare l'impossibilità della redenzione senza l'evento dell'Incarnazione. Con il famoso metodo del remoto Cristo, Anselmo astrae metodologicamente dall'evento storico di Cristo per dimostrare razionalmente che senza di lui l'uomo non sarebbe stato in grado di riparare al peccato commesso nei confronti del Creatore, e cioè alla colpa attraverso cui Adamo ed Eva si allontanarono dalla condizione di beatitudine originaria. Il terzo livello infine, quello teologico, è la destinazione finale di tutta l'opera: infatti, le ragioni necessarie e gli argomenti razionali di Anselmo conducono alle medesime conclusioni che si ritrovano in quella parte di rivelazione da cui si era astratto inizialmente. Ecco il perché del titolo di questa tesi, ¿Antropologia, filosofia e teologia nel Cur Deus homo¿: si tratta della convinzione che queste tre componenti, dalle quali non si può certamente prescindere avvicinandosi a quest'opera, possono essere colte in una triplice prospettiva gerarchica, sintetica e non contraddittoria. Come già accennato, questo lavoro non si propone dunque come una nuova interpretazione dell'opera, quanto piuttosto come una serie di spunti che potrebbero essere utili allo specialista (filosofo o teologo) per avvicinarsi al CDH senza optare per un approccio pregiudizialmente unilaterale.
ANTROPOLOGIA, FILOSOFIA E TEOLOGIA NEL CUR DEUS HOMO DI SANT'ANSELMO
CURTAZ, JEFFERSON AURELIO
2009/2010
Abstract
È possibile avvicinarsi ad un'opera come il Cur Deus homo (=CDH) di Sant'Anselmo senza optare pregiudizialmente per una lettura soltanto teologica oppure filosofica? Ovvero, è possibile superare le letture parziali che di quest'opera sono state elaborate soprattutto nel secolo XX? Infatti, la letteratura critica del CDH, nella maggior parte dei casi, si è avvicinata a quest'opera mettendone in risalto soltanto l'aspetto razionale oppure soltanto quello teologico, e spesso condannandola come una semplice elaborazione di postulati derivanti dal diritto feudale. Questa tesi, lungi dall'essere un'ulteriore proposta interpretativa del CDH (che andrebbe ad aggiungersi alle numerose altre già presenti in letteratura), vuole invece tentare di offrire una prospettiva sintetica in cui cogliere quest'opera anselmiana in tutta la sua ricchezza antropologica, filosofica e teologica. Il presupposto da cui muove la nostra proposta è la convinzione che il CDH sia un'opera non soltanto filosofica, non soltanto teologica, e nemmeno un semplice prodotto del mondo del diritto feudale, ma sia piuttosto un insieme coerente di questi tre aspetti. La nostra proposta si muove nella prospettiva di integrare l'aspetto filosofico, quello teologico e quello antropologico in base alla loro importanza. Si vuole quindi avanzare una proposta di lettura in tre livelli. Di questi, il primo, quello antropologico, costituisce il punto di partenza, il sostrato comune sottinteso da Anselmo per dialogare con i suoi interlocutori, credenti e non. A questo primo livello di lettura deve succedere inevitabilmente il secondo: se così non fosse, si finirebbe per optare per una visione estremamente riduttiva dell'opera. Il secondo livello è quello filosofico, che rappresenta in un certo modo il cuore dell'argomentazione anselmiana, nel quale l'intellectus si mette all'opera per cercare di mostrare l'impossibilità della redenzione senza l'evento dell'Incarnazione. Con il famoso metodo del remoto Cristo, Anselmo astrae metodologicamente dall'evento storico di Cristo per dimostrare razionalmente che senza di lui l'uomo non sarebbe stato in grado di riparare al peccato commesso nei confronti del Creatore, e cioè alla colpa attraverso cui Adamo ed Eva si allontanarono dalla condizione di beatitudine originaria. Il terzo livello infine, quello teologico, è la destinazione finale di tutta l'opera: infatti, le ragioni necessarie e gli argomenti razionali di Anselmo conducono alle medesime conclusioni che si ritrovano in quella parte di rivelazione da cui si era astratto inizialmente. Ecco il perché del titolo di questa tesi, ¿Antropologia, filosofia e teologia nel Cur Deus homo¿: si tratta della convinzione che queste tre componenti, dalle quali non si può certamente prescindere avvicinandosi a quest'opera, possono essere colte in una triplice prospettiva gerarchica, sintetica e non contraddittoria. Come già accennato, questo lavoro non si propone dunque come una nuova interpretazione dell'opera, quanto piuttosto come una serie di spunti che potrebbero essere utili allo specialista (filosofo o teologo) per avvicinarsi al CDH senza optare per un approccio pregiudizialmente unilaterale.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/14289