Giorgio Albertazzi e William Shakespeare, due artisti, e in un certo senso due "scrittori". In questa sede, attraverso l'utilizzo di fonti bibliografiche e soprattutto di ritagli di stampa reperiti presso il Centro Studi del Teatro Stabile di Torino, si è voluto innanzitutto analizzare il rapporto tra l'attore fiesolano e il drammaturgo inglese, sottolineando l'importanza che le opere del bardo hanno avuto nella vita artistica di Albertazzi, andando successivamente ad approfondire il suo rapporto con un' opera nello specifico, l'Amleto, e mettendo soprattutto in luce il significato che ha avuto per lui il personaggio omonimo. Si è voluto inoltre analizzare e mettere a confronto le due messe in scena dell'opera, mettendo in risalto le differenze dei due allestimenti, dovute allo stile differente dei due registi e al diverso rapporto che Giorgio Albertazzi ha instaurato con ognuno di loro. Il testo è stato suddiviso in due capitoli principali: un primo in cui, dopo qualche informazione relativa alle prime esperienze di Albertazzi nel mondo del teatro, e al suo esordio dovuto principalmente al suo innato talento ed alla voglia di catturare l'attenzione della gente piuttosto che ad una vera e propria passione o vocazione, ci si è voluti soffermare sull'importanza che hanno per lui alcuni aspetti della recitazione, in particolar modo la creatività dell'attore, fondamentale per la libera espressione dall'artista, che si discosta così da una rappresentazione religiosa del testo, unendo il suo punto di vista a quello dell'autore. In conclusione al primo capitolo la citazione di alcune delle opere da lui portate in scena, in particolar modo quelle Shakespeariane. Un secondo capitolo è stato poi dedicato all'opera dell'Amleto, uno dei testi più discussi e rappresentati: dopo essersi soffermati sull'importanza di questo testo dal punto di vista teatrale, un opera ricca di vuoti, che permettono all'attore una grande libertà creativa, si è voluto sottolineare il significato profondo che Giorgio Albertazzi rileva in quest'opera e nel personaggio stesso di Amleto: un racconto sempre attuale questo, che può adattarsi ad ogni tempo e ad ogni luogo, poiché ci mostra le problematiche della società dell'epoca, problematiche che sono però anche quello del nostro tempo, così come Le tribolazioni e i dubbi che affiggono Amleto, non sono altro che gli stessi dubbi e le stesse tribolazioni che da sempre affliggono l'umanità intera. Si è voluto infine mettere a confronto le due rappresentazioni dell'opera portare in scena da Giorgio Albertazzi, due edizioni a brevissima distanza l'una dall'altra ma profondamente differenti: una prima edizione diretta dallo scozzese Frank Hauser, in cui lo scontro tra un tradizionalista, legato alla più religiosa tradizione elisabettiana, e un innovatore, proiettato invece,verso sperimentazione e libertà creativa, era inevitabile, causando quindi non poche difficoltà; e una seconda edizione, diretta dal toscano Franco Zeffirelli, in cui il felice incontro tra due mentalità aperte ed innovatrici, ha condotto ad un enorme successo di pubblico e di critica, a livello nazionale come anche internazionale. In conclusione dell'elaborato sono stati inseriti alcune scannerizzazioni dei ritagli di stampa reperibili al Centro Studi del Teatro Stabile.
Giorgio Albertazzi: "I Miei Amleti"
LISA, RAFFAELLA
2016/2017
Abstract
Giorgio Albertazzi e William Shakespeare, due artisti, e in un certo senso due "scrittori". In questa sede, attraverso l'utilizzo di fonti bibliografiche e soprattutto di ritagli di stampa reperiti presso il Centro Studi del Teatro Stabile di Torino, si è voluto innanzitutto analizzare il rapporto tra l'attore fiesolano e il drammaturgo inglese, sottolineando l'importanza che le opere del bardo hanno avuto nella vita artistica di Albertazzi, andando successivamente ad approfondire il suo rapporto con un' opera nello specifico, l'Amleto, e mettendo soprattutto in luce il significato che ha avuto per lui il personaggio omonimo. Si è voluto inoltre analizzare e mettere a confronto le due messe in scena dell'opera, mettendo in risalto le differenze dei due allestimenti, dovute allo stile differente dei due registi e al diverso rapporto che Giorgio Albertazzi ha instaurato con ognuno di loro. Il testo è stato suddiviso in due capitoli principali: un primo in cui, dopo qualche informazione relativa alle prime esperienze di Albertazzi nel mondo del teatro, e al suo esordio dovuto principalmente al suo innato talento ed alla voglia di catturare l'attenzione della gente piuttosto che ad una vera e propria passione o vocazione, ci si è voluti soffermare sull'importanza che hanno per lui alcuni aspetti della recitazione, in particolar modo la creatività dell'attore, fondamentale per la libera espressione dall'artista, che si discosta così da una rappresentazione religiosa del testo, unendo il suo punto di vista a quello dell'autore. In conclusione al primo capitolo la citazione di alcune delle opere da lui portate in scena, in particolar modo quelle Shakespeariane. Un secondo capitolo è stato poi dedicato all'opera dell'Amleto, uno dei testi più discussi e rappresentati: dopo essersi soffermati sull'importanza di questo testo dal punto di vista teatrale, un opera ricca di vuoti, che permettono all'attore una grande libertà creativa, si è voluto sottolineare il significato profondo che Giorgio Albertazzi rileva in quest'opera e nel personaggio stesso di Amleto: un racconto sempre attuale questo, che può adattarsi ad ogni tempo e ad ogni luogo, poiché ci mostra le problematiche della società dell'epoca, problematiche che sono però anche quello del nostro tempo, così come Le tribolazioni e i dubbi che affiggono Amleto, non sono altro che gli stessi dubbi e le stesse tribolazioni che da sempre affliggono l'umanità intera. Si è voluto infine mettere a confronto le due rappresentazioni dell'opera portare in scena da Giorgio Albertazzi, due edizioni a brevissima distanza l'una dall'altra ma profondamente differenti: una prima edizione diretta dallo scozzese Frank Hauser, in cui lo scontro tra un tradizionalista, legato alla più religiosa tradizione elisabettiana, e un innovatore, proiettato invece,verso sperimentazione e libertà creativa, era inevitabile, causando quindi non poche difficoltà; e una seconda edizione, diretta dal toscano Franco Zeffirelli, in cui il felice incontro tra due mentalità aperte ed innovatrici, ha condotto ad un enorme successo di pubblico e di critica, a livello nazionale come anche internazionale. In conclusione dell'elaborato sono stati inseriti alcune scannerizzazioni dei ritagli di stampa reperibili al Centro Studi del Teatro Stabile.File | Dimensione | Formato | |
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