The problem of textual interpretation has had the opportunity to develop a rich and lively debate over the course of the last century. Following in the footsteps of this theoretical tradition and exploiting the tools already acquired, the aim of this work is to put forward a proposal for a model for the calculation of meanings, in particular those not explicit in the sign denotation, which undoubtedly they arise, as is common everyday experience, both from the fruition of verbal enunciation and from the consumption of textual enunciation. In this, conversational theory seems to be able to play a role of much greater importance than that originally assigned to it by Grice in the context of verbal transactions, by virtue of an explanatory potential capable of finding its own ability to interpret semiotic reality well beyond the boundaries within which it was drawn. Recognizing the possibility of attributing to a film a primarily textual, then conversational status (a passage which perhaps presents the greatest theoretical difficulties for our conclusions), allows us to open up the analysis of the audiovisual text to the use of critical instrumentation first exclusively dedicated to the word. The movement, which from the exploitation of conversational maxims leads to the inference of implicatures, represents a possible solution to the pragmatic question represented by those propositions whose content, although not explicitly stated, seems to be intuitively suggested and grasped. Thus, as we will see, the inferential scheme represented by Grice's theory allows, even in the film and without major modifications, to account for the meaning of propositions certainly not attributable to a sometimes evoked "magic" of cinematographic language, but to the relationship (or to its manifest lack) that the enunciation of images and sounds weaves between the signs that compose it, but also, going up a level, between signs of different enunciations. At the same time it will be evident, always by means of a work of exemplification and application of the theory to the filmic, how the very concept of implicature seems to be superimposable, in the semiotic mechanism and result, with that interpretative effort which is required of the user of the so-called “open work”: it would therefore be possible to bring under the scope of discussion of the implicature all that universe of “hidden” or “unspoken” meanings, towards which the Gricean model represents a convincing calculation scheme. The collateral question, which sees in the implicature, in the exploitation of the maxims, and in particular in that of the Relation, that mechanism of semiosis responsible for the birth and development of an apparently filmic syntax (but that can perhaps be placed at a level of higher textual realization and articulation for its nature), will also be mentioned: we are talking about a grammar of narration, which continues to coexist with the rhetorical or implicative expedients from which it originated.
Il problema dell'interpretazione testuale ha avuto modo di sviluppare, nel corso del secolo scorso, un ricco e vivace dibattito. Inserendosi nel solco di questa tradizione teorica e sfruttandone gli strumenti già acquisiti, l’obiettivo che questo lavoro si prefigge è di avanzare una proposta di modello per il calcolo dei significati, in particolare di quelli non espliciti nella denotazione segnica, i quali senz’altro sorgono, come è esperienza comune di ogni giorno, sia dalla fruizione dell’enunciazione verbale, sia dal consumo dell’enunciazione testuale. In questo, la teoria conversazionale sembra poter ricoprire un ruolo dall’importanza ben maggiore rispetto a quello assegnatole originariamente da Grice nell’ambito delle transazioni verbali, in virtù di un potenziale esplicativo capace di estendere la propria capacità di interpretazione della realtà semiotica ben oltre i confini entro i quali era stata disegnata. Riconoscere la possibilità di attribuire a un film uno statuto in primo luogo testuale, quindi conversazionale (passaggio che presenta forse le più grandi difficoltà teoriche per le nostre conclusioni), permette di aprire l’analisi del testo audiovisivo all’uso di una strumentazione critica prima esclusivamente dedicata alla parola. Il movimento, che dallo sfruttamento delle massime conversazionali conduce all’inferenza delle implicature, rappresenta una possibile soluzione alla questione pragmatica rappresentata da quelle proposizioni il cui contenuto, pur non essendo enunciato esplicitamente, sembra essere intuitivamente suggerito e afferrato. Così, come vedremo, lo schema inferenziale rappresentato dalla teoria griceana consente, anche nel film e senza grandi modifiche, di rendere conto del significato di proposizioni non certo attribuibili a una a volte evocata “magia” del linguaggio cinematografico, bensì al rapporto (o alla sua manifesta mancanza) che l’enunciazione di immagini e suoni intesse tra i segni che la compongono, ma anche, salendo di livello, tra segni di differenti enunciati. Allo stesso tempo sarà evidente, sempre per mezzo di un lavoro di esemplificazione e applicazione della teoria al filmico, come il concetto stesso di implicatura sembri essenzialmente essere sovrapponibile, nel meccanismo e risultato semiotico, a quello sforzo interpretativo che è richiesto al fruitore della cosiddetta “opera aperta”: sarebbe quindi possibile ricondurre sotto l’ambito di discussione dell’implicatura tutto quell’universo di significati “nascosti” o “non detti”, verso i quali il modello griceano rappresenta uno schema di calcolo convincente. Verrà inoltre accennata la questione collaterale che vede nell’implicatura, nello sfruttamento delle massime, e in particolare in quella della Relazione, quel meccanismo di semiosi responsabile della nascita e dello sviluppo di una sintassi apparentemente filmica, ma nella natura collocabile forse a un livello di realizzazione e articolazione testuale superiore: parliamo di una grammatica della narrazione, che continua comunque a coesistere agli espedienti retorici, ovvero implicativi, dai quali ha tratto origine.
La Conversazione Audiovisiva: la Teoria Conversazionale come Quadro di Interpretazione dell'Enunciazione Filmica
CROVETTO, TOMMASO
2021/2022
Abstract
Il problema dell'interpretazione testuale ha avuto modo di sviluppare, nel corso del secolo scorso, un ricco e vivace dibattito. Inserendosi nel solco di questa tradizione teorica e sfruttandone gli strumenti già acquisiti, l’obiettivo che questo lavoro si prefigge è di avanzare una proposta di modello per il calcolo dei significati, in particolare di quelli non espliciti nella denotazione segnica, i quali senz’altro sorgono, come è esperienza comune di ogni giorno, sia dalla fruizione dell’enunciazione verbale, sia dal consumo dell’enunciazione testuale. In questo, la teoria conversazionale sembra poter ricoprire un ruolo dall’importanza ben maggiore rispetto a quello assegnatole originariamente da Grice nell’ambito delle transazioni verbali, in virtù di un potenziale esplicativo capace di estendere la propria capacità di interpretazione della realtà semiotica ben oltre i confini entro i quali era stata disegnata. Riconoscere la possibilità di attribuire a un film uno statuto in primo luogo testuale, quindi conversazionale (passaggio che presenta forse le più grandi difficoltà teoriche per le nostre conclusioni), permette di aprire l’analisi del testo audiovisivo all’uso di una strumentazione critica prima esclusivamente dedicata alla parola. Il movimento, che dallo sfruttamento delle massime conversazionali conduce all’inferenza delle implicature, rappresenta una possibile soluzione alla questione pragmatica rappresentata da quelle proposizioni il cui contenuto, pur non essendo enunciato esplicitamente, sembra essere intuitivamente suggerito e afferrato. Così, come vedremo, lo schema inferenziale rappresentato dalla teoria griceana consente, anche nel film e senza grandi modifiche, di rendere conto del significato di proposizioni non certo attribuibili a una a volte evocata “magia” del linguaggio cinematografico, bensì al rapporto (o alla sua manifesta mancanza) che l’enunciazione di immagini e suoni intesse tra i segni che la compongono, ma anche, salendo di livello, tra segni di differenti enunciati. Allo stesso tempo sarà evidente, sempre per mezzo di un lavoro di esemplificazione e applicazione della teoria al filmico, come il concetto stesso di implicatura sembri essenzialmente essere sovrapponibile, nel meccanismo e risultato semiotico, a quello sforzo interpretativo che è richiesto al fruitore della cosiddetta “opera aperta”: sarebbe quindi possibile ricondurre sotto l’ambito di discussione dell’implicatura tutto quell’universo di significati “nascosti” o “non detti”, verso i quali il modello griceano rappresenta uno schema di calcolo convincente. Verrà inoltre accennata la questione collaterale che vede nell’implicatura, nello sfruttamento delle massime, e in particolare in quella della Relazione, quel meccanismo di semiosi responsabile della nascita e dello sviluppo di una sintassi apparentemente filmica, ma nella natura collocabile forse a un livello di realizzazione e articolazione testuale superiore: parliamo di una grammatica della narrazione, che continua comunque a coesistere agli espedienti retorici, ovvero implicativi, dai quali ha tratto origine.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/139659