Inositol hexaphosphate, more commonly known as phytic acid, is a molecule found in most foods of plant origin. It represents the main source of phosphorus storage. This molecule is composed of an inositol ring to which 6 phosphate groups are attached. This particular conformation gives it the ability to be able to chelate different minerals and nutrients. In fact, this property makes phytic acid an antinutrient, that is, a natural compound that can interfere with or limit the absorption and bioavailability of certain molecules. Monogastric animals, thus including humans, are unable to be able to degrade phytic acid due to the lack of the enzyme phytase. Therefore, chelation of minerals and nutrients results in their non-assimilation within the system. Phytase is an acid phosphohydrolase that can dephosphorylate the phosphate groups on the inositol ring releasing inorganic phosphate. It can be produced by microorganisms or naturally by plants, but the acidic pH is the greater stability to heat treatment have made microbial phytases of main interest for industrial use. Reducing the level of inositol hexaphosphate can be done by performing different methods such as milling, soaking, fermentation, germination, or in recent years transgenic approaches involving silencing of certain genes are being developed. More recent studies have also confirmed positive characteristics of phytic acid including its anticarcinogenic or antioxidant effect. The latter effect is possible due to the ability of this molecule to inhibit the propagation of free radicals through iron chelation. Other studies have confirmed the antimicrobial ability of phytic acid. In particular, the use of this molecule would allow the inhibition of Escherichia coli O7:H157 and Clostridium perfringers within foods. The inhibitory effect was amplified by the addition of low doses of NaCl, achieving results quite similar to industrial antimicrobials still used today such as sodium sorbate or nitrite, despite being a molecule of natural origin.

L’inositolo esafosfato, più comunemente noto come acido fitico, è una molecola presente nella maggior parte degli alimenti di origine vegetale. Esso rappresenta la principale fonte di immagazzinamento del fosforo. Questa molecola è composta da un anello di inositolo a cui sono legati 6 gruppi fosfato. Questa particolare conformazione dona la capacità di poter chelare differenti minerali e nutrienti. Di fatto, questa proprietà, rende l’acido fitico un antinutriente ovvero un composto naturale in grado di interferire o limitare l’assorbimento e la biodisponibilità di alcune molecole. Gli animali monogastrici, quindi anche gli uomini, non sono in grado di poter degradare l’acido fitico a causa della mancanza dell’enzima fitasi. Quindi la chelazione di minerali e nutrienti ne determina una mancata assimilazione all’interno del sistema. La fitasi è una fosfoidrolasi acida in grado di desfosforilare i gruppi fosfato presenti sull’anello di inositolo rilasciando fosfato inorganico. Può essere prodotta da microorganismi oppure naturalmente da vegetali, ma il pH acido è la maggiore stabilità al trattamento termico hanno fatto in modo che le fitasi microbiche siano di principale interesse per un utilizzo industriale. La riduzione del livello dell’inositolo esafosfato può essere effettuata eseguendo differenti metodi come la molitura, l’ammollo, la fermentazione, la germinazione oppure negli ultimi anni si stanno sviluppando degli approcci transgenici che prevedono il silenziamento di alcuni geni. Studi più recenti hanno confermato anche delle caratteristiche positive dell’acido fitico tra cui l’effetto anticancerogeno oppure antiossidante. Quest’ultimo effetto è possibile grazie alla capacità di questa molecola di inibire la propagazione dei radicali liberi tramite la chelazione del ferro. Altri studi hanno confermato la capacità antimicrobica dell’acido fitico. In particolare l’utilizzo di questa molecola permetterebbe l’inibizione di Escherichia coli O7:H157 e Clostridium perfringers all’interno degli alimenti. L’effetto inibitorio è stato amplificato con l’aggiunta di basse dosi di NaCl, raggiungendo dei risultati del tutto simili agli antimicrobici industriali utilizzati tutt’ora come sorbato di sodio oppure nitriti, pur essendo una molecola di origine naturale.

biosintesi e proprietà dell'inositolo esafosfato

MANDRILE, LIVIO
2021/2022

Abstract

L’inositolo esafosfato, più comunemente noto come acido fitico, è una molecola presente nella maggior parte degli alimenti di origine vegetale. Esso rappresenta la principale fonte di immagazzinamento del fosforo. Questa molecola è composta da un anello di inositolo a cui sono legati 6 gruppi fosfato. Questa particolare conformazione dona la capacità di poter chelare differenti minerali e nutrienti. Di fatto, questa proprietà, rende l’acido fitico un antinutriente ovvero un composto naturale in grado di interferire o limitare l’assorbimento e la biodisponibilità di alcune molecole. Gli animali monogastrici, quindi anche gli uomini, non sono in grado di poter degradare l’acido fitico a causa della mancanza dell’enzima fitasi. Quindi la chelazione di minerali e nutrienti ne determina una mancata assimilazione all’interno del sistema. La fitasi è una fosfoidrolasi acida in grado di desfosforilare i gruppi fosfato presenti sull’anello di inositolo rilasciando fosfato inorganico. Può essere prodotta da microorganismi oppure naturalmente da vegetali, ma il pH acido è la maggiore stabilità al trattamento termico hanno fatto in modo che le fitasi microbiche siano di principale interesse per un utilizzo industriale. La riduzione del livello dell’inositolo esafosfato può essere effettuata eseguendo differenti metodi come la molitura, l’ammollo, la fermentazione, la germinazione oppure negli ultimi anni si stanno sviluppando degli approcci transgenici che prevedono il silenziamento di alcuni geni. Studi più recenti hanno confermato anche delle caratteristiche positive dell’acido fitico tra cui l’effetto anticancerogeno oppure antiossidante. Quest’ultimo effetto è possibile grazie alla capacità di questa molecola di inibire la propagazione dei radicali liberi tramite la chelazione del ferro. Altri studi hanno confermato la capacità antimicrobica dell’acido fitico. In particolare l’utilizzo di questa molecola permetterebbe l’inibizione di Escherichia coli O7:H157 e Clostridium perfringers all’interno degli alimenti. L’effetto inibitorio è stato amplificato con l’aggiunta di basse dosi di NaCl, raggiungendo dei risultati del tutto simili agli antimicrobici industriali utilizzati tutt’ora come sorbato di sodio oppure nitriti, pur essendo una molecola di origine naturale.
ITA
Inositol hexaphosphate, more commonly known as phytic acid, is a molecule found in most foods of plant origin. It represents the main source of phosphorus storage. This molecule is composed of an inositol ring to which 6 phosphate groups are attached. This particular conformation gives it the ability to be able to chelate different minerals and nutrients. In fact, this property makes phytic acid an antinutrient, that is, a natural compound that can interfere with or limit the absorption and bioavailability of certain molecules. Monogastric animals, thus including humans, are unable to be able to degrade phytic acid due to the lack of the enzyme phytase. Therefore, chelation of minerals and nutrients results in their non-assimilation within the system. Phytase is an acid phosphohydrolase that can dephosphorylate the phosphate groups on the inositol ring releasing inorganic phosphate. It can be produced by microorganisms or naturally by plants, but the acidic pH is the greater stability to heat treatment have made microbial phytases of main interest for industrial use. Reducing the level of inositol hexaphosphate can be done by performing different methods such as milling, soaking, fermentation, germination, or in recent years transgenic approaches involving silencing of certain genes are being developed. More recent studies have also confirmed positive characteristics of phytic acid including its anticarcinogenic or antioxidant effect. The latter effect is possible due to the ability of this molecule to inhibit the propagation of free radicals through iron chelation. Other studies have confirmed the antimicrobial ability of phytic acid. In particular, the use of this molecule would allow the inhibition of Escherichia coli O7:H157 and Clostridium perfringers within foods. The inhibitory effect was amplified by the addition of low doses of NaCl, achieving results quite similar to industrial antimicrobials still used today such as sodium sorbate or nitrite, despite being a molecule of natural origin.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/139516