Il caporalato ha origini lontanissime, che risalgono dell’Ottocento, quando i contadini erano alla mercè degli uomini di fiducia dei proprietari terrieri che ne facevano una loro “proprietà”: lavoratori senza diritti, di qualsiasi età e sesso. Si tratta di un fenomeno sociale di grande pericolo in quanto pone i lavoratori in gravi condizioni di sfruttamento, non solo dal punto di vista lavorativo ma anche per quanto concerne le condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro e le degradanti e insalubri condizioni dei luoghi abitativi. Una caratteristica molto importante del caporalato è l’essere in grado di plasmarsi e adattarsi alle condizioni e alle necessità del luogo in cui si sviluppa. Il caporalato, a differenza di quanto comunemente si pensi, mette in atto forme di sfruttamento, non solo nelle cosiddette piantagioni di pomodori al sud, ma anche nelle coltivazioni di altri prodotti lungo tutta la penisola italiana e in tutto il loro processo produttivo. Dal punto di vista legislativo - sanzionatorio fino al 2011 questo tipo di sfruttamento dei lavoratori veniva punito dalla l. n. 1369/1960 che disciplinava il reato della semplice intermediazione. Nel 2011 si sentì l’esigenza di introdurre una nuova normativa, più specifica, in grado di punire con dettagliate sanzioni l’intermediazione illecita di manodopera. Infatti, la l. n. 138/2011 introdusse nel Codice penale l’art.603 bis volto a punire questo specifico reato. Questa versione dell’art. 603 bis aveva però una grande lacuna, veniva punito solo il caporale ossia colui il quale si occupava concretamente dell’intermediazione di questi lavoratori; rimaneva esclusa invece la sanzione di un altro soggetto che ha anch’esso un grande ruolo, seppur in un certo senso nascosto, all’interno del fenomeno di intermediazione. Per colmare questa lacuna proprio nel 2016, con la l. n. 199/2016, si riformò l’art. 603 bis che oggi contiene una corretta sanzione di entrambi i soggetti che operano all’interno del fenomeno dell’intermediazione illecita di manodopera. La riforma del 2016 non stravolge quindi, quello che era previsto nella versione dell’art. 603 bis che viene introdotto nel 2011, ma, in un certo senso, va a completare degli elementi mancanti della precedente legge. Di fatto la norma del 2016 con qualche aggiustamento che può essere definito stilistico, inasprisce le sanzioni e le punizioni nei confronti sia del caporale che del datore di lavoro per le condotte di sfruttamento messe in atto. Dunque, un cambiamento che apparentemente sembra solo formale si rivela di grande impatto a livello sanzionatorio.

Il caporalato: un reato difficile da perseguire

GINO, LUCA
2020/2021

Abstract

Il caporalato ha origini lontanissime, che risalgono dell’Ottocento, quando i contadini erano alla mercè degli uomini di fiducia dei proprietari terrieri che ne facevano una loro “proprietà”: lavoratori senza diritti, di qualsiasi età e sesso. Si tratta di un fenomeno sociale di grande pericolo in quanto pone i lavoratori in gravi condizioni di sfruttamento, non solo dal punto di vista lavorativo ma anche per quanto concerne le condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro e le degradanti e insalubri condizioni dei luoghi abitativi. Una caratteristica molto importante del caporalato è l’essere in grado di plasmarsi e adattarsi alle condizioni e alle necessità del luogo in cui si sviluppa. Il caporalato, a differenza di quanto comunemente si pensi, mette in atto forme di sfruttamento, non solo nelle cosiddette piantagioni di pomodori al sud, ma anche nelle coltivazioni di altri prodotti lungo tutta la penisola italiana e in tutto il loro processo produttivo. Dal punto di vista legislativo - sanzionatorio fino al 2011 questo tipo di sfruttamento dei lavoratori veniva punito dalla l. n. 1369/1960 che disciplinava il reato della semplice intermediazione. Nel 2011 si sentì l’esigenza di introdurre una nuova normativa, più specifica, in grado di punire con dettagliate sanzioni l’intermediazione illecita di manodopera. Infatti, la l. n. 138/2011 introdusse nel Codice penale l’art.603 bis volto a punire questo specifico reato. Questa versione dell’art. 603 bis aveva però una grande lacuna, veniva punito solo il caporale ossia colui il quale si occupava concretamente dell’intermediazione di questi lavoratori; rimaneva esclusa invece la sanzione di un altro soggetto che ha anch’esso un grande ruolo, seppur in un certo senso nascosto, all’interno del fenomeno di intermediazione. Per colmare questa lacuna proprio nel 2016, con la l. n. 199/2016, si riformò l’art. 603 bis che oggi contiene una corretta sanzione di entrambi i soggetti che operano all’interno del fenomeno dell’intermediazione illecita di manodopera. La riforma del 2016 non stravolge quindi, quello che era previsto nella versione dell’art. 603 bis che viene introdotto nel 2011, ma, in un certo senso, va a completare degli elementi mancanti della precedente legge. Di fatto la norma del 2016 con qualche aggiustamento che può essere definito stilistico, inasprisce le sanzioni e le punizioni nei confronti sia del caporale che del datore di lavoro per le condotte di sfruttamento messe in atto. Dunque, un cambiamento che apparentemente sembra solo formale si rivela di grande impatto a livello sanzionatorio.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/139224