Secondo l’International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD), la vulvodinia si definisce come un dolore vulvare della durata di almeno tre mesi senza una causa chiara e identificabile, e con un numero di potenziali fattori associati, tra cui fattori muscoloscheletrici e neurologici, sindromi dolorose (come la fibromialgia e la sindrome dell’intestino irritabile), e fattori psicosociali. Si tratta di un disturbo doloroso idiopatico, che causa dolore grave, debilitante e devastante per le pazienti che ne soffrono. Il dolore nell'area urogenitale ha un effetto importante sulla qualità della vita quotidiana, sulle relazioni, sulla vita sessuale, e sul benessere psicologico delle donne. La diagnosi avviene per esclusione di altre potenziali cause di dolore vulvare. Studi epidemiologici condotti negli Stati Uniti e in Svezia hanno indicato che il disturbo può interessare tra il 9-12% delle donne nella popolazione generale e fino al 15% delle donne viste in ambulatorio privato ginecologico. Tuttavia, è probabile che molti pazienti rimangano spesso non diagnosticati per mancanza di conoscenza del disturbo tra medici. Una volta si credeva che la vulvodinia colpisse solo le giovani donne nullipare bianche, ma ora è noto che colpisce le donne con e senza figli e di tutti i gruppi etnici. L'eziologia della vulvodinia è stata al centro di un'ampia gamma di studi recenti che esplorano potenziali fattori ambientali, psicologici e biologici, dall'uso della lacca per capelli alle variazioni vaginali del microbioma. Più recentemente, è emerso uno spiccato interesse per una possibile relazione tra infezioni vulvovaginali da candida e vulvodinia. Un'ipotesi attuale per l'eziologia della vulvodinia include dunque infezioni da candida che possono avviare risposta infiammatoria locale e successivamente un dolore vulvare. Inoltre, nonostante la pandemia da CoviD-19 abbia rallentato numerose ricerche in ambito scientifico, nell’ultimo anno sono notevolmente aumentate le pubblicazioni di articoli scientifici riguardanti la vulvodinia. Alcuni studi recenti hanno evidenziato che l’itraconazolo porta ad una riduzione o in alcuni casi addirittura l’eliminazione del dolore vulvare, ma non conoscendo il preciso meccanismo di azione di questa molecola, è difficile azzardare ipotesi sulla presunta causa. L’unica risposta certa che possiamo dare a seguito di questa raccolta bibliografica è che vi è una risposta infiammatoria accompagnata da un meccanismo neurologico periferico che porta alla neuroproliferazione, il cui meccanismo di innesco non è ancora ben noto. Possiamo dunque affermare che esistono diversi trattamenti efficaci per alleviare il dolore da vulvodinia, ma che una diagnosi precoce e uno studio dei meccanismi molecolari alla base di questa patologia sia di vitale importanza non solo per la diagnosi, ma anche per la cura.
Vulvodinia: disagio vulvare cronico in assenza di patologie visibili o di disfunzioni neurologiche specifiche clinicamente identificabili.
PIZZILLI, FRANCESCO
2021/2022
Abstract
Secondo l’International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD), la vulvodinia si definisce come un dolore vulvare della durata di almeno tre mesi senza una causa chiara e identificabile, e con un numero di potenziali fattori associati, tra cui fattori muscoloscheletrici e neurologici, sindromi dolorose (come la fibromialgia e la sindrome dell’intestino irritabile), e fattori psicosociali. Si tratta di un disturbo doloroso idiopatico, che causa dolore grave, debilitante e devastante per le pazienti che ne soffrono. Il dolore nell'area urogenitale ha un effetto importante sulla qualità della vita quotidiana, sulle relazioni, sulla vita sessuale, e sul benessere psicologico delle donne. La diagnosi avviene per esclusione di altre potenziali cause di dolore vulvare. Studi epidemiologici condotti negli Stati Uniti e in Svezia hanno indicato che il disturbo può interessare tra il 9-12% delle donne nella popolazione generale e fino al 15% delle donne viste in ambulatorio privato ginecologico. Tuttavia, è probabile che molti pazienti rimangano spesso non diagnosticati per mancanza di conoscenza del disturbo tra medici. Una volta si credeva che la vulvodinia colpisse solo le giovani donne nullipare bianche, ma ora è noto che colpisce le donne con e senza figli e di tutti i gruppi etnici. L'eziologia della vulvodinia è stata al centro di un'ampia gamma di studi recenti che esplorano potenziali fattori ambientali, psicologici e biologici, dall'uso della lacca per capelli alle variazioni vaginali del microbioma. Più recentemente, è emerso uno spiccato interesse per una possibile relazione tra infezioni vulvovaginali da candida e vulvodinia. Un'ipotesi attuale per l'eziologia della vulvodinia include dunque infezioni da candida che possono avviare risposta infiammatoria locale e successivamente un dolore vulvare. Inoltre, nonostante la pandemia da CoviD-19 abbia rallentato numerose ricerche in ambito scientifico, nell’ultimo anno sono notevolmente aumentate le pubblicazioni di articoli scientifici riguardanti la vulvodinia. Alcuni studi recenti hanno evidenziato che l’itraconazolo porta ad una riduzione o in alcuni casi addirittura l’eliminazione del dolore vulvare, ma non conoscendo il preciso meccanismo di azione di questa molecola, è difficile azzardare ipotesi sulla presunta causa. L’unica risposta certa che possiamo dare a seguito di questa raccolta bibliografica è che vi è una risposta infiammatoria accompagnata da un meccanismo neurologico periferico che porta alla neuroproliferazione, il cui meccanismo di innesco non è ancora ben noto. Possiamo dunque affermare che esistono diversi trattamenti efficaci per alleviare il dolore da vulvodinia, ma che una diagnosi precoce e uno studio dei meccanismi molecolari alla base di questa patologia sia di vitale importanza non solo per la diagnosi, ma anche per la cura.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/139096