La presente tesi si concentra sul potere di controllo a distanza del datore di lavoro. Nel rapporto di lavoro subordinato il datore di lavoro assume una posizione di preminenza rispetto al lavoratore e per tale ragione, tradizionalmente, sono ad egli attribuiti tre poteri: il potere direttivo, disciplinare e di controllo. Il potere di controllo, in particolare, permette al datore di lavoro di verificare che le mansioni affidate ai lavoratori vengano eseguite in modo corretto, avvalendosi sia di persone che di impianti tecnologici, i quali permettono di svolgere un controllo a distanza, sia spaziale che temporale. Il controllo dell’attività lavorativa è, tuttavia, soggetta a precisi vincoli, volti ad evitare controlli occulti ed invasivi che possono ledere la riservatezza e la dignità dei lavoratori. L'attuale disciplina concernente i controlli a distanza è contenuta nell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, il quale è stato notevolmente riformulato dal Jobs Act. L'importante evoluzione tecnologica ha, infatti, mutato la tradizionale organizzazione del lavoro introducendo nuovi dispositivi tecnologici non contemplati dal legislatore del 1970, i quali hanno fatto venire a meno le tutele accordate ai lavoratori. La riforma del 2015 ha apportato delle significative modifiche all’originario testo dirette a contemperare gli interessi contrapposti del lavoratore e del datore di lavoro. La riforma ha, innanzitutto, introdotto un’ulteriore finalità per cui è possibile procedere all’installazione di strumenti di controllo, previa autorizzazione sindacale o amministrativa, ovvero quella della “tutela del patrimonio”. Successivamente ha introdotto la categoria degli “strumenti di controllo”, ossia strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa, i quali, in un'ottica di semplificazione, non necessitano dell’accordo sindacale o dell’autorizzazione amministrativa. Altra significativa novità è contenuta nel terzo comma dell’art. 4 Stat. lav. che contiene la disciplina riguardante la raccolta e l’uso legittimo delle informazioni e che pone in capo al datore l’obbligo di dare ai lavoratori un’adeguata informazione e di rispettare i principi enunciati nel Codice della privacy. Infine l’elaborato esamina una recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 3255/21, in ambito dei cosiddetti “controlli difensivi”, con la quale si afferma la legittimità dei controlli effettuati anche senza l’accordo sindacale o l’autorizzazione amministrativa, nel caso in cui siano strettamente funzionali alla tutela del patrimonio aziendale e non permettano di sorvegliare in modo occulto e continuato l’attività dei dipendenti.

Il controllo a distanza dei lavoratori

PEJIC, IVANA
2020/2021

Abstract

La presente tesi si concentra sul potere di controllo a distanza del datore di lavoro. Nel rapporto di lavoro subordinato il datore di lavoro assume una posizione di preminenza rispetto al lavoratore e per tale ragione, tradizionalmente, sono ad egli attribuiti tre poteri: il potere direttivo, disciplinare e di controllo. Il potere di controllo, in particolare, permette al datore di lavoro di verificare che le mansioni affidate ai lavoratori vengano eseguite in modo corretto, avvalendosi sia di persone che di impianti tecnologici, i quali permettono di svolgere un controllo a distanza, sia spaziale che temporale. Il controllo dell’attività lavorativa è, tuttavia, soggetta a precisi vincoli, volti ad evitare controlli occulti ed invasivi che possono ledere la riservatezza e la dignità dei lavoratori. L'attuale disciplina concernente i controlli a distanza è contenuta nell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, il quale è stato notevolmente riformulato dal Jobs Act. L'importante evoluzione tecnologica ha, infatti, mutato la tradizionale organizzazione del lavoro introducendo nuovi dispositivi tecnologici non contemplati dal legislatore del 1970, i quali hanno fatto venire a meno le tutele accordate ai lavoratori. La riforma del 2015 ha apportato delle significative modifiche all’originario testo dirette a contemperare gli interessi contrapposti del lavoratore e del datore di lavoro. La riforma ha, innanzitutto, introdotto un’ulteriore finalità per cui è possibile procedere all’installazione di strumenti di controllo, previa autorizzazione sindacale o amministrativa, ovvero quella della “tutela del patrimonio”. Successivamente ha introdotto la categoria degli “strumenti di controllo”, ossia strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa, i quali, in un'ottica di semplificazione, non necessitano dell’accordo sindacale o dell’autorizzazione amministrativa. Altra significativa novità è contenuta nel terzo comma dell’art. 4 Stat. lav. che contiene la disciplina riguardante la raccolta e l’uso legittimo delle informazioni e che pone in capo al datore l’obbligo di dare ai lavoratori un’adeguata informazione e di rispettare i principi enunciati nel Codice della privacy. Infine l’elaborato esamina una recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 3255/21, in ambito dei cosiddetti “controlli difensivi”, con la quale si afferma la legittimità dei controlli effettuati anche senza l’accordo sindacale o l’autorizzazione amministrativa, nel caso in cui siano strettamente funzionali alla tutela del patrimonio aziendale e non permettano di sorvegliare in modo occulto e continuato l’attività dei dipendenti.
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