La Nuova Via della Seta, anche conosciuta come Belt and Road Initiative, è un progetto infrastrutturale avviato fin dal 2013 dall'attuale Presidente Xi Jinping. Il suo scopo è quello di assicurare uno sviluppo economico tale da appianare le differenze venutesi a creare a partire dagli anni '80, periodo in cui l'economia cinese si aprì alle relazioni con partner commerciali internazionali, risultando in una crescita senza precedenti per il colosso cinese ed in particolare per i poli industriali situati nella zona orientale del Paese. Rappresenta inoltre il tentativo di esportare nelle vicine regioni dell'Asia centrale e sud-orientale di un proprio modello di sviluppo, in grado di migliorare la connettività e l'economia di tali nazioni, favorendo secondo la visione ideologica cinese la stabilità di queste aree, da anni alle prese con problemi di sicurezza interna, che minacciano di vanificare gli sforzi portati avanti dal governo cinese di stabilità interna a livello sociale, politico ed economico. Infatti, uno dei grandi problemi che Pechino si è trovata ad affrontare è rappresentato dallo Xinjiang, una regione situata nell'ovest del Paese, la cui popolazione, di etnia Uigur, rappresenta la maggioranza, benchè a livello nazionale si attesti a circa il 2% del valore totale. Dopo una serie di rivolte e di attacchi terroristici, il governo centrale ha dato avvio ad una politica di intolleranza e forte repressione nei confronti degli uiguri, la cui religione islamica viene vista come origine della radicalizzazione e della creazione di gruppi estremisti opposti allo stato cinese. I metodi utilizzati risultano fortemente autoritari, consistendo nella realizzazione di campi di trasformazione e rieducazione in cui gli individui, spesso con motivazioni sommarie ed insufficienti vengono rinchiusi, subendo trattamenti inumani. A tale situazione complessa sono da aggiungere le sfide rappresentate da Afghanistan e Pakistan, stati lungo le cui frontiere si sono rifugiati molti estremisti uiguri, unitisi ai talebani presenti in tali zone da decenni, causando non pochi problemi di sicurezza interna e di conseguenza impedendo la realizzazione delle infrastrutture legato alla Belt and Road Initiative, fondamentali per la stabilizzazione economica e politica. L'Afghanistan, data la sua posizione nevralgica, risulta ancor più fondamentale per il governo cinese, che negli ultimi anni ha favorito l'avvio delle trattative di pace tra governo centrale e talebani, andando così a prendere il posto di attore rilevante lasciato vacante dagli Stati Uniti, che hanno scelto una politica di ritiro da una zona caratterizzata da un'estrema complessità politica e sociale, risultata negli scorsi decenni difficile da gestire per il governo americano. Da queste sfide passa il futuro della nazione cinese guidata da Xi Jinping, con l'obiettivo di divenire un attore internazionale di rilevanza egemonica, ricalcando il ruolo ricoperto finora dagli Stati Uniti.

La Nuova Via della Seta: la "Marcia ad Ovest" e le sue sfide

ROSSO, ANDREA
2021/2022

Abstract

La Nuova Via della Seta, anche conosciuta come Belt and Road Initiative, è un progetto infrastrutturale avviato fin dal 2013 dall'attuale Presidente Xi Jinping. Il suo scopo è quello di assicurare uno sviluppo economico tale da appianare le differenze venutesi a creare a partire dagli anni '80, periodo in cui l'economia cinese si aprì alle relazioni con partner commerciali internazionali, risultando in una crescita senza precedenti per il colosso cinese ed in particolare per i poli industriali situati nella zona orientale del Paese. Rappresenta inoltre il tentativo di esportare nelle vicine regioni dell'Asia centrale e sud-orientale di un proprio modello di sviluppo, in grado di migliorare la connettività e l'economia di tali nazioni, favorendo secondo la visione ideologica cinese la stabilità di queste aree, da anni alle prese con problemi di sicurezza interna, che minacciano di vanificare gli sforzi portati avanti dal governo cinese di stabilità interna a livello sociale, politico ed economico. Infatti, uno dei grandi problemi che Pechino si è trovata ad affrontare è rappresentato dallo Xinjiang, una regione situata nell'ovest del Paese, la cui popolazione, di etnia Uigur, rappresenta la maggioranza, benchè a livello nazionale si attesti a circa il 2% del valore totale. Dopo una serie di rivolte e di attacchi terroristici, il governo centrale ha dato avvio ad una politica di intolleranza e forte repressione nei confronti degli uiguri, la cui religione islamica viene vista come origine della radicalizzazione e della creazione di gruppi estremisti opposti allo stato cinese. I metodi utilizzati risultano fortemente autoritari, consistendo nella realizzazione di campi di trasformazione e rieducazione in cui gli individui, spesso con motivazioni sommarie ed insufficienti vengono rinchiusi, subendo trattamenti inumani. A tale situazione complessa sono da aggiungere le sfide rappresentate da Afghanistan e Pakistan, stati lungo le cui frontiere si sono rifugiati molti estremisti uiguri, unitisi ai talebani presenti in tali zone da decenni, causando non pochi problemi di sicurezza interna e di conseguenza impedendo la realizzazione delle infrastrutture legato alla Belt and Road Initiative, fondamentali per la stabilizzazione economica e politica. L'Afghanistan, data la sua posizione nevralgica, risulta ancor più fondamentale per il governo cinese, che negli ultimi anni ha favorito l'avvio delle trattative di pace tra governo centrale e talebani, andando così a prendere il posto di attore rilevante lasciato vacante dagli Stati Uniti, che hanno scelto una politica di ritiro da una zona caratterizzata da un'estrema complessità politica e sociale, risultata negli scorsi decenni difficile da gestire per il governo americano. Da queste sfide passa il futuro della nazione cinese guidata da Xi Jinping, con l'obiettivo di divenire un attore internazionale di rilevanza egemonica, ricalcando il ruolo ricoperto finora dagli Stati Uniti.
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