Il lapis lazuli è una delle pietre semi-preziose con la storia più lunga: le prime tracce del suo utilizzo risalgono al 7000 a.C., in corrispondenza delle prime civiltà della valle dell'Indo. Fin dall'antichità ha avuto un'ampia diffusione soprattutto a partire dal III millenio a.C. con il sorgere dei grandi commerci e, nel corso dei secoli, il suo successo come pietra ornamentale non è mai venuto meno. Il materiale più pregiato proveniva dalle miniere di Sar-i-Sang in Afghanistan, ovvero il giacimento più conosciuto e per lungo tempo considerato l'unica fonte di lapis lazuli dell'antichità. Tale opinione nasce tuttavia da considerazioni di carattere prevalentemente archeologico e, nonostante sia l'ipotesi maggiormente accreditata, alcuni recenti studi scientifici hanno dimostrato come vi siano siti che possono essere considerati possibili alternative a quello afghano. Nel caso del lapis lazuli, la complessità di uno studio di provenienza non è sicuramente facilitata dalla variabilità composizionale della roccia, essendo questa costituita, oltre dalla lazurite, che è il minerale responsabile della particolare colorazione blu, da numerose altre fasi minerali accessorie. Un'ulteriore difficoltà è inoltre rappresentata dal fatto che anche all'interno dei singoli giacimenti si possono trovare differenti condizioni di formazione per la roccia. Tuttavia, essendoci al mondo pochi giacimenti di questa pietra così apprezzata, risulta molto importante riuscire a trovare un modo per differenziarli scientificamente tra loro. Il presente lavoro di tesi nasce quindi con l'intento di individuare dei parametri o delle caratteristiche che consentano di distinguere i diversi giacimenti e che permettano così di identificare, tramite l'utilizzo di tecniche non distruttive, la provenienza di reperti in lapis lazuli. Questo progetto parte dalla collaborazione tra l'Università degli Studi di Torino, l'Università degli Studi di Firenze e l'INFN-LABEC di Firenze, con l'intento di studiare e caratterizzare i campioni di roccia e alcuni oggetti della ¿Collezione Medicea¿ in lapis lazuli, conservati presso il Museo di Mineralogia e Litologia di Firenze. In particolare, tra i 15 campioni a disposizione, provenienti da quattro diverse zone di estrazione (Cile, Afghanistan, Pamir e Siberia), in questo lavoro è stato analizzato il diopside, la cui associazione con la lazurite è caratteristica dei giacimenti in Afghanistan, Pamir e Siberia, con l'obiettivo di individuare dei marker, all'interno di questa fase accessoria, che permettano di distinguere i giacimenti suddetti. Sui 9 campioni di studio è stata condotta un'analisi per mezzo di microscopia elettronica (SEM-EDS) e ionica (PIXE) e in parallelo un'analisi mediante catodoluminescenza (CL). La procedura seguita, analizzando con le tre diverse tecniche le stesse aree su ogni campione, ha permesso di ottenere risultati maggiormente confrontabili e allo stesso tempo integrabili tra loro. Le analisi svolte nel corso del presente lavoro di tesi, hanno pertanto contribuito ad ampliare la base di dati da cui partire per effettuare degli studi di provenienza su oggetti in lapis lazuli.
Analisi per mezzo di microscopia elettronica e ionica sul diopside per uno studio di provenienza di lapis lazuli.
ANGELICI, DEBORA
2008/2009
Abstract
Il lapis lazuli è una delle pietre semi-preziose con la storia più lunga: le prime tracce del suo utilizzo risalgono al 7000 a.C., in corrispondenza delle prime civiltà della valle dell'Indo. Fin dall'antichità ha avuto un'ampia diffusione soprattutto a partire dal III millenio a.C. con il sorgere dei grandi commerci e, nel corso dei secoli, il suo successo come pietra ornamentale non è mai venuto meno. Il materiale più pregiato proveniva dalle miniere di Sar-i-Sang in Afghanistan, ovvero il giacimento più conosciuto e per lungo tempo considerato l'unica fonte di lapis lazuli dell'antichità. Tale opinione nasce tuttavia da considerazioni di carattere prevalentemente archeologico e, nonostante sia l'ipotesi maggiormente accreditata, alcuni recenti studi scientifici hanno dimostrato come vi siano siti che possono essere considerati possibili alternative a quello afghano. Nel caso del lapis lazuli, la complessità di uno studio di provenienza non è sicuramente facilitata dalla variabilità composizionale della roccia, essendo questa costituita, oltre dalla lazurite, che è il minerale responsabile della particolare colorazione blu, da numerose altre fasi minerali accessorie. Un'ulteriore difficoltà è inoltre rappresentata dal fatto che anche all'interno dei singoli giacimenti si possono trovare differenti condizioni di formazione per la roccia. Tuttavia, essendoci al mondo pochi giacimenti di questa pietra così apprezzata, risulta molto importante riuscire a trovare un modo per differenziarli scientificamente tra loro. Il presente lavoro di tesi nasce quindi con l'intento di individuare dei parametri o delle caratteristiche che consentano di distinguere i diversi giacimenti e che permettano così di identificare, tramite l'utilizzo di tecniche non distruttive, la provenienza di reperti in lapis lazuli. Questo progetto parte dalla collaborazione tra l'Università degli Studi di Torino, l'Università degli Studi di Firenze e l'INFN-LABEC di Firenze, con l'intento di studiare e caratterizzare i campioni di roccia e alcuni oggetti della ¿Collezione Medicea¿ in lapis lazuli, conservati presso il Museo di Mineralogia e Litologia di Firenze. In particolare, tra i 15 campioni a disposizione, provenienti da quattro diverse zone di estrazione (Cile, Afghanistan, Pamir e Siberia), in questo lavoro è stato analizzato il diopside, la cui associazione con la lazurite è caratteristica dei giacimenti in Afghanistan, Pamir e Siberia, con l'obiettivo di individuare dei marker, all'interno di questa fase accessoria, che permettano di distinguere i giacimenti suddetti. Sui 9 campioni di studio è stata condotta un'analisi per mezzo di microscopia elettronica (SEM-EDS) e ionica (PIXE) e in parallelo un'analisi mediante catodoluminescenza (CL). La procedura seguita, analizzando con le tre diverse tecniche le stesse aree su ogni campione, ha permesso di ottenere risultati maggiormente confrontabili e allo stesso tempo integrabili tra loro. Le analisi svolte nel corso del presente lavoro di tesi, hanno pertanto contribuito ad ampliare la base di dati da cui partire per effettuare degli studi di provenienza su oggetti in lapis lazuli.File | Dimensione | Formato | |
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