L’essere umano è composto per il 90% da microrganismi quali batteri, virus, lieviti e protozoi, e solo per il 10% da cellule somatiche. Questi dati sottolineano l’importanza di riferirsi all’uomo in termini di “olobionte”, ovvero un sistema complesso costituito da due elementi: un animale ospite e il suo microbiota residente. La maggioranza dei trilioni dei microbi che albergano nel corpo umano svolge funzioni metaboliche, fisiologiche e regolatorie essenziali per la vita. Nell’uomo la popolazione microbica più variegata e abbondante risiede nell’intestino ed è costituita da più di 100 trilioni di cellule. La colonizzazione microbica dell’apparato digerente ha inizio durante il parto e impiega circa 1-2 anni per stabilizzarsi. Le modalità di parto e di allattamento contribuiscono a determinare la composizione del microbiota: il parto cesareo è stato associato a un elevato rischio che il neonato sviluppi disordini immunitari quali asma, allergie, intolleranze alimentari e disordini metabolici, ovvero diabete di tipo 2 e obesità. Inoltre, i neonati che vengono allattati artificialmente per tre mesi mostrano un’abbondanza di Lachnospiraceae e Bacteroidaceae, taxa correlati allo sviluppo dell’obesità nei bambini. La colonizzazione microbica è influenzata anche da altri fattori, come lo stile di vita, l’ambiente circostante, l’impiego di antibiotici e la dieta. Diversi studi mostrano come diete ad alto consumo di grassi, proteine animali, alimenti processati e zuccheri, come la dieta occidentale, siano associate a una riduzione di Bifidobacterium e all’infiammazione intestinale. Gli alimenti di origine animale sono una fonte di L-carnitina e colina, che vengono fermentate dai Clostridia e dalle Enterobacteriaceae, con conseguente produzione di TMA, che viene ossidata nel fegato in TMAO. Studi metabolomici hanno evidenziato che alte concentrazioni di TMAO sono positivamente correlate a patologie cardiovascolari e a tutte le maggiori cause di mortalità. Inoltre, altri studi dimostrano come il microbiota intestinale impatti significativamente sulle funzioni del sistema nervoso, partecipando a diversi processi tra cui quelli di sintesi dei neurotrasmettitori (GABA, norepinefrina, serotonina, dopamina e acetilcolina), influenzando così alcuni disturbi psicologici come la depressione. In generale, le malattie non trasmissibili (NCDs) sono la maggiore causa di morte in tutto il mondo, rappresentando il 71% delle morti riportate dall’OMS. L’asma, le malattie cardiache, l’obesità, il diabete, la sindrome metabolica, le malattie neurodegenerative, le malattie autoimmuni e il cancro sono tutte NCDs strettamente interconnesse all’infiammazione e alla disbiosi intestinale. Infatti, ripristinare gli squilibri microbici propri di una determinata patologia cronica, porta a miglioramenti e incrementa l’efficacia delle cure. Al contrario, se la disbiosi non viene ripristinata, è improbabile che i tentativi di riparare la biologia del corpo funzionino in modo permanente. Ripristinare la disbiosi del microbiota intestianle attraverso l’integrazione di probiotici e prebiotici è la chiave sia per la prevenzione delle NCDs sia per rendere maggiormente efficaci le cure in atto nei pazienti affetti da queste patologie. Anche la dieta rappresenta una strategia preventiva e terapeutica efficace e sicura per modulare la composizione e l’attività metabolica del microbiota intestinale.
L'importanza del microbiota per la salute e la vita umana
ROSSO, GIULIA
2020/2021
Abstract
L’essere umano è composto per il 90% da microrganismi quali batteri, virus, lieviti e protozoi, e solo per il 10% da cellule somatiche. Questi dati sottolineano l’importanza di riferirsi all’uomo in termini di “olobionte”, ovvero un sistema complesso costituito da due elementi: un animale ospite e il suo microbiota residente. La maggioranza dei trilioni dei microbi che albergano nel corpo umano svolge funzioni metaboliche, fisiologiche e regolatorie essenziali per la vita. Nell’uomo la popolazione microbica più variegata e abbondante risiede nell’intestino ed è costituita da più di 100 trilioni di cellule. La colonizzazione microbica dell’apparato digerente ha inizio durante il parto e impiega circa 1-2 anni per stabilizzarsi. Le modalità di parto e di allattamento contribuiscono a determinare la composizione del microbiota: il parto cesareo è stato associato a un elevato rischio che il neonato sviluppi disordini immunitari quali asma, allergie, intolleranze alimentari e disordini metabolici, ovvero diabete di tipo 2 e obesità. Inoltre, i neonati che vengono allattati artificialmente per tre mesi mostrano un’abbondanza di Lachnospiraceae e Bacteroidaceae, taxa correlati allo sviluppo dell’obesità nei bambini. La colonizzazione microbica è influenzata anche da altri fattori, come lo stile di vita, l’ambiente circostante, l’impiego di antibiotici e la dieta. Diversi studi mostrano come diete ad alto consumo di grassi, proteine animali, alimenti processati e zuccheri, come la dieta occidentale, siano associate a una riduzione di Bifidobacterium e all’infiammazione intestinale. Gli alimenti di origine animale sono una fonte di L-carnitina e colina, che vengono fermentate dai Clostridia e dalle Enterobacteriaceae, con conseguente produzione di TMA, che viene ossidata nel fegato in TMAO. Studi metabolomici hanno evidenziato che alte concentrazioni di TMAO sono positivamente correlate a patologie cardiovascolari e a tutte le maggiori cause di mortalità. Inoltre, altri studi dimostrano come il microbiota intestinale impatti significativamente sulle funzioni del sistema nervoso, partecipando a diversi processi tra cui quelli di sintesi dei neurotrasmettitori (GABA, norepinefrina, serotonina, dopamina e acetilcolina), influenzando così alcuni disturbi psicologici come la depressione. In generale, le malattie non trasmissibili (NCDs) sono la maggiore causa di morte in tutto il mondo, rappresentando il 71% delle morti riportate dall’OMS. L’asma, le malattie cardiache, l’obesità, il diabete, la sindrome metabolica, le malattie neurodegenerative, le malattie autoimmuni e il cancro sono tutte NCDs strettamente interconnesse all’infiammazione e alla disbiosi intestinale. Infatti, ripristinare gli squilibri microbici propri di una determinata patologia cronica, porta a miglioramenti e incrementa l’efficacia delle cure. Al contrario, se la disbiosi non viene ripristinata, è improbabile che i tentativi di riparare la biologia del corpo funzionino in modo permanente. Ripristinare la disbiosi del microbiota intestianle attraverso l’integrazione di probiotici e prebiotici è la chiave sia per la prevenzione delle NCDs sia per rendere maggiormente efficaci le cure in atto nei pazienti affetti da queste patologie. Anche la dieta rappresenta una strategia preventiva e terapeutica efficace e sicura per modulare la composizione e l’attività metabolica del microbiota intestinale.File | Dimensione | Formato | |
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