Il Morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dal deterioramento dei neuroni e delle funzioni cerebrali. Ciò è dovuto alla presenza di aggregati proteici, sia all’interno (proteina tau iperfosforilata) che all’esterno (peptide Aβ sotto forma di placche) delle cellule neurali. La necrosi cellulare che ne deriva è evidente a livello delle aree coinvolte nei processi di memorizzazione, come l’ippocampo, ma anche di quelle coinvolte nei processi metabolici, come l’ipotalamo. Quest’ultimo è responsabile del controllo del bilancio energetico, oltre che alla regolazione del ciclo sonno-veglia. Ciò spiega la coesistenza di disturbi dell’alimentazione e del sonno nei pazienti malati di Alzheimer. Tra le vie metaboliche alterate, è compresa anche quella dell’insulina: l’accumulo del peptide Aβ provoca un aumento della citochina pro-infiammatoria TNFα, dando luogo alla cascata di attivazione della chinasi JNK. La fosforilazione di IRS-1 viene quindi inibita, bloccando la rispettiva via di segnalazione. Lo sviluppo di insulino-resistenza ha numerose conseguenze, tra cui, la disinibizione della GSK-3β che fosforila la proteina tau; la diminuzione del flusso sanguigno cerebrale; il calo di produzione dell’enzima di degradazione dell’insulina (IDE) e la progressiva morte dei neuroni. L’accumulo di insulina e di placche amiloidi non fanno che incrementare lo stato di infiammazione. La neurodegenerazione colpisce anche i processi fisiologici che rispondono al sistema circadiano, come quello della secrezione di melatonina, causando l’insorgere di disturbi del sonno. Viceversa, il peggioramento della durata e della qualità del sonno aggrava ulteriormente la neuropatologia: l’interruzione del sonno profondo riscontrato nei malati di Alzheimer, compromette la clearance del peptide Aβ, aumentando la formazione di placche amiloidi; a sua volta, l’accumulo di Aβ, inibisce l’attività delle onde lente. Uno studio condotto su modelli murini di Alzheimer ha evidenziato la correlazione tra perdita di sonno e neurodegenerazione. Sono stati analizzati i cambiamenti fisiologici e comportamentali nei topi, in seguito a stress cronico indotto dalla privazione di sonno, e si sono riscontrate alterazioni a livello di cognizione, metabolismo della proteina tau e integrità sinaptica. La melatonina, ormone prodotto dalla ghiandola pineale, è in grado di contrastare la maggior parte delle anomalie elencate, migliorando durata e qualità del sonno a onde lente, ma anche regolando la via di segnalazione ipotalamica del comportamento alimentare. Uno studio condotto su modelli murini portatori della malattia e gruppi di controllo, sottoposti a trattamento farmacologico con melatonina, ha dimostrato effetti positivi in entrambi i gruppi, resi evidenti da cambiamenti molecolari dello stato cerebrale, oltre che cognitivo-comportamentali. In particolare, attraverso il sistema ubiquitina-proteasoma e le vie di segnalazione di Gas6 e SIRT1, la melatonina incentiva la clearance delle proteine aberranti e inibisce il progredire dello stato infiammatorio, prevenendo la neurodegenerazione. L’analisi degli studi qui riportati conduce quindi all’ipotesi di una possibile strategia terapeutica nella prevenzione dell’Alzheimer: la somministrazione farmacologica di melatonina. Essa riduce lo stato di infiammazione generale, rallentando il declino cognitivo, e allo stesso tempo agisce come fattore di prevenzione per lo sviluppo della malattia nei pazienti a rischio.

Disfunzioni Neurometaboliche e Disturbi del Sonno nel Morbo di Alzheimer

LORINO, GIORGIA
2020/2021

Abstract

Il Morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dal deterioramento dei neuroni e delle funzioni cerebrali. Ciò è dovuto alla presenza di aggregati proteici, sia all’interno (proteina tau iperfosforilata) che all’esterno (peptide Aβ sotto forma di placche) delle cellule neurali. La necrosi cellulare che ne deriva è evidente a livello delle aree coinvolte nei processi di memorizzazione, come l’ippocampo, ma anche di quelle coinvolte nei processi metabolici, come l’ipotalamo. Quest’ultimo è responsabile del controllo del bilancio energetico, oltre che alla regolazione del ciclo sonno-veglia. Ciò spiega la coesistenza di disturbi dell’alimentazione e del sonno nei pazienti malati di Alzheimer. Tra le vie metaboliche alterate, è compresa anche quella dell’insulina: l’accumulo del peptide Aβ provoca un aumento della citochina pro-infiammatoria TNFα, dando luogo alla cascata di attivazione della chinasi JNK. La fosforilazione di IRS-1 viene quindi inibita, bloccando la rispettiva via di segnalazione. Lo sviluppo di insulino-resistenza ha numerose conseguenze, tra cui, la disinibizione della GSK-3β che fosforila la proteina tau; la diminuzione del flusso sanguigno cerebrale; il calo di produzione dell’enzima di degradazione dell’insulina (IDE) e la progressiva morte dei neuroni. L’accumulo di insulina e di placche amiloidi non fanno che incrementare lo stato di infiammazione. La neurodegenerazione colpisce anche i processi fisiologici che rispondono al sistema circadiano, come quello della secrezione di melatonina, causando l’insorgere di disturbi del sonno. Viceversa, il peggioramento della durata e della qualità del sonno aggrava ulteriormente la neuropatologia: l’interruzione del sonno profondo riscontrato nei malati di Alzheimer, compromette la clearance del peptide Aβ, aumentando la formazione di placche amiloidi; a sua volta, l’accumulo di Aβ, inibisce l’attività delle onde lente. Uno studio condotto su modelli murini di Alzheimer ha evidenziato la correlazione tra perdita di sonno e neurodegenerazione. Sono stati analizzati i cambiamenti fisiologici e comportamentali nei topi, in seguito a stress cronico indotto dalla privazione di sonno, e si sono riscontrate alterazioni a livello di cognizione, metabolismo della proteina tau e integrità sinaptica. La melatonina, ormone prodotto dalla ghiandola pineale, è in grado di contrastare la maggior parte delle anomalie elencate, migliorando durata e qualità del sonno a onde lente, ma anche regolando la via di segnalazione ipotalamica del comportamento alimentare. Uno studio condotto su modelli murini portatori della malattia e gruppi di controllo, sottoposti a trattamento farmacologico con melatonina, ha dimostrato effetti positivi in entrambi i gruppi, resi evidenti da cambiamenti molecolari dello stato cerebrale, oltre che cognitivo-comportamentali. In particolare, attraverso il sistema ubiquitina-proteasoma e le vie di segnalazione di Gas6 e SIRT1, la melatonina incentiva la clearance delle proteine aberranti e inibisce il progredire dello stato infiammatorio, prevenendo la neurodegenerazione. L’analisi degli studi qui riportati conduce quindi all’ipotesi di una possibile strategia terapeutica nella prevenzione dell’Alzheimer: la somministrazione farmacologica di melatonina. Essa riduce lo stato di infiammazione generale, rallentando il declino cognitivo, e allo stesso tempo agisce come fattore di prevenzione per lo sviluppo della malattia nei pazienti a rischio.
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