Il sequestro geologico della CO2 rappresenta una tra le “tecnologie ponte” utili nel processo di decarbonizzazione per i settori hard to abate, che può essere impiegata laddove sono presenti acquiferi salini profondi, giacimenti di idrocarburi esauriti o miniere di carbone, prossimi ai cluster di emissione. Questa tecnologia può però presentare diverse criticità, come l’innesco di terremoti e la potenziale conseguente rottura del caprock, con la fuoriuscita di CO2, qualora non venisse rispettato il criterio di rottura di Mohr-Coulomb. Sebbene il CCS sia una tecnologia non ancora del tutto matura e poco diffusa su larga scala, per cui il suo potenziale di causare sismicità indotta è ad oggi difficilmente stimabile, gli impianti operativi nel mondo forniscono preziose informazioni circa il bilanciamento dei fluidi estratti ed iniettati e il rapporto spaziale e temporale tra iniezioni di CO2 ed innesco di terremoti, permettendo di stabilire eventuali correlazioni. In particolare, gli impianti CCS di Sleipner, Weyburn, Salah e Decatur e gli eventi sismici registrati nei pressi di questi siti hanno permesso di comprendere meglio la meccanica dei terremoti causati dall’aumento della pressione dei pori e di investigare modalità di mitigazione della sismicità indotta. Questi terremoti possono presentarsi attraverso microsismicità, come osservato nei siti precedenti, o anche attraverso eventi più intensi, come nel caso del sito di stoccaggio gas del Castor, ma risulta difficile discriminare eventi indotti da eventi innescati, specie se non si ha un’approfondita conoscenza del background sismico. Al fine di evitare manifestazioni di sismicità indotta o innescata da CCS, rivestono quindi un ruolo di primaria importanza le attività di caratterizzazione geologica e geomeccanica dei potenziali siti di stoccaggio e di monitoraggio microsismico, che sono stati condotti in diversi siti, tra cui tre in Italia, sul cui territorio è presente una grande capacità di stoccaggio, concentrata principalmente nei settori di avanfossa. Proprio in queste aree si situano i progetti di Enel ed Eni, che puntano al sequestro della CO2 prodotta da impianti industriali all’interno di reservoir profondi nell’Adriatico, in aree che presentano però una pericolosità sismica medio-alta, che rende maggiore il rischio di sismicità innescata dallo stoccaggio. Sono stati anche avviati progetti pilota per la caratterizzazione dei siti a Cortemaggiore, presso un campo di pozzi di gas esauriti in Pianura Padana, e nella Sardegna sudoccidentale, nel Sulcis, dove il progetto del Sotacarbo Fault Lab rappresenta ad oggi il miglior sito italiano in cui poter procedere a livello sperimentale con l’iniezione di piccole quantità di CO2 per monitorare variazioni di stress e aumenti di sismicità, grazie al tasso di sismicità naturale molto basso. Viceversa, l’area del Sulcis non si presta ad uno stoccaggio di tipo industriale, in quanto la capacità complessiva del reservoir è relativamente ridotta se confrontata con quella richiesta, per cui è necessario individuare nuovi siti tra le aree classificate come idonee o potenzialmente idonee, per poi proseguire con studi di dettaglio.

Stoccaggio di CO2 (CCS) e sismicità indotta: prospettive e scenari in Italia

DITELLA, STEFANO
2020/2021

Abstract

Il sequestro geologico della CO2 rappresenta una tra le “tecnologie ponte” utili nel processo di decarbonizzazione per i settori hard to abate, che può essere impiegata laddove sono presenti acquiferi salini profondi, giacimenti di idrocarburi esauriti o miniere di carbone, prossimi ai cluster di emissione. Questa tecnologia può però presentare diverse criticità, come l’innesco di terremoti e la potenziale conseguente rottura del caprock, con la fuoriuscita di CO2, qualora non venisse rispettato il criterio di rottura di Mohr-Coulomb. Sebbene il CCS sia una tecnologia non ancora del tutto matura e poco diffusa su larga scala, per cui il suo potenziale di causare sismicità indotta è ad oggi difficilmente stimabile, gli impianti operativi nel mondo forniscono preziose informazioni circa il bilanciamento dei fluidi estratti ed iniettati e il rapporto spaziale e temporale tra iniezioni di CO2 ed innesco di terremoti, permettendo di stabilire eventuali correlazioni. In particolare, gli impianti CCS di Sleipner, Weyburn, Salah e Decatur e gli eventi sismici registrati nei pressi di questi siti hanno permesso di comprendere meglio la meccanica dei terremoti causati dall’aumento della pressione dei pori e di investigare modalità di mitigazione della sismicità indotta. Questi terremoti possono presentarsi attraverso microsismicità, come osservato nei siti precedenti, o anche attraverso eventi più intensi, come nel caso del sito di stoccaggio gas del Castor, ma risulta difficile discriminare eventi indotti da eventi innescati, specie se non si ha un’approfondita conoscenza del background sismico. Al fine di evitare manifestazioni di sismicità indotta o innescata da CCS, rivestono quindi un ruolo di primaria importanza le attività di caratterizzazione geologica e geomeccanica dei potenziali siti di stoccaggio e di monitoraggio microsismico, che sono stati condotti in diversi siti, tra cui tre in Italia, sul cui territorio è presente una grande capacità di stoccaggio, concentrata principalmente nei settori di avanfossa. Proprio in queste aree si situano i progetti di Enel ed Eni, che puntano al sequestro della CO2 prodotta da impianti industriali all’interno di reservoir profondi nell’Adriatico, in aree che presentano però una pericolosità sismica medio-alta, che rende maggiore il rischio di sismicità innescata dallo stoccaggio. Sono stati anche avviati progetti pilota per la caratterizzazione dei siti a Cortemaggiore, presso un campo di pozzi di gas esauriti in Pianura Padana, e nella Sardegna sudoccidentale, nel Sulcis, dove il progetto del Sotacarbo Fault Lab rappresenta ad oggi il miglior sito italiano in cui poter procedere a livello sperimentale con l’iniezione di piccole quantità di CO2 per monitorare variazioni di stress e aumenti di sismicità, grazie al tasso di sismicità naturale molto basso. Viceversa, l’area del Sulcis non si presta ad uno stoccaggio di tipo industriale, in quanto la capacità complessiva del reservoir è relativamente ridotta se confrontata con quella richiesta, per cui è necessario individuare nuovi siti tra le aree classificate come idonee o potenzialmente idonee, per poi proseguire con studi di dettaglio.
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