Questo studio ha come obbiettivo l’analisi delle attuali conoscenze scientifiche e tecnologiche applicabili alla coltivazione di specie vegetali in sistemi di supporto alla vita a gravità alterata. Questo lavoro si inserisce all’interno del programma PFPU (Precursor of a Food Production Unit) relativo al progetto MELISSA (Micro-Ecological Life Support System Alternative), finanziato da ESA (European Space Agency) e coordinato da Thales Alenia Space, azienda che ha permesso lo sviluppo di questa tesi. L’obbiettivo finale di questi progetti è la realizzazione di BLSS (Bioregenerative life support systems) autonomi e isolati, complessi ecosistemi artificiali che possono garantire un completo riciclo degli elementi inseriti al proprio interno e garantire quindi la sopravvivenza di un equipaggio in missioni di lunga durata nello spazio senza possibilità di rifornimenti da Terra, permettendo così un avanzamento dell’esplorazione umana oltre i confini attualmente individuati. Questa tesi parte dall’analisi delle condizioni di microgravità e di come queste possano influire sulla risposta fisiologica di organismi vegetali, nello specifico la risposta di tuberi di patata (Solanum tuberosum), che rappresentano un’importante fonte di nutrienti nella dieta degli astronauti e una sfida tecnico-scientifica per lo sviluppo di un corretto sistema di coltivazione, essendo l’organo interessato ipogeo. La principale criticità è relativa alla “Root Zone”, modulo adibito allo sviluppo delle radici e alla circolazione di soluzioni nutrienti e gas. La condizione di microgravità determina infatti un movimento anomalo dei fluidi governati principalmente dal fenomeno della capillarità. Partendo da questa criticità sono state analizzate le caratteristiche dei suoli che permetterebbero, in condizioni di gravità terrestre, una crescita dell’apparato radicale e un efficiente sistema di trasporto e areazione. Le dimensioni dei micro- e macro- pori sono un carattere essenziale per definire un buon substrato in condizioni di microgravità: minima irrigazione, risparmio energetico ed idrico, e buona circolazione. Per ottimizzare un sistema di coltivazione in questo ambiente sono state analizzate le tecniche di coltivazione “soilless” (idroponiche), che comportano l’utilizzo di un substrato di crescita inerte che funge da supporto per l’apparato radicale, e di una soluzione nutriente che viene attivamente pompata nel sistema. Il sistema idroponico permette una riduzione dei consumi e degli sprechi, oltre che a sopperire a difficoltà tecniche come l’utilizzo di suolo. È stata quindi studiata la tecnologia AM (Additive Manufacturing), conosciuta come “3D Printing”, riassumendo le diverse tecniche di stampa e i materiali sfruttabili. È interessante notare come, unendo questa recente tecnologia alle conoscenze scientifiche sui sistemi viventi, sia possibile realizzare strutture complesse derivanti dall’utilizzo di materiali compositi con diverse proprietà, che possono interagire con i sistemi biologici sfruttando materiali biocompatibili (come la TE, Tissue Engineering, un campo di ricerca per le applicazioni della stampa 3D nella rigenerazione tissutale). Il futuro dell’esplorazione umana nello spazio necessita di nuove tecnologie che devono essere costantemente sperimentate come anche la continua la ricerca di sistemi biologici per il supporto alla vita in ambienti biorigenerativi come le stazioni spaziali ed i futuri avamposti extraterrestri.
Agricoltura Spaziale e Sistemi di Supporto alla Vita: substrati prodotti tramite stampanti 3D
SARTI, COSIMO
2020/2021
Abstract
Questo studio ha come obbiettivo l’analisi delle attuali conoscenze scientifiche e tecnologiche applicabili alla coltivazione di specie vegetali in sistemi di supporto alla vita a gravità alterata. Questo lavoro si inserisce all’interno del programma PFPU (Precursor of a Food Production Unit) relativo al progetto MELISSA (Micro-Ecological Life Support System Alternative), finanziato da ESA (European Space Agency) e coordinato da Thales Alenia Space, azienda che ha permesso lo sviluppo di questa tesi. L’obbiettivo finale di questi progetti è la realizzazione di BLSS (Bioregenerative life support systems) autonomi e isolati, complessi ecosistemi artificiali che possono garantire un completo riciclo degli elementi inseriti al proprio interno e garantire quindi la sopravvivenza di un equipaggio in missioni di lunga durata nello spazio senza possibilità di rifornimenti da Terra, permettendo così un avanzamento dell’esplorazione umana oltre i confini attualmente individuati. Questa tesi parte dall’analisi delle condizioni di microgravità e di come queste possano influire sulla risposta fisiologica di organismi vegetali, nello specifico la risposta di tuberi di patata (Solanum tuberosum), che rappresentano un’importante fonte di nutrienti nella dieta degli astronauti e una sfida tecnico-scientifica per lo sviluppo di un corretto sistema di coltivazione, essendo l’organo interessato ipogeo. La principale criticità è relativa alla “Root Zone”, modulo adibito allo sviluppo delle radici e alla circolazione di soluzioni nutrienti e gas. La condizione di microgravità determina infatti un movimento anomalo dei fluidi governati principalmente dal fenomeno della capillarità. Partendo da questa criticità sono state analizzate le caratteristiche dei suoli che permetterebbero, in condizioni di gravità terrestre, una crescita dell’apparato radicale e un efficiente sistema di trasporto e areazione. Le dimensioni dei micro- e macro- pori sono un carattere essenziale per definire un buon substrato in condizioni di microgravità: minima irrigazione, risparmio energetico ed idrico, e buona circolazione. Per ottimizzare un sistema di coltivazione in questo ambiente sono state analizzate le tecniche di coltivazione “soilless” (idroponiche), che comportano l’utilizzo di un substrato di crescita inerte che funge da supporto per l’apparato radicale, e di una soluzione nutriente che viene attivamente pompata nel sistema. Il sistema idroponico permette una riduzione dei consumi e degli sprechi, oltre che a sopperire a difficoltà tecniche come l’utilizzo di suolo. È stata quindi studiata la tecnologia AM (Additive Manufacturing), conosciuta come “3D Printing”, riassumendo le diverse tecniche di stampa e i materiali sfruttabili. È interessante notare come, unendo questa recente tecnologia alle conoscenze scientifiche sui sistemi viventi, sia possibile realizzare strutture complesse derivanti dall’utilizzo di materiali compositi con diverse proprietà, che possono interagire con i sistemi biologici sfruttando materiali biocompatibili (come la TE, Tissue Engineering, un campo di ricerca per le applicazioni della stampa 3D nella rigenerazione tissutale). Il futuro dell’esplorazione umana nello spazio necessita di nuove tecnologie che devono essere costantemente sperimentate come anche la continua la ricerca di sistemi biologici per il supporto alla vita in ambienti biorigenerativi come le stazioni spaziali ed i futuri avamposti extraterrestri.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/137472