Lo scopo del presente elaborato è quello di far emergere le reali condizioni all’interno delle carceri italiane, confrontandole con quelle di altri stati, in particolare con due prigioni norvegesi, per dimostrare quanto sia di fondamentale importanza il percorso di rieducazione, di reinserimento in società del detenuto e di come questo sia realizzabile anche all’interno dei penitenziari, purché siano essi costruiti in ottica più avanguardistica e slegati dal concetto di vigilanza, restrizione e punizione a cui siamo abituati. Il quesito principale da cui partire risulta dunque: “È possibile la rieducazione all’interno del carcere?”. Nel primo capitolo si presenta la figura del deviante in prospettiva sociologica. Prima di introdurre il tema della rieducazione nei confronti del reo si è infatti analizzato il paradigma sociale che, in contrapposizione a quello classico e quello positivista, ricerca le motivazioni che spingono un individuo a scegliere la via della devianza sulla base di numerose variabili ed influenze all’interno del suo contesto di vita. Dato che con il passare del tempo, il controllo della devianza è stato affidato sempre più all’istituzione carceraria, nel secondo capitolo sono state prese in analisi le funzioni che oggi vengono attribuite alla pena detentiva. La parte seguente del lavoro, prende invece in esame lo sviluppo del precetto della filosofia rieducativa in Italia, con riferimento alla Costituzione, in particolare all’art. 27 e alla Riforma Penitenziaria del 1975. Nell’ultimo capitolo ci si sofferma sui diritti dei detenuti che dovrebbero essere garantiti al fine di compiere un trattamento risocializzante e rieducativo e a proposito di diritti, quelle che in fase esecutiva, potrebbero essere le misure alternative al carcere. Come ultimo passaggio sono state analizzate in prospettiva comparata, la realtà carceraria italiana e quelle di due penitenziari norvegesi, Bastøy e Halden; Il confronto evidenzia come in Italia, i principi costituzionali della rieducazione e del rispetto dei diritti dei reclusi, siano spesso disattesi a causa di alcuni ostacoli quali, ad esempio, il sovraffollamento, la carenza di personale, di risorse e di fondi e il limitato accesso alle misure alternative alla detenzione. Essi, unitamente al fatto che spesso a finire in carcere sono le persone appartenenti alle fasce più deboli della popolazione, spiegano inoltre, anche i numeri concernenti i tassi di recidiva, di autolesionismo e di suicidi. Il caso norvegese dimostra che esiste un’altra realtà e che è possibile realizzare dei percorsi rieducativi e riabilitativi anche fra le mura carcerarie.
RIEDUCAZIONE IN CARCERE: UTOPIA O REALTÀ? La realtà italiana e quella norvegese a confronto.
GIANQUINTO, SARA
2021/2022
Abstract
Lo scopo del presente elaborato è quello di far emergere le reali condizioni all’interno delle carceri italiane, confrontandole con quelle di altri stati, in particolare con due prigioni norvegesi, per dimostrare quanto sia di fondamentale importanza il percorso di rieducazione, di reinserimento in società del detenuto e di come questo sia realizzabile anche all’interno dei penitenziari, purché siano essi costruiti in ottica più avanguardistica e slegati dal concetto di vigilanza, restrizione e punizione a cui siamo abituati. Il quesito principale da cui partire risulta dunque: “È possibile la rieducazione all’interno del carcere?”. Nel primo capitolo si presenta la figura del deviante in prospettiva sociologica. Prima di introdurre il tema della rieducazione nei confronti del reo si è infatti analizzato il paradigma sociale che, in contrapposizione a quello classico e quello positivista, ricerca le motivazioni che spingono un individuo a scegliere la via della devianza sulla base di numerose variabili ed influenze all’interno del suo contesto di vita. Dato che con il passare del tempo, il controllo della devianza è stato affidato sempre più all’istituzione carceraria, nel secondo capitolo sono state prese in analisi le funzioni che oggi vengono attribuite alla pena detentiva. La parte seguente del lavoro, prende invece in esame lo sviluppo del precetto della filosofia rieducativa in Italia, con riferimento alla Costituzione, in particolare all’art. 27 e alla Riforma Penitenziaria del 1975. Nell’ultimo capitolo ci si sofferma sui diritti dei detenuti che dovrebbero essere garantiti al fine di compiere un trattamento risocializzante e rieducativo e a proposito di diritti, quelle che in fase esecutiva, potrebbero essere le misure alternative al carcere. Come ultimo passaggio sono state analizzate in prospettiva comparata, la realtà carceraria italiana e quelle di due penitenziari norvegesi, Bastøy e Halden; Il confronto evidenzia come in Italia, i principi costituzionali della rieducazione e del rispetto dei diritti dei reclusi, siano spesso disattesi a causa di alcuni ostacoli quali, ad esempio, il sovraffollamento, la carenza di personale, di risorse e di fondi e il limitato accesso alle misure alternative alla detenzione. Essi, unitamente al fatto che spesso a finire in carcere sono le persone appartenenti alle fasce più deboli della popolazione, spiegano inoltre, anche i numeri concernenti i tassi di recidiva, di autolesionismo e di suicidi. Il caso norvegese dimostra che esiste un’altra realtà e che è possibile realizzare dei percorsi rieducativi e riabilitativi anche fra le mura carcerarie.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/136753