Con il presente elaborato si propone una riflessione personale suscitata dalla tanto citata frase “Tutti sono utili, nessuno indispensabile”. Questa affermazione, che più volte mi è stata rivolta durante il mio breve percorso lavorativo, ha sempre avuto, per me, un gusto molto amaro. Fin dalla prima volta in cui mi venne indirizzata tale affermazione, ho ritenuto che rivolgersi in tale maniera ai propri dipendenti non abbia altro risultato se non quello di indisporre e frustrare il ricevente. D’altro canto se analizzata approfonditamente, tale asserzione può essere veritiera solamente in alcuni frangenti. Certamente non regge il confronto con un lavoratore senior, in virtù delle relazioni, conoscenze, competenze generate nel tempo, della sua indipendenza e autonomia di ruolo. D’altra parte, sminuire un collaboratore junior può avere solamente due risultati: il soggetto affronta la situazione come una sfida, dimostrando il proprio valore, oppure l’individuo orienterà la propria professionalità altrove, dove essa possa essere meglio valorizzata. Essendomi approcciata a questo argomento, durante gli anni della pandemia da Covid-19, ho potuto appurare come i sentimenti di rivalsa, la richiesta di riconoscimento e l’ambizione carrieristica dei lavoratori, vengano rivendicati in tutto il mondo. Continuando le ricerche ho, quindi, potuto approfondire il “Fenomeno della Great Resignation”. Ho appurato, da diverse pubblicazioni, come con esso, si vogliano denunciare le necessità e i bisogni del personale d’azienda in ogni parte del mondo. Espressa tramite le dimissioni di massa, alle quali non segue alcun tentativo di reintegro occupazionale, tale protesta rivendica la stabilità economica, e non solo. È, oltremodo, ritenuto di massima importanza avere un buon work-life balance (tempo per sé stessi e per la famiglia) e lavorare in un ambiente positivo, secondo i propri principi e i propri valori personali, essendo riconosciuti e rispettati. Secondo le dichiarazioni degli esperti tutte le imprese che adatteranno le proprie strutture alle richieste della forza lavoro avranno un futuro florido e prospero. Certamente, rivoluzionare la cultura aziendale rappresenta un impegno complesso e prevede l’applicazione di un alto livello di dedizione. È richiesto un importante atto di fiducia nell’intraprendere seriamente tale percorso. Alcune imprese si sono avviate lungo tale via precedentemente al periodo di pandemia. Ed è, altresì, vero che alcune aziende sono ben lungi da tale obiettivo. Sebbene si possa supporre che alcune imprese abbiano differenti finalità rispetto all’investire sul benessere delle risorse umane, la maggiore parte delle realtà italiane non hanno ancora stabilito la direzione da intraprendere. Molte piccole e medie imprese (PMI) del nostro Paese, non si reputano coinvolte da tale fenomeno. Seppure, anche loro, come il resto del mondo, accusano problemi di recruiting e di retention.
GREAT RESIGNATION: IL FENOMENO DELLE GRANDI DIMISSIONI
CAPELLO, STEFANIA
2021/2022
Abstract
Con il presente elaborato si propone una riflessione personale suscitata dalla tanto citata frase “Tutti sono utili, nessuno indispensabile”. Questa affermazione, che più volte mi è stata rivolta durante il mio breve percorso lavorativo, ha sempre avuto, per me, un gusto molto amaro. Fin dalla prima volta in cui mi venne indirizzata tale affermazione, ho ritenuto che rivolgersi in tale maniera ai propri dipendenti non abbia altro risultato se non quello di indisporre e frustrare il ricevente. D’altro canto se analizzata approfonditamente, tale asserzione può essere veritiera solamente in alcuni frangenti. Certamente non regge il confronto con un lavoratore senior, in virtù delle relazioni, conoscenze, competenze generate nel tempo, della sua indipendenza e autonomia di ruolo. D’altra parte, sminuire un collaboratore junior può avere solamente due risultati: il soggetto affronta la situazione come una sfida, dimostrando il proprio valore, oppure l’individuo orienterà la propria professionalità altrove, dove essa possa essere meglio valorizzata. Essendomi approcciata a questo argomento, durante gli anni della pandemia da Covid-19, ho potuto appurare come i sentimenti di rivalsa, la richiesta di riconoscimento e l’ambizione carrieristica dei lavoratori, vengano rivendicati in tutto il mondo. Continuando le ricerche ho, quindi, potuto approfondire il “Fenomeno della Great Resignation”. Ho appurato, da diverse pubblicazioni, come con esso, si vogliano denunciare le necessità e i bisogni del personale d’azienda in ogni parte del mondo. Espressa tramite le dimissioni di massa, alle quali non segue alcun tentativo di reintegro occupazionale, tale protesta rivendica la stabilità economica, e non solo. È, oltremodo, ritenuto di massima importanza avere un buon work-life balance (tempo per sé stessi e per la famiglia) e lavorare in un ambiente positivo, secondo i propri principi e i propri valori personali, essendo riconosciuti e rispettati. Secondo le dichiarazioni degli esperti tutte le imprese che adatteranno le proprie strutture alle richieste della forza lavoro avranno un futuro florido e prospero. Certamente, rivoluzionare la cultura aziendale rappresenta un impegno complesso e prevede l’applicazione di un alto livello di dedizione. È richiesto un importante atto di fiducia nell’intraprendere seriamente tale percorso. Alcune imprese si sono avviate lungo tale via precedentemente al periodo di pandemia. Ed è, altresì, vero che alcune aziende sono ben lungi da tale obiettivo. Sebbene si possa supporre che alcune imprese abbiano differenti finalità rispetto all’investire sul benessere delle risorse umane, la maggiore parte delle realtà italiane non hanno ancora stabilito la direzione da intraprendere. Molte piccole e medie imprese (PMI) del nostro Paese, non si reputano coinvolte da tale fenomeno. Seppure, anche loro, come il resto del mondo, accusano problemi di recruiting e di retention.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/136561