Il termine intersezionalità appare per la prima volta nell’articolo dell’attivista e giurista statunitense Kimberlé Crenshaw "Demarginalizing the Intersection of Race and Sex: A Black Feminist Critique of Antidiscrimination Dottrines, Feminist Theory and Antiracist Politics" del 1989, in cui l’analisi delle identità complesse delle “donne nere” mostra come esse generino forme di oppressioni e identità che non possono essere ridotte alla semplice somma delle singole componenti. A seguito della pubblicazione, il termine ha goduto di una notevole fortuna ed è, al contempo, diventato ciò che si potrebbe definire una buzzword, ovvero una “parole d’ordine” utilizzata al di fuori delle proprie aree di competenza che corre il rischio di essere utilizzata a sproposito. Per evitarne un utilizzo improprio ci si è dunque iniziati a chiedere che cosa sia l’intersezionalità: è un’ipotesi, un modello, una metodologia o una teoria? Nel tentativo di rispondere a questa domanda si ripercorrerà il processo e la storia dell’intersezionalità, che affonda le sue radici nella prima metà dell’Ottocento, momento storico in cui inizia a delinearsi un femminismo nero che tenta di dare voce all’esigenze delle donne nere e di colore, mentre il movimento abolizionista e i primi movimenti volti al raggiungimento di una emancipazione femminile si concentravano rispettivamente sulle esigenze degli uomini neri e delle donne bianche lasciando al di fuori delle loro battaglie l’unicità dell’esperienza delle donne non bianche. Infine, alla luce dell’origini del termine e della analisi dei due testi in cui Crenshaw sviluppa la nozione di intersezionalità, ci si concentrerà sull’interpretazione dell’intersezionalità in chiave metodologica, più nello specifico in termini di ideale regolativo kantiano, e i benefici che questa interpretazione può recare sia nella ricerca sia nell’attivismo.
Intersezionalità: l’origine, la nascita e i benefici di un suo utilizzo in termini di ideale regolativo.
PELLEGRINO, FRANCESCA
2021/2022
Abstract
Il termine intersezionalità appare per la prima volta nell’articolo dell’attivista e giurista statunitense Kimberlé Crenshaw "Demarginalizing the Intersection of Race and Sex: A Black Feminist Critique of Antidiscrimination Dottrines, Feminist Theory and Antiracist Politics" del 1989, in cui l’analisi delle identità complesse delle “donne nere” mostra come esse generino forme di oppressioni e identità che non possono essere ridotte alla semplice somma delle singole componenti. A seguito della pubblicazione, il termine ha goduto di una notevole fortuna ed è, al contempo, diventato ciò che si potrebbe definire una buzzword, ovvero una “parole d’ordine” utilizzata al di fuori delle proprie aree di competenza che corre il rischio di essere utilizzata a sproposito. Per evitarne un utilizzo improprio ci si è dunque iniziati a chiedere che cosa sia l’intersezionalità: è un’ipotesi, un modello, una metodologia o una teoria? Nel tentativo di rispondere a questa domanda si ripercorrerà il processo e la storia dell’intersezionalità, che affonda le sue radici nella prima metà dell’Ottocento, momento storico in cui inizia a delinearsi un femminismo nero che tenta di dare voce all’esigenze delle donne nere e di colore, mentre il movimento abolizionista e i primi movimenti volti al raggiungimento di una emancipazione femminile si concentravano rispettivamente sulle esigenze degli uomini neri e delle donne bianche lasciando al di fuori delle loro battaglie l’unicità dell’esperienza delle donne non bianche. Infine, alla luce dell’origini del termine e della analisi dei due testi in cui Crenshaw sviluppa la nozione di intersezionalità, ci si concentrerà sull’interpretazione dell’intersezionalità in chiave metodologica, più nello specifico in termini di ideale regolativo kantiano, e i benefici che questa interpretazione può recare sia nella ricerca sia nell’attivismo.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/136528