The aim of this study is to highlight the problems created in the relationship between Japan and South Korea regarding the issue of the so-called comfort women. The first signs of rupture can be seen during the 1988 Seoul Olympics due to the large number of Japanese male tourists who came to take advantage of the booming sex tourism, this increased resentment towards Japan, resulting in a rediscovery of the problem of comfort women by the feminist movements. Starting from 1991, with the testimony of Kim Hak-Sun, Japan is forced to reply to the accusations made against them despite considering the problem already solved in 1965 with the Treaty on Basic Relations between Japan and the Republic of Korea. It was only in 1993 with the Kōno Statement that the role of the Japanese forces in the creation of comfort stations was recognized for the first time and it was admitted that the recruitment of comfort women was conducted by private recruiters who acted in response to the requests of the military. It also intends to investigate the forms of compensation proposed by the Japanese government and to analyze the various statements made to reconcile relationships between the two States. Furthermore, it seeks to clarify that at the basis of this violation of human rights there are racist and sexist motives that conceive women as a mere sexual commodity. Lastly, the agreement made in 2015 and the legal defeat of a dozen victims against the Japanese government thirty years after the first public testimony will be illustrated.
L’obbiettivo di questo studio è quello di mettere in luce le problematiche createsi nel rapporto fra Giappone e Corea del Sud riguardo la questione delle cosiddette “donne di conforto” (o comfort women). I primi segni di rottura si possono notare durante le Olimpiadi di Seul del 1988 a causa del grande numero di turisti giapponesi di sesso maschile giunti per approfittare del turismo sessuale in grande crescita, questo aumentò il risentimento nei confronti del Giappone, risultando in una riscoperta del problema delle donne di conforto da parte del movimento femminista. A partire dal 1991, con la testimonianza di Kim Hak-Sun, il Giappone si vede costretto a dover replicare alle accuse mosse loro nonostante considerasse il problema già risolto nel 1965 con il Trattato di normalizzazione dei rapporti nippo-coreani. Solo nel 1993 con il Kōno Statement si riconosceva per la prima volta il ruolo delle Forze armate giapponesi nella creazione delle comfort stations e si ammetteva che il reclutamento delle donne di conforto fu condotto da reclutatori privati che agirono in risposta alle richieste dei militari. Si intende investigare inoltre le forme di risarcimento proposte dal governo giapponese e analizzare le varie dichiarazioni avanzate per riappacificare i rapporti tra i due Stati. Il lavoro intende anche chiarire che alla base di tale violazione dei diritti umani ci siano motivi razzisti e sessisti che concepiscono la donna come mera merce sessuale. Infine, verrà illustrato l’accordo preso nel 2015 e la sconfitta legale di una dozzina di vittime contro il governo giapponese a trent’anni dalla prima testimonianza pubblica.
La questione delle comfort women tra il Giappone e la Corea del Sud negli anni Novanta
ROSSI, IRENE
2021/2022
Abstract
L’obbiettivo di questo studio è quello di mettere in luce le problematiche createsi nel rapporto fra Giappone e Corea del Sud riguardo la questione delle cosiddette “donne di conforto” (o comfort women). I primi segni di rottura si possono notare durante le Olimpiadi di Seul del 1988 a causa del grande numero di turisti giapponesi di sesso maschile giunti per approfittare del turismo sessuale in grande crescita, questo aumentò il risentimento nei confronti del Giappone, risultando in una riscoperta del problema delle donne di conforto da parte del movimento femminista. A partire dal 1991, con la testimonianza di Kim Hak-Sun, il Giappone si vede costretto a dover replicare alle accuse mosse loro nonostante considerasse il problema già risolto nel 1965 con il Trattato di normalizzazione dei rapporti nippo-coreani. Solo nel 1993 con il Kōno Statement si riconosceva per la prima volta il ruolo delle Forze armate giapponesi nella creazione delle comfort stations e si ammetteva che il reclutamento delle donne di conforto fu condotto da reclutatori privati che agirono in risposta alle richieste dei militari. Si intende investigare inoltre le forme di risarcimento proposte dal governo giapponese e analizzare le varie dichiarazioni avanzate per riappacificare i rapporti tra i due Stati. Il lavoro intende anche chiarire che alla base di tale violazione dei diritti umani ci siano motivi razzisti e sessisti che concepiscono la donna come mera merce sessuale. Infine, verrà illustrato l’accordo preso nel 2015 e la sconfitta legale di una dozzina di vittime contro il governo giapponese a trent’anni dalla prima testimonianza pubblica.File | Dimensione | Formato | |
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