Il presente lavoro ha l’obiettivo di analizzare quali tutele vengono accordate ai lavoratori illegittimamente licenziati, con un preciso riferimento all’evoluzione della disciplina in tema di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, soprattutto alla luce della più recente riforma del Governo Renzi, con cui è stato previsto un nuovo apparato sanzionatorio per coloro che sono stati assunti con il nuovo contratto a tutele crescenti, a partire dal 7 marzo 2015; a riguardo, la principale conseguenza è che nelle realtà aziendali si determina una differenziazione tra lavoratori, semplicemente a seconda della data di assunzione, ma con un impatto non irrilevante in termini di tutele riconosciute essendo, la più recente disciplina, molto più a svantaggio del lavoratore. Si evidenzia, in particolare, come nell'attuale sistema delle tutele crescenti sia venuto meno il riconoscimento della tutela reintegratoria in caso di un licenziamento economico, nel quale la reintegrazione oggi è sempre sostituita dalla corresponsione di un'indennità crescente con l'anzianità di servizio. La ratio che ha portato alla ridefinizione delle tutele era quella per cui, riducendo i vincoli di recesso per i datori di lavoro, questi avrebbero effettuato più assunzioni a tempo indeterminato. Il nuovo quadro, però, ha inevitabilmente portato ad un indebolimento della tutela della posizione del lavoratore e ha avuto un impatto particolarmente significativo sui giovani lavoratori che, non potendo contare su una consistente anzianità lavorativa, non vedranno effettivamente risarcito il proprio danno conseguente ad un licenziamento illegittimo. Ripercorrendo la storia delle tutele riconosciute al lavoratore licenziato, a partire dalla Legge 604 del 1966 ed arrivando fino al quadro attuale, si illustra infatti come la protezione si sia sempre più allontanata dal versante del lavoratore nei confronti del quale, nel corso degli anni, le tutele hanno subito una crescente riduzione sia in termini quantitativi di risarcimento del danno, sia in termini di efficacia dissuasiva per il datore di lavoro. Questo ha portato ad un contesto in cui l’eventuale licenziamento illegittimo per ragioni economiche (purché dimostrabili) configuri per l’azienda un mero costo, quantificabile a priori in base agli anni di anzianità lavorativa del dipendente che si intende licenziare. L'analisi oggetto della presente tesi si conclude affrontando le correzioni apportate, a tale quadro sanzionatorio, dall’importante intervento della Corte Costituzionale pronunciatasi in materia, la quale però, pur ammettendo l’esistenza del duplice regime di tutela, ha apportato alcune correzioni, anche dichiarando l’illegittimità del meccanismo di quantificazione dell’indennità risarcitoria che teneva conto della sola anzianità di servizio ed, infine, ha sollecitato il legislatore ad intervenire al più presto per rivedere il regime a protezione dei lavoratori licenziati.

IL REGIME SANZIONATORIO DEI LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO NEL CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI

CAVALLO, GIULIA
2021/2022

Abstract

Il presente lavoro ha l’obiettivo di analizzare quali tutele vengono accordate ai lavoratori illegittimamente licenziati, con un preciso riferimento all’evoluzione della disciplina in tema di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, soprattutto alla luce della più recente riforma del Governo Renzi, con cui è stato previsto un nuovo apparato sanzionatorio per coloro che sono stati assunti con il nuovo contratto a tutele crescenti, a partire dal 7 marzo 2015; a riguardo, la principale conseguenza è che nelle realtà aziendali si determina una differenziazione tra lavoratori, semplicemente a seconda della data di assunzione, ma con un impatto non irrilevante in termini di tutele riconosciute essendo, la più recente disciplina, molto più a svantaggio del lavoratore. Si evidenzia, in particolare, come nell'attuale sistema delle tutele crescenti sia venuto meno il riconoscimento della tutela reintegratoria in caso di un licenziamento economico, nel quale la reintegrazione oggi è sempre sostituita dalla corresponsione di un'indennità crescente con l'anzianità di servizio. La ratio che ha portato alla ridefinizione delle tutele era quella per cui, riducendo i vincoli di recesso per i datori di lavoro, questi avrebbero effettuato più assunzioni a tempo indeterminato. Il nuovo quadro, però, ha inevitabilmente portato ad un indebolimento della tutela della posizione del lavoratore e ha avuto un impatto particolarmente significativo sui giovani lavoratori che, non potendo contare su una consistente anzianità lavorativa, non vedranno effettivamente risarcito il proprio danno conseguente ad un licenziamento illegittimo. Ripercorrendo la storia delle tutele riconosciute al lavoratore licenziato, a partire dalla Legge 604 del 1966 ed arrivando fino al quadro attuale, si illustra infatti come la protezione si sia sempre più allontanata dal versante del lavoratore nei confronti del quale, nel corso degli anni, le tutele hanno subito una crescente riduzione sia in termini quantitativi di risarcimento del danno, sia in termini di efficacia dissuasiva per il datore di lavoro. Questo ha portato ad un contesto in cui l’eventuale licenziamento illegittimo per ragioni economiche (purché dimostrabili) configuri per l’azienda un mero costo, quantificabile a priori in base agli anni di anzianità lavorativa del dipendente che si intende licenziare. L'analisi oggetto della presente tesi si conclude affrontando le correzioni apportate, a tale quadro sanzionatorio, dall’importante intervento della Corte Costituzionale pronunciatasi in materia, la quale però, pur ammettendo l’esistenza del duplice regime di tutela, ha apportato alcune correzioni, anche dichiarando l’illegittimità del meccanismo di quantificazione dell’indennità risarcitoria che teneva conto della sola anzianità di servizio ed, infine, ha sollecitato il legislatore ad intervenire al più presto per rivedere il regime a protezione dei lavoratori licenziati.
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