Il rigetto è una risposta immunitaria contro gli alloantigeni del trapianto e rappresenta uno dei più grandi ostacoli al successo della pratica stessa. In base alla tempistica di insorgenza, al tipo di mediatore coinvolto e alla reversibilità della reazione, distinguiamo tre meccanismi di rigetto (acuto, iperacuto e cronico) a cui si aggiunge un particolare meccanismo di rigetto (malattia del trapianto contro l’ospite, o GvHD) comunemente associato al trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Il rigetto viene prevenuto grazie alla combinazione di farmaci immunosoppressori a base di inibitori della calcineurina, anti-proliferativi e corticosteroidi. Negli ultimi anni sono state studiate numerose alternative che permettono di monitorare l’organo trapiantato e prevenire eventi di rigetto che possano compromettere la sopravvivenza dello stesso e la sua funzionalità. Una di queste strategie prevede la valutazione del dd-cfDNA, frazione di DNA del donatore libero nel sangue del ricevente, associata a biopsia. Il dd-cfDNA è individuato e quantificato con una variante della PCR convenzionale, la droplet digital PCR (ddPCR), alternativa alle strategie NGS anche in termini di costi, sicuramente più contenuti. Questo studio ha rilevato la correlazione positiva tra l’aumento del dd-cfDNA e l’evento di rigetto, indicando questa strategia come potenziale mezzo per monitorare lo stato di salute dell’organo trapiantato con minore invasività rispetto alla biopsia standard. Altri studi si sono concentrati sulla possibilità di utilizzare farmaci alternativi e più sicuri a quelli convenzionali per il trattamento del rigetto. In questo senso, nel lavoro di tesi, sono stati analizzati due studi di coorte: il primo studiando gli effetti di un farmaco inibitore delle cinasi Jak1/Jak2 (Ruxolitinib), il secondo valutando gli effetti immunosoppressivi e anti-infiammatori dell’Artemisinina (ART). Entrambi gli studi hanno attenuato il rigetto in modo significativo agendo su più meccanismi effettori. Nonostante ciò, le strategie analizzate mostrano alcuni limiti dettati dalla poca conoscenza degli effetti collaterali, dall’ancora poca conoscenza da parte dello sperimentatore della concentrazione ideale dei farmaci senza indurre effetti avversi e dei diversi meccanismi effettori in cui gli stessi sono coinvolti. Sebbene si tratti di studi pilota, rappresentano una buona base di partenza per individuare strategie di trattamento alternative e sostenibili per la sopravvivenza dell’innesto.
Strategie per il monitoraggio e il trattamento del rigetto dell'allotrapianto
TOCCI, GIOVANNI
2021/2022
Abstract
Il rigetto è una risposta immunitaria contro gli alloantigeni del trapianto e rappresenta uno dei più grandi ostacoli al successo della pratica stessa. In base alla tempistica di insorgenza, al tipo di mediatore coinvolto e alla reversibilità della reazione, distinguiamo tre meccanismi di rigetto (acuto, iperacuto e cronico) a cui si aggiunge un particolare meccanismo di rigetto (malattia del trapianto contro l’ospite, o GvHD) comunemente associato al trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Il rigetto viene prevenuto grazie alla combinazione di farmaci immunosoppressori a base di inibitori della calcineurina, anti-proliferativi e corticosteroidi. Negli ultimi anni sono state studiate numerose alternative che permettono di monitorare l’organo trapiantato e prevenire eventi di rigetto che possano compromettere la sopravvivenza dello stesso e la sua funzionalità. Una di queste strategie prevede la valutazione del dd-cfDNA, frazione di DNA del donatore libero nel sangue del ricevente, associata a biopsia. Il dd-cfDNA è individuato e quantificato con una variante della PCR convenzionale, la droplet digital PCR (ddPCR), alternativa alle strategie NGS anche in termini di costi, sicuramente più contenuti. Questo studio ha rilevato la correlazione positiva tra l’aumento del dd-cfDNA e l’evento di rigetto, indicando questa strategia come potenziale mezzo per monitorare lo stato di salute dell’organo trapiantato con minore invasività rispetto alla biopsia standard. Altri studi si sono concentrati sulla possibilità di utilizzare farmaci alternativi e più sicuri a quelli convenzionali per il trattamento del rigetto. In questo senso, nel lavoro di tesi, sono stati analizzati due studi di coorte: il primo studiando gli effetti di un farmaco inibitore delle cinasi Jak1/Jak2 (Ruxolitinib), il secondo valutando gli effetti immunosoppressivi e anti-infiammatori dell’Artemisinina (ART). Entrambi gli studi hanno attenuato il rigetto in modo significativo agendo su più meccanismi effettori. Nonostante ciò, le strategie analizzate mostrano alcuni limiti dettati dalla poca conoscenza degli effetti collaterali, dall’ancora poca conoscenza da parte dello sperimentatore della concentrazione ideale dei farmaci senza indurre effetti avversi e dei diversi meccanismi effettori in cui gli stessi sono coinvolti. Sebbene si tratti di studi pilota, rappresentano una buona base di partenza per individuare strategie di trattamento alternative e sostenibili per la sopravvivenza dell’innesto.File | Dimensione | Formato | |
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