Negli ultimi decenni, si è assistito a un notevole incremento nel numero di specie riconosciute da sistematici e tassonomi. Questa grande esplosione tassonomica però, spesso non deriva dalla scoperta di nuovi taxa, e non riflette un aumento dell’effettiva biodiversità, ma è conseguenza di numerose riclassificazioni. Tale revisione tassonomica ha fondamentalmente due cause: il declino del Biological Species Concept (BSC) a favore del più moderno Phylogenetic Specie Concept (PSC), e la diffusione ubiquitaria di dati molecolari per la descrizione della variabilità biologica. Il concetto biologico di specie è stato il sicuramente il concetto di riferimento del Novecento. Basato sul concetto che la specie sia definita dalla capacità di produrre prole fertile, il BSC supera una classificazione tipologica basata sulla similitudine morfologica e mette l’integrità del pool genico al centro dell’idea di specie (Mayr, 1942). Il concetto filogenetico di specie, nella sua versione più popolare, identifica la specie come il più piccolo gruppo di organismi con rapporti antenato-discendente ad avere un carattere, o un gruppo di caratteri che ne permette la diagnosi (Wheeler e Platnick, 2000). Il PSC si basa quindi sul criterio di diagnosticabilità, e questo lo rende particolarmente adatto a essere condotto attraverso l’analisi di dati molecolari. Agapow e collaboratori (2004) mettendo a confronto BSC e PSC, hanno riscontrato un aumento delle specie classificate di quasi il 50% quando il PSC veniva utilizzato. Nei primi anni duemila il grande aumento di specie di primati porterà Isaac (2004) a coniare il termine “inflazione tassonomica”, a sottolineare il dubbio che le nuove specie non meritino tutte il riconoscimento. L’inflazione tassonomica potrebbe complicare il lavoro dei conservazionisti che, per valutare la biodiversità con precisione, necessitano di liste di specie affidabili e di una tassonomia stabile. Come caso studio, si ripercorre quindi la storia tassonomica del genere Microcebus, genere di piccoli lemuri endemici del Madagascar, appartenente alla famiglia Cheirogaleideae. I microcebi, come la maggior parte dei taxa all’interno dell’ordine dei primati, sono andati incontro ad un’esplosione tassonomica che ne ha moltiplicato sostanzialmente il numero di specie attualmente riconosciute (Tattersall, 2007, 2011). Tale aumento di specie è risultato da un utilizzo sempre più pervasivo del PSC e dall’implementazione costante di un approccio basato sul barcoding. Il criterio di diagnosticabilità del PSC rischia di individuare popolazioni molto ridotte, dall’elevata omogeneità ma di scarsa rilevanza biologica, che rientrano nelle liste rosse IUCN non appena vengono riconosciute come specie (Tattersall, 2011; Zachos, 2016). Il genere Microcebus vede infatti ventuno delle sue ventiquattro specie in pericolo di estinzione. A fronte di recenti evidenze di ibridazione all’interno del genere, introgressione di M. jonahi in M. macarthuri e della riclassificazione di M. mittermeieri in M. lehilahytsara (Texeira et al., 2022; Schußler et al. 2020), si rendono necessari ulteriori studi sul genere basati su un approccio più integrato, anche al di fuori del taxon preso in considerazione, che superi l’utilizzo del solo criterio diagnostico e renda conto della complessità biologica della specie.

Biodiversità e concetto di specie. Riflessioni sull'inflazione tassonomica del genere Microcebus.

MARANGON, RICCARDO
2021/2022

Abstract

Negli ultimi decenni, si è assistito a un notevole incremento nel numero di specie riconosciute da sistematici e tassonomi. Questa grande esplosione tassonomica però, spesso non deriva dalla scoperta di nuovi taxa, e non riflette un aumento dell’effettiva biodiversità, ma è conseguenza di numerose riclassificazioni. Tale revisione tassonomica ha fondamentalmente due cause: il declino del Biological Species Concept (BSC) a favore del più moderno Phylogenetic Specie Concept (PSC), e la diffusione ubiquitaria di dati molecolari per la descrizione della variabilità biologica. Il concetto biologico di specie è stato il sicuramente il concetto di riferimento del Novecento. Basato sul concetto che la specie sia definita dalla capacità di produrre prole fertile, il BSC supera una classificazione tipologica basata sulla similitudine morfologica e mette l’integrità del pool genico al centro dell’idea di specie (Mayr, 1942). Il concetto filogenetico di specie, nella sua versione più popolare, identifica la specie come il più piccolo gruppo di organismi con rapporti antenato-discendente ad avere un carattere, o un gruppo di caratteri che ne permette la diagnosi (Wheeler e Platnick, 2000). Il PSC si basa quindi sul criterio di diagnosticabilità, e questo lo rende particolarmente adatto a essere condotto attraverso l’analisi di dati molecolari. Agapow e collaboratori (2004) mettendo a confronto BSC e PSC, hanno riscontrato un aumento delle specie classificate di quasi il 50% quando il PSC veniva utilizzato. Nei primi anni duemila il grande aumento di specie di primati porterà Isaac (2004) a coniare il termine “inflazione tassonomica”, a sottolineare il dubbio che le nuove specie non meritino tutte il riconoscimento. L’inflazione tassonomica potrebbe complicare il lavoro dei conservazionisti che, per valutare la biodiversità con precisione, necessitano di liste di specie affidabili e di una tassonomia stabile. Come caso studio, si ripercorre quindi la storia tassonomica del genere Microcebus, genere di piccoli lemuri endemici del Madagascar, appartenente alla famiglia Cheirogaleideae. I microcebi, come la maggior parte dei taxa all’interno dell’ordine dei primati, sono andati incontro ad un’esplosione tassonomica che ne ha moltiplicato sostanzialmente il numero di specie attualmente riconosciute (Tattersall, 2007, 2011). Tale aumento di specie è risultato da un utilizzo sempre più pervasivo del PSC e dall’implementazione costante di un approccio basato sul barcoding. Il criterio di diagnosticabilità del PSC rischia di individuare popolazioni molto ridotte, dall’elevata omogeneità ma di scarsa rilevanza biologica, che rientrano nelle liste rosse IUCN non appena vengono riconosciute come specie (Tattersall, 2011; Zachos, 2016). Il genere Microcebus vede infatti ventuno delle sue ventiquattro specie in pericolo di estinzione. A fronte di recenti evidenze di ibridazione all’interno del genere, introgressione di M. jonahi in M. macarthuri e della riclassificazione di M. mittermeieri in M. lehilahytsara (Texeira et al., 2022; Schußler et al. 2020), si rendono necessari ulteriori studi sul genere basati su un approccio più integrato, anche al di fuori del taxon preso in considerazione, che superi l’utilizzo del solo criterio diagnostico e renda conto della complessità biologica della specie.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/136026