Il gusto è uno dei cinque sensi che sfruttiamo nella nostra quotidianità. Tuttavia, la maggior parte delle volte ignoriamo la complessità e la funzionalità evolutiva del meccanismo che ci permette di gustare il nostro pasto. L’obiettivo di questo elaborato è quello di raccogliere ed interpretare le informazioni sinora note in materia. Nella prima parte vengono presentati i cinque gusti principali percepiti dalla quasi totalità dei mammiferi, con un approfondimento sulle famiglie geniche, sui recettori e sulle funzionalità evolutive che ne hanno permesso la conservazione a livello interspecifico. Acido e salato sono dovuti rispettivamente a concentrazioni di ioni H+e Na+. Entrambe le famiglie geniche per questi due gusti codificano per recettori ionotropici con attivazione ligando-dipendente. Il gusto aspro permette di riconoscere i cibi non ancora maturi o contaminati dai microorganismi. Il salato sembra abbia conferito un vantaggio evolutivo per il mantenimento dell’equilibrio osmotico durante il passaggio dalla vita in mare a quella terrestre. Dolce, umami e amaro, invece, sono riconosciuti grazie a recettori metabotropici a sette passaggi trans-membrana. Il gusto dolce permette di individuare le molecole energetiche, l’umami si ipotizza sia un indicatore proteico, mentre l’amaro è spesso associato a composti velenosi di origine vegetale e, per questo motivo, provoca una riposta di disgusto innata. TAS1Rs è la famiglia genica che codifica per le subunità recettoriali TAS1R1, TAS1R2, TAS1R3, che si combinano specificatamente per la percezione dei composti dolci e umami. TAS2Rs è la famiglia genica responsabile della percezione dei composti amari. Il secondo paragrafo sviluppa una serie di differenze interspecifiche nella classe dei mammiferi che sono risultate coerenti o determinanti per le specializzazioni trofiche delle specie non umane. Protagonisti del silenziamento genico sono i processi di pseudogenizzazione. Vengono presentati esempi di silenziamento genico nel gatto domestico e nel panda gigante, che hanno perso la sensibilità rispettivamente ai composti dolci e umami. L’evoluzione dei geni per il gusto ha originato un corredo genetico piuttosto vario nella classe dei mammiferi. Sembra infatti che TAS2Rs sia una delle famiglie geniche associate al gusto con il più alto tasso di pseudogenizzazione e maggior variabilità interspecifica. Il terzo macro-argomento dell’elaborato è dedicato a quelle differenze individuali che caratterizzano la percezione del gusto in Homo sapiens. Le cause principali sarebbero da attribuirsi alla distribuzione degli aplotipi dei loci polimorfi (per esempio TAS2R38), al sesso (sembra che le femmine siano più reattive ad alcuni stimoli gustativi) e al background etnico (le differenze di questo tipo sono soprattutto dovute alla distribuzione geografica degli aplotipi, a loro volta correlata alle differenti pressioni selettive che hanno agito sulle popolazioni nel corso dell’evoluzione). La percezione del gusto è concatenata all’evoluzione delle specie. Determinati gusti sono stati persi in seguito a specializzazioni trofiche che ne hanno azzerato le funzionalità: ne è un esempio la perdita del gusto dolce nel gatto domestico. Sebbene la nostra specie percepisca i cinque i gusti di base, le differenze tra sesso, etnia e variabilità degli aplotipi determinano che ogni individuo percepisca i sapori in modo quasi unico.

La percezione del gusto: dai meccanismi evolutivamente conservati alle differenze intra-specifiche di Homo sapiens

OCCELLI, ELISABETTA
2021/2022

Abstract

Il gusto è uno dei cinque sensi che sfruttiamo nella nostra quotidianità. Tuttavia, la maggior parte delle volte ignoriamo la complessità e la funzionalità evolutiva del meccanismo che ci permette di gustare il nostro pasto. L’obiettivo di questo elaborato è quello di raccogliere ed interpretare le informazioni sinora note in materia. Nella prima parte vengono presentati i cinque gusti principali percepiti dalla quasi totalità dei mammiferi, con un approfondimento sulle famiglie geniche, sui recettori e sulle funzionalità evolutive che ne hanno permesso la conservazione a livello interspecifico. Acido e salato sono dovuti rispettivamente a concentrazioni di ioni H+e Na+. Entrambe le famiglie geniche per questi due gusti codificano per recettori ionotropici con attivazione ligando-dipendente. Il gusto aspro permette di riconoscere i cibi non ancora maturi o contaminati dai microorganismi. Il salato sembra abbia conferito un vantaggio evolutivo per il mantenimento dell’equilibrio osmotico durante il passaggio dalla vita in mare a quella terrestre. Dolce, umami e amaro, invece, sono riconosciuti grazie a recettori metabotropici a sette passaggi trans-membrana. Il gusto dolce permette di individuare le molecole energetiche, l’umami si ipotizza sia un indicatore proteico, mentre l’amaro è spesso associato a composti velenosi di origine vegetale e, per questo motivo, provoca una riposta di disgusto innata. TAS1Rs è la famiglia genica che codifica per le subunità recettoriali TAS1R1, TAS1R2, TAS1R3, che si combinano specificatamente per la percezione dei composti dolci e umami. TAS2Rs è la famiglia genica responsabile della percezione dei composti amari. Il secondo paragrafo sviluppa una serie di differenze interspecifiche nella classe dei mammiferi che sono risultate coerenti o determinanti per le specializzazioni trofiche delle specie non umane. Protagonisti del silenziamento genico sono i processi di pseudogenizzazione. Vengono presentati esempi di silenziamento genico nel gatto domestico e nel panda gigante, che hanno perso la sensibilità rispettivamente ai composti dolci e umami. L’evoluzione dei geni per il gusto ha originato un corredo genetico piuttosto vario nella classe dei mammiferi. Sembra infatti che TAS2Rs sia una delle famiglie geniche associate al gusto con il più alto tasso di pseudogenizzazione e maggior variabilità interspecifica. Il terzo macro-argomento dell’elaborato è dedicato a quelle differenze individuali che caratterizzano la percezione del gusto in Homo sapiens. Le cause principali sarebbero da attribuirsi alla distribuzione degli aplotipi dei loci polimorfi (per esempio TAS2R38), al sesso (sembra che le femmine siano più reattive ad alcuni stimoli gustativi) e al background etnico (le differenze di questo tipo sono soprattutto dovute alla distribuzione geografica degli aplotipi, a loro volta correlata alle differenti pressioni selettive che hanno agito sulle popolazioni nel corso dell’evoluzione). La percezione del gusto è concatenata all’evoluzione delle specie. Determinati gusti sono stati persi in seguito a specializzazioni trofiche che ne hanno azzerato le funzionalità: ne è un esempio la perdita del gusto dolce nel gatto domestico. Sebbene la nostra specie percepisca i cinque i gusti di base, le differenze tra sesso, etnia e variabilità degli aplotipi determinano che ogni individuo percepisca i sapori in modo quasi unico.
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