Gli animali percepiscono la luce per diversi scopi. La risoluzione dei dettagli spaziali e temporali supporta il riconoscimento degli oggetti e la guida all’azione. D’altra parte, l’integrazione nello spazio e nel tempo rende possibile una rappresentazione dell’intensità della luce ambientale. Questa rappresentazione viene utilizzata per sincronizzare l’orologio circadiano con il giorno solare e per guidare i ritmi stagionali in fisiologia. Pertanto, il sistema visivo codifica le informazioni su un’ampia varietà di scale spaziotemporali e lo fa attraverso il cambiamento dell’intensità della luce che accompagna la rotazione della terra. I meccanismi che soddisfano queste esigenze si trovano nei primi passi della visione, in cui i fotorecettori convertono la luce in una risposta biologica. Fino ad una ventina di anni fa si riteneva che la retina dei vertebrati fosse duplex, possedendo due classi di fotorecettori: bastoncelli e coni. Una prima frattura di questa convinzione deriva dalle osservazioni di individui che presentano una degenerazione di questi neuroni e quindi mancano di consapevolezza visiva. Alcuni individui “ciechi” si svegliavano e dormivano come se i loro orologi circadiani mantenessero la sincronia con il ciclo ambientale di illuminazione e oscurità. Inizialmente una possibile spiegazione era che un numero sufficiente di bastoncelli e coni fosse sopravvissuto per supportare le funzioni di base ma non la percezione cosciente. Ma presto si osservò che anche per quanto riguardava gli individui sani, alcune risposte mostravano dipendenze dalla lunghezza d’onda, dall’intensità e dalla durata dell’illuminazione, queste dipendenze non si potevano spiegare con le proprietà dei coni e dei bastoncelli. Sembrava quindi che una fonte oculare di fotorecettori aspettava di essere scoperta. Questa fonte è stata trovata in un posto improbabile all’interno dell’occhio. Bastoncelli e coni fanno parte della retina esterna, che si trova più lontano dalla luce in entrata. Dall’altro lato, nella retina interna, ci sono le cellule gangliari retiniche (RGC). Questi neuroni trasmettono informazioni dall’occhio al cervello, dando luogo al nervo ottico. Una piccola frazione di RGC si distingue per l’espressione di un pigmento visivo chiamato melanopsina, questi sono gli RGC intrinsecamente fotosensibili (ipRGC).

Il complesso ruolo svolto dalla melanopsina e la sua influenza sulla salute dell’uomo

SORDILLO, MARTINA
2021/2022

Abstract

Gli animali percepiscono la luce per diversi scopi. La risoluzione dei dettagli spaziali e temporali supporta il riconoscimento degli oggetti e la guida all’azione. D’altra parte, l’integrazione nello spazio e nel tempo rende possibile una rappresentazione dell’intensità della luce ambientale. Questa rappresentazione viene utilizzata per sincronizzare l’orologio circadiano con il giorno solare e per guidare i ritmi stagionali in fisiologia. Pertanto, il sistema visivo codifica le informazioni su un’ampia varietà di scale spaziotemporali e lo fa attraverso il cambiamento dell’intensità della luce che accompagna la rotazione della terra. I meccanismi che soddisfano queste esigenze si trovano nei primi passi della visione, in cui i fotorecettori convertono la luce in una risposta biologica. Fino ad una ventina di anni fa si riteneva che la retina dei vertebrati fosse duplex, possedendo due classi di fotorecettori: bastoncelli e coni. Una prima frattura di questa convinzione deriva dalle osservazioni di individui che presentano una degenerazione di questi neuroni e quindi mancano di consapevolezza visiva. Alcuni individui “ciechi” si svegliavano e dormivano come se i loro orologi circadiani mantenessero la sincronia con il ciclo ambientale di illuminazione e oscurità. Inizialmente una possibile spiegazione era che un numero sufficiente di bastoncelli e coni fosse sopravvissuto per supportare le funzioni di base ma non la percezione cosciente. Ma presto si osservò che anche per quanto riguardava gli individui sani, alcune risposte mostravano dipendenze dalla lunghezza d’onda, dall’intensità e dalla durata dell’illuminazione, queste dipendenze non si potevano spiegare con le proprietà dei coni e dei bastoncelli. Sembrava quindi che una fonte oculare di fotorecettori aspettava di essere scoperta. Questa fonte è stata trovata in un posto improbabile all’interno dell’occhio. Bastoncelli e coni fanno parte della retina esterna, che si trova più lontano dalla luce in entrata. Dall’altro lato, nella retina interna, ci sono le cellule gangliari retiniche (RGC). Questi neuroni trasmettono informazioni dall’occhio al cervello, dando luogo al nervo ottico. Una piccola frazione di RGC si distingue per l’espressione di un pigmento visivo chiamato melanopsina, questi sono gli RGC intrinsecamente fotosensibili (ipRGC).
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