Il presente studio, orientato alla ricerca di argomentazioni a suffragio di una primazia della lingua tedesca in filosofia, si è concentrato sulle posizioni di Leibniz e Heidegger in quanto parte della loro produzione scritta tratta il tema in questione in modo esplicito. La differenza di posizioni dei due filosofi trova giustificazione principalmente in due aspetti. Da un lato va tenuto in considerazione il differente stadio di sviluppo diacronico della lingua tedesca nei due casi: se Leibniz si muove fra l’alto tedesco protomoderno e l’alto tedesco moderno, con Heidegger la lingua tedesca gode invece di tutte le sue attuali capacità espressive. Dall’altro lato va evidenziato il diverso valore intrinseco che Leibniz e Heidegger attribuiscono alla lingua tedesca in modo particolare, ma anche alla lingua in senso più lato. La scelta di trattare in modo specifico le riflessioni di Leibniz e Heidegger sulla primazia filosofica della lingua tedesca avrebbe certamente potuto coinvolgere altri autori che hanno dato un significativo contributo al tema in questione, come ad esempio Humboldt, Fichte o Nietzsche. Si è tuttavia preferito dare rilievo al fatto che i due filosofi trattati rappresentano in qualche modo gli estremi temporali della parabola della speculazione filosofica in lingua tedesca, con espliciti riferimenti al tedesco come lingua scientifica e filosofica. Ripercorrendo le ricerche e i progetti linguistici di Leibniz si carca infatti di sottolineare come da questi emerga l’assenza di una primazia di una lingua specifica e nel contempo la necessità, espressa prevalentemente attraverso i suoi saggi Esortazione ai tedeschi del 1683 e Pensieri senza pretese del 1697, di utilizzare la lingua tedesca anche in ambito scientifico, che all’epoca in Germania vedeva una predominanza del latino e del francese. Dopo una breve introduzione al concetto di linguaggio densamente espresso da Heidegger in modo particolare in Essere e tempo, per il quale si è cerca nel complesso di offrire una lettura certamente semplificata ma il più possibile chiara, si indagano alcune sue affermazioni in merito alla primazia filosofica della lingua greca e della lingua tedesca, e si conclude analizzando il suo particolare stile narrativo, caratterizzato dalla creazione di neologismi e da un uso piuttosto originale della lingua tedesca. L’intento, per cui si rivela indispensabile approfondire alcuni scritti dei due filosofi, è infatti quello di rilevare in accordo con Leibniz che “una lingua, per quanto povera sia, può invero esprimere tutto” e, in contrasto con Heidegger che la lingua greca e la lingua tedesca non godono di particolari capacità intrinseche morfosintattiche in grado di renderle lingue preferibili per esprimere i concetti propri della disciplina filosofica. Ciononostante si riconosce, naturalmente, che la posizione di Heidegger ha una sua coerenza interna, che dipende dalla concezione del linguaggio e della filosofia, e in particolare dall’idea che tanto l’uno quanto l’altra sono strettamente intrecciati con la tradizione culturale.

Heidegger, Leibniz e la primazia filosofica della lingua tedesca.

MERLIN, MARCO
2021/2022

Abstract

Il presente studio, orientato alla ricerca di argomentazioni a suffragio di una primazia della lingua tedesca in filosofia, si è concentrato sulle posizioni di Leibniz e Heidegger in quanto parte della loro produzione scritta tratta il tema in questione in modo esplicito. La differenza di posizioni dei due filosofi trova giustificazione principalmente in due aspetti. Da un lato va tenuto in considerazione il differente stadio di sviluppo diacronico della lingua tedesca nei due casi: se Leibniz si muove fra l’alto tedesco protomoderno e l’alto tedesco moderno, con Heidegger la lingua tedesca gode invece di tutte le sue attuali capacità espressive. Dall’altro lato va evidenziato il diverso valore intrinseco che Leibniz e Heidegger attribuiscono alla lingua tedesca in modo particolare, ma anche alla lingua in senso più lato. La scelta di trattare in modo specifico le riflessioni di Leibniz e Heidegger sulla primazia filosofica della lingua tedesca avrebbe certamente potuto coinvolgere altri autori che hanno dato un significativo contributo al tema in questione, come ad esempio Humboldt, Fichte o Nietzsche. Si è tuttavia preferito dare rilievo al fatto che i due filosofi trattati rappresentano in qualche modo gli estremi temporali della parabola della speculazione filosofica in lingua tedesca, con espliciti riferimenti al tedesco come lingua scientifica e filosofica. Ripercorrendo le ricerche e i progetti linguistici di Leibniz si carca infatti di sottolineare come da questi emerga l’assenza di una primazia di una lingua specifica e nel contempo la necessità, espressa prevalentemente attraverso i suoi saggi Esortazione ai tedeschi del 1683 e Pensieri senza pretese del 1697, di utilizzare la lingua tedesca anche in ambito scientifico, che all’epoca in Germania vedeva una predominanza del latino e del francese. Dopo una breve introduzione al concetto di linguaggio densamente espresso da Heidegger in modo particolare in Essere e tempo, per il quale si è cerca nel complesso di offrire una lettura certamente semplificata ma il più possibile chiara, si indagano alcune sue affermazioni in merito alla primazia filosofica della lingua greca e della lingua tedesca, e si conclude analizzando il suo particolare stile narrativo, caratterizzato dalla creazione di neologismi e da un uso piuttosto originale della lingua tedesca. L’intento, per cui si rivela indispensabile approfondire alcuni scritti dei due filosofi, è infatti quello di rilevare in accordo con Leibniz che “una lingua, per quanto povera sia, può invero esprimere tutto” e, in contrasto con Heidegger che la lingua greca e la lingua tedesca non godono di particolari capacità intrinseche morfosintattiche in grado di renderle lingue preferibili per esprimere i concetti propri della disciplina filosofica. Ciononostante si riconosce, naturalmente, che la posizione di Heidegger ha una sua coerenza interna, che dipende dalla concezione del linguaggio e della filosofia, e in particolare dall’idea che tanto l’uno quanto l’altra sono strettamente intrecciati con la tradizione culturale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/135718