Il presente lavoro è orientato all'esplorazione di alcuni aspetti della lirica di Cesare Rinaldi, la cui cospicua produzione occupa un arco temporale piuttosto ampio, dalla pubblicazione d'esordio dei Madrigali, nel 1588, a quella antologica e conclusiva delle Rime, nel 16191. Tenuto dalla critica ¿ pur con importanti eccezioni2 ¿ in una sorta di cono d'ombra, Rinaldi attua, innanzi tutto, un interessante attraversamento del tardo petrarchismo cinquecentesco, nel segno di un protratto dialogo con modelli illustri quali Giovanni Della Casa e il Torquato Tasso delle Rime; in secondo luogo, forzando l'influenza di tali modelli nella direzione di una spiccata propensione per l'agudeza e la metafora ingegnosa, si pone tra gli iniziatori del gusto barocco, anticipando alcuni aspetti della lirica di Giovan Battista Marino e dei suoi seguaci. Del ruolo di precursore del barocco esercitato dal Rinaldi ebbero coscienza già i contemporanei: infatti, nelle Glorie degli Incogniti, si accenna al suo passaggio dalla lirica giovanile, caratterizzata da cordiale semplicità di affetti e limpidezza di linguaggio, agli esiti della matura ricerca, contraddistinti da uno stile complesso (¿diede talvolta nel turgido e quasi nell'oscuro¿) e da ¿soverchie arditezze ne' traslati e ne' concetti¿3. La funzione di esploratore di nuovi itinerari poetici è riconosciuta al Rinaldi anche nel Settecento, fatta salva la ripulsa che questo secolo ebbe per la letteratura barocca: si veda, a tal proposito, il severo giudizio di Giovanni Mario Crescimbeni ¿ primo custode generale di Arcadia e sostenitore della necessità di ispirarsi al petrarchismo ortodosso e al ¿classicismo¿ del Chiabrera ¿, il quale incluse il poeta bolognese nella schiera di ¿quelli che incominciarono a corrompere lo stile volgare¿4; o ancora il ritratto dell'autore delineato dall'erudito Giovanni Fantuzzi: ¿Ma incontratosi in secolo nel quale il buon gusto dello scrivere era già cominciato a decadere e a corrompersi, esso con gli altri suoi coetanei seguì la corrente, e tanto s'avanzò in quella maniera di scrivere, che si acquistò fama grandissima¿5. Ora, la critica più recente assegna a Cesare Rinaldi un ruolo, per così dire, strategico nel delicato passaggio epocale tra Cinque e Seicento. Da un lato, documenta le affinità della sua poesia con certa pittura manierista coeva, soprattutto per quanto concerne la ricerca di effetti cromatici acutamente dissonanti e, per ciò stesso, significativi rispetto a un nuovo modo di comunicare6; dall'altro, sottolineando ad abundantiam la radicale carica innovativa propria di un autentico caposcuola7. Premettendo che oggetto della presente indagine è esclusivamente l'edizione delle Rime apparsa nel 16198, il lavoro sarà così articolato: il primo capitolo, dedicato alla ricostruzione di un profilo di Cesare Rinaldi, tenterà di integrare i pochi dati biografici reperibili con alcune notizie, peraltro indirette e allusive, presenti nelle Rime, e fornirà una bibliografia delle opere dell'autore e della critica; nel secondo capitolo, si affronterà il tema dell'amore, inteso da Rinaldi soprattutto come gioco intellettuale e teatro dell'ingegno; nel terzo, si esamineranno i rapporti fra la poesia di Rinaldi e alcuni illustri modelli cinquecenteschi, quali Giovanni Della Casa e Torquato Tasso; nel quarto, infine, si analizzerà l'influsso dell'autore sul Marino.
L'amore come teatro dell'ingegno: indagine su Cesare Rinaldi
ROSSI PRECERUTTI, GIACOMO
2011/2012
Abstract
Il presente lavoro è orientato all'esplorazione di alcuni aspetti della lirica di Cesare Rinaldi, la cui cospicua produzione occupa un arco temporale piuttosto ampio, dalla pubblicazione d'esordio dei Madrigali, nel 1588, a quella antologica e conclusiva delle Rime, nel 16191. Tenuto dalla critica ¿ pur con importanti eccezioni2 ¿ in una sorta di cono d'ombra, Rinaldi attua, innanzi tutto, un interessante attraversamento del tardo petrarchismo cinquecentesco, nel segno di un protratto dialogo con modelli illustri quali Giovanni Della Casa e il Torquato Tasso delle Rime; in secondo luogo, forzando l'influenza di tali modelli nella direzione di una spiccata propensione per l'agudeza e la metafora ingegnosa, si pone tra gli iniziatori del gusto barocco, anticipando alcuni aspetti della lirica di Giovan Battista Marino e dei suoi seguaci. Del ruolo di precursore del barocco esercitato dal Rinaldi ebbero coscienza già i contemporanei: infatti, nelle Glorie degli Incogniti, si accenna al suo passaggio dalla lirica giovanile, caratterizzata da cordiale semplicità di affetti e limpidezza di linguaggio, agli esiti della matura ricerca, contraddistinti da uno stile complesso (¿diede talvolta nel turgido e quasi nell'oscuro¿) e da ¿soverchie arditezze ne' traslati e ne' concetti¿3. La funzione di esploratore di nuovi itinerari poetici è riconosciuta al Rinaldi anche nel Settecento, fatta salva la ripulsa che questo secolo ebbe per la letteratura barocca: si veda, a tal proposito, il severo giudizio di Giovanni Mario Crescimbeni ¿ primo custode generale di Arcadia e sostenitore della necessità di ispirarsi al petrarchismo ortodosso e al ¿classicismo¿ del Chiabrera ¿, il quale incluse il poeta bolognese nella schiera di ¿quelli che incominciarono a corrompere lo stile volgare¿4; o ancora il ritratto dell'autore delineato dall'erudito Giovanni Fantuzzi: ¿Ma incontratosi in secolo nel quale il buon gusto dello scrivere era già cominciato a decadere e a corrompersi, esso con gli altri suoi coetanei seguì la corrente, e tanto s'avanzò in quella maniera di scrivere, che si acquistò fama grandissima¿5. Ora, la critica più recente assegna a Cesare Rinaldi un ruolo, per così dire, strategico nel delicato passaggio epocale tra Cinque e Seicento. Da un lato, documenta le affinità della sua poesia con certa pittura manierista coeva, soprattutto per quanto concerne la ricerca di effetti cromatici acutamente dissonanti e, per ciò stesso, significativi rispetto a un nuovo modo di comunicare6; dall'altro, sottolineando ad abundantiam la radicale carica innovativa propria di un autentico caposcuola7. Premettendo che oggetto della presente indagine è esclusivamente l'edizione delle Rime apparsa nel 16198, il lavoro sarà così articolato: il primo capitolo, dedicato alla ricostruzione di un profilo di Cesare Rinaldi, tenterà di integrare i pochi dati biografici reperibili con alcune notizie, peraltro indirette e allusive, presenti nelle Rime, e fornirà una bibliografia delle opere dell'autore e della critica; nel secondo capitolo, si affronterà il tema dell'amore, inteso da Rinaldi soprattutto come gioco intellettuale e teatro dell'ingegno; nel terzo, si esamineranno i rapporti fra la poesia di Rinaldi e alcuni illustri modelli cinquecenteschi, quali Giovanni Della Casa e Torquato Tasso; nel quarto, infine, si analizzerà l'influsso dell'autore sul Marino.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/135304