Intorno ai primi anni ’90 si è iniziato a trattare con maggiore riguardo il tema delle vessazioni e umiliazioni sul luogo di lavoro. Si inizia così a fare strada nel mondo giuridico, e non solo, il termine “mobbing”. Alla fine degli anni 2000 il fenomeno sembra raggiungere dimensioni tali da ritenere che il numero di lavoratori vittime di mobbing, solamente in Italia, si aggiri attorno al 4% della forza lavoro . I dati statistici lasciano sicuramente molto allarmati se associati ai danni che il fenomeno è in grado di provocare. Il soggetto passivo subisce perdite di natura sia patrimoniale che non patrimoniale, trovandosi a vivere in uno stato di permanente disagio causato da lesioni psico-fisiche, in grado di alterare la sua serenità personale ma anche quella inerente all’ambito relazionale (c.d. doppio mobbing) . Secondo le ricerche di H. Ege, infatti, il mobbing non agisce solamente a livello personale ma può ripercuotersi su parenti e familiari della vittima che, saturi degli sfoghi e malumori del mobbizzato, cessano di sostenerlo, in quanto questi atteggiamenti minano la salute e l’integrità del nucleo familiare. Il lavoratore mobbizzato si ritrova così ad essere escluso non solo dal luogo di lavoro ma anche dall’ambiente esterno. Ma il mobbing non si limita a causare danni esclusivamente verso il soggetto passivo e i suoi congiunti. Le vessazioni poste in essere sono in grado di generare effetti dannosi anche per l’azienda stessa. L’attività mobbizzante genera inevitabilmente una perdita economica dovuta sia alla diminuzione dell’attività produttiva (basti pensare al tempo impiegato dall’aggressore per perseguitare la vittima, e da questa per guarire dagli attacchi subiti) sia all’assenteismo dei lavoratori vittime di condotte lesive. È stato dimostrato come il mobbing sia un rilevatore di grave inefficienza all’interno del sistema aziendale e in certi casi possa anche causare un danno all’immagine dell’impresa, giovando alle imprese concorrenti. Quindi, La valorizzazione del singolo lavoratore e il suo benessere fisico, sociale e morale non solo rende l’ambiente lavorativo un luogo più salubre ma può addirittura aumentare i profitti dell’impresa, riducendone i costi . In conclusione, possiamo dire che il mobbing genera un danno considerevole non solo a chi lo subisce ma anche ai suoi congiunti, all’impresa e a tutta la società (si pensi ai costi sostenuti dagli enti previdenziali per il pagamento dei periodi di malattia). Prevenire e combattere questo fenomeno risulta fondamentale al fine di garantire la salute del cittadino lavoratore, ma anche al fine di impedire la generazione di diseconomie esterne al luogo di lavoro. Ciò premesso, la tesi intende approfondire in che modo il diritto abbia affrontato il tema del mobbing. Seguiranno tre capitoli in cui l’argomento verrà trattato in maniera inizialmente descrittiva del fenomeno, analizzandone l’evoluzione in Italia, i soggetti e le varie tipologie riscontrabili nella fattispecie di mobbing. Seguirà poi una trattazione di carattere prettamente giuridico. Tra gli elementi analizzati si porrà particolare attenzione alla responsabilità datoriale e all’evoluzione della tutela inerente alla materia in esame. Verranno poi trattate le ipotesi di danno riscontrabili in caso di mobbing, terminando con l’analisi di una recente sentenza della Corte di Cassazione in cui verrà approfondito come questa fattispecie sia stata riconosciuta come malattia professionale indennizzata dall’INAIL.

IL MOBBING: FATTISPECIE E TUTELE

CELLINI, CARLO
2020/2021

Abstract

Intorno ai primi anni ’90 si è iniziato a trattare con maggiore riguardo il tema delle vessazioni e umiliazioni sul luogo di lavoro. Si inizia così a fare strada nel mondo giuridico, e non solo, il termine “mobbing”. Alla fine degli anni 2000 il fenomeno sembra raggiungere dimensioni tali da ritenere che il numero di lavoratori vittime di mobbing, solamente in Italia, si aggiri attorno al 4% della forza lavoro . I dati statistici lasciano sicuramente molto allarmati se associati ai danni che il fenomeno è in grado di provocare. Il soggetto passivo subisce perdite di natura sia patrimoniale che non patrimoniale, trovandosi a vivere in uno stato di permanente disagio causato da lesioni psico-fisiche, in grado di alterare la sua serenità personale ma anche quella inerente all’ambito relazionale (c.d. doppio mobbing) . Secondo le ricerche di H. Ege, infatti, il mobbing non agisce solamente a livello personale ma può ripercuotersi su parenti e familiari della vittima che, saturi degli sfoghi e malumori del mobbizzato, cessano di sostenerlo, in quanto questi atteggiamenti minano la salute e l’integrità del nucleo familiare. Il lavoratore mobbizzato si ritrova così ad essere escluso non solo dal luogo di lavoro ma anche dall’ambiente esterno. Ma il mobbing non si limita a causare danni esclusivamente verso il soggetto passivo e i suoi congiunti. Le vessazioni poste in essere sono in grado di generare effetti dannosi anche per l’azienda stessa. L’attività mobbizzante genera inevitabilmente una perdita economica dovuta sia alla diminuzione dell’attività produttiva (basti pensare al tempo impiegato dall’aggressore per perseguitare la vittima, e da questa per guarire dagli attacchi subiti) sia all’assenteismo dei lavoratori vittime di condotte lesive. È stato dimostrato come il mobbing sia un rilevatore di grave inefficienza all’interno del sistema aziendale e in certi casi possa anche causare un danno all’immagine dell’impresa, giovando alle imprese concorrenti. Quindi, La valorizzazione del singolo lavoratore e il suo benessere fisico, sociale e morale non solo rende l’ambiente lavorativo un luogo più salubre ma può addirittura aumentare i profitti dell’impresa, riducendone i costi . In conclusione, possiamo dire che il mobbing genera un danno considerevole non solo a chi lo subisce ma anche ai suoi congiunti, all’impresa e a tutta la società (si pensi ai costi sostenuti dagli enti previdenziali per il pagamento dei periodi di malattia). Prevenire e combattere questo fenomeno risulta fondamentale al fine di garantire la salute del cittadino lavoratore, ma anche al fine di impedire la generazione di diseconomie esterne al luogo di lavoro. Ciò premesso, la tesi intende approfondire in che modo il diritto abbia affrontato il tema del mobbing. Seguiranno tre capitoli in cui l’argomento verrà trattato in maniera inizialmente descrittiva del fenomeno, analizzandone l’evoluzione in Italia, i soggetti e le varie tipologie riscontrabili nella fattispecie di mobbing. Seguirà poi una trattazione di carattere prettamente giuridico. Tra gli elementi analizzati si porrà particolare attenzione alla responsabilità datoriale e all’evoluzione della tutela inerente alla materia in esame. Verranno poi trattate le ipotesi di danno riscontrabili in caso di mobbing, terminando con l’analisi di una recente sentenza della Corte di Cassazione in cui verrà approfondito come questa fattispecie sia stata riconosciuta come malattia professionale indennizzata dall’INAIL.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/134808