Schürmann parla di Meister Eckhart e del concetto di distacco; un atteggiamento che deve essere seguito dall'uomo per arrivare all'impassibilità rispetto al creato in quanto creato e svela quello che è il fondo dell'anima, cioè che esso stesso è di natura divina. Raccolti sotto la nozione di identità peregrinale. Inoltre egli riprende la figura del ¿senza perchè¿ collegandola a quella del ¿lasciar-essere¿ l'essente di Heidegger. Questo è il percorso della prima opera di Schürmann: "Meister Eckhart o la gioia errante". In ¿Dai principi all'anarchia¿ fa un passo avanti: riabilitare la praxis, eliminando il divario tra quest'ultima e la teoria. Egli mette in atto la decostruzione per eliminare le derivazioni tra filosofia prima e filosofia pratica. Pone l'idea che la ¿storia dell'essere¿ sia una successione di economie epocali, ognuna delle quali è una cristallizzazione della realtà avente un archè, un principium e un princeps. Il tutto è determinato dalla differenza temporale, dell'origine originaria e dell'origine originale. Inoltre solo tramite il nostro abbandono siamo ¿fatti partecipi¿ dell'altro abbandono che è il venire alla presenza stesso. Infine mi soffermo sul concetto di autenticità e di anti-umanismo e sul rapporto tra Schürmann e l'ultimo Heidegger. In ¿Sein und Zeit¿ Heidegger parla della coppia autenticità/inautenticità. Si avrà un'esistenza autentica quando l'Esserci compierà scelte vere e metterà in gioco sé stesso. Se l'Esserci rinuncia alle proprie libere scelte diventa una ¿cosa¿ priva di progettualità che viene trascinata dal ¿Si¿ impersonale. Per ritornare all'esistenza autentica l'Esserci deve riconoscere l'essere-per-la-morte. Per Heidegger vivere la morte significa condurre la propria esistenza nella consapevolezza che il nostro orizzonte di vita è limitato e proprio ciò da un senso autentico alle nostre scelte. Da ciò vediamo come l'esistenza abbia un carattere intrinsecamente temporale. Schürmann richiama questa questione riportandola al suo concetto di anarchia: l'agire, privato di un fondamento razionale, diventa condizione stessa dell'anarchia del pensiero. Il pensare non significa più garantire un ordine epocale determinato, ma seguire il venire alla presenza, una forma dell'essere dinamica che lascia essere il pensiero. Tutto ciò si ritrova nell'assunzione dell'a-priori pratico, ossia dell'azione senza principi. Assumerlo significa accettare la dinamicità degli eventi e acquisire i fenomeni come elementi che appartengono a costellazioni della presenza transitorie. L'a-priori pratico porta con sé un atteggiamento meditante, una disposizione del pensiero e dell'azione che si svolge in accordo con il senso dell'essere. Nella Kehre è come se il pensiero facesse un passo indietro, il quale minaccia la posizione centrale dell'uomo. Una volta che il venire alla presenza viene compreso come qualcosa che ha una storia, il radicamento estatico del tempo nell'uomo non può più essere originario. L'origine non è più singolare, ma molteplice, perché designa, da una parte, il sorgere di un'economia epocale e, dall'altra, l'ingresso nella presenza di cose, parole e azioni. In tal modo anche il pensare si reduplica. Al pensiero è richiesto di disabituarsi alla relazione metafisica pros hen e saltare direttamente all'Ereignis. Per questo l'uomo è solo il pastore dell'essere, a cui è affidato il compito di custodire nel pensiero la verità dell'essere.

Ermeneutica e praxis in Reiner Schürmann

COSSU SPARAGANO FERRAYE, JOSETTE
2012/2013

Abstract

Schürmann parla di Meister Eckhart e del concetto di distacco; un atteggiamento che deve essere seguito dall'uomo per arrivare all'impassibilità rispetto al creato in quanto creato e svela quello che è il fondo dell'anima, cioè che esso stesso è di natura divina. Raccolti sotto la nozione di identità peregrinale. Inoltre egli riprende la figura del ¿senza perchè¿ collegandola a quella del ¿lasciar-essere¿ l'essente di Heidegger. Questo è il percorso della prima opera di Schürmann: "Meister Eckhart o la gioia errante". In ¿Dai principi all'anarchia¿ fa un passo avanti: riabilitare la praxis, eliminando il divario tra quest'ultima e la teoria. Egli mette in atto la decostruzione per eliminare le derivazioni tra filosofia prima e filosofia pratica. Pone l'idea che la ¿storia dell'essere¿ sia una successione di economie epocali, ognuna delle quali è una cristallizzazione della realtà avente un archè, un principium e un princeps. Il tutto è determinato dalla differenza temporale, dell'origine originaria e dell'origine originale. Inoltre solo tramite il nostro abbandono siamo ¿fatti partecipi¿ dell'altro abbandono che è il venire alla presenza stesso. Infine mi soffermo sul concetto di autenticità e di anti-umanismo e sul rapporto tra Schürmann e l'ultimo Heidegger. In ¿Sein und Zeit¿ Heidegger parla della coppia autenticità/inautenticità. Si avrà un'esistenza autentica quando l'Esserci compierà scelte vere e metterà in gioco sé stesso. Se l'Esserci rinuncia alle proprie libere scelte diventa una ¿cosa¿ priva di progettualità che viene trascinata dal ¿Si¿ impersonale. Per ritornare all'esistenza autentica l'Esserci deve riconoscere l'essere-per-la-morte. Per Heidegger vivere la morte significa condurre la propria esistenza nella consapevolezza che il nostro orizzonte di vita è limitato e proprio ciò da un senso autentico alle nostre scelte. Da ciò vediamo come l'esistenza abbia un carattere intrinsecamente temporale. Schürmann richiama questa questione riportandola al suo concetto di anarchia: l'agire, privato di un fondamento razionale, diventa condizione stessa dell'anarchia del pensiero. Il pensare non significa più garantire un ordine epocale determinato, ma seguire il venire alla presenza, una forma dell'essere dinamica che lascia essere il pensiero. Tutto ciò si ritrova nell'assunzione dell'a-priori pratico, ossia dell'azione senza principi. Assumerlo significa accettare la dinamicità degli eventi e acquisire i fenomeni come elementi che appartengono a costellazioni della presenza transitorie. L'a-priori pratico porta con sé un atteggiamento meditante, una disposizione del pensiero e dell'azione che si svolge in accordo con il senso dell'essere. Nella Kehre è come se il pensiero facesse un passo indietro, il quale minaccia la posizione centrale dell'uomo. Una volta che il venire alla presenza viene compreso come qualcosa che ha una storia, il radicamento estatico del tempo nell'uomo non può più essere originario. L'origine non è più singolare, ma molteplice, perché designa, da una parte, il sorgere di un'economia epocale e, dall'altra, l'ingresso nella presenza di cose, parole e azioni. In tal modo anche il pensare si reduplica. Al pensiero è richiesto di disabituarsi alla relazione metafisica pros hen e saltare direttamente all'Ereignis. Per questo l'uomo è solo il pastore dell'essere, a cui è affidato il compito di custodire nel pensiero la verità dell'essere.
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