Fino ad una ventina di anni fa le retribuzioni dei manager erano per lo più costituite da una componente fissa, diretta principalmente a remunerare le competenze e le funzioni connesse al ruolo ricoperto, solo in seguito hanno acquisito uno spazio sempre più ampio le retribuzioni variabili volte a incentivare l'impegno, la produttività, l'assunzione di responsabilità nelle decisioni strategiche e i risultati conseguiti nel breve periodo, risultati che erano funzionali alla realizzazione della strategia generale perseguita dall'azienda. La parte variabile delle retribuzione, affinché fornisca un incentivazione adeguata, deve costituire una parte rilevante della remunerazione complessiva e crescere progressivamente con l'importanza della funzione ricoperta e della rilevanza delle decisioni prese per il raggiungimento degli obiettivi. Non dovrebbe pertanto stupire che nel corso degli ultimi anni, l'evoluzione dei mercati finanziari abbia portato le aziende a sviluppare modelli retributivi che tendono a privilegiare la componente variabile della remunerazione, ovvero che si basino principalmente sui risultati raggiunti. Con lo scoppio della recente crisi finanziaria si e riacceso il dibattito internazionale sui compensi dei top manager e si sono accentuate le critiche nei confronti di tali strumenti di incentivazione, mettendone in discussione l'efficacia. La prima cosa che sorprende maggiormente la pubblica opinione è l'entità delle retribuzioni dei top manager, che nonostante i risultati aziendali risultino insoddisfacenti o in calo o tali da necessitare di aiuti statali, hanno continuato a crescere. Questo sta ad indicare che è presente una forte divergenza tra gli interessi degli azionisti, i cui dividendi sono in diminuzione, e dei manager, i cui stipendi, invece, sono in crescita. Il secondo aspetto che emerge riguarda la connessione di tali stipendi con le performance aziendali, nella maggior parte dei casi risultano essere legati i modo assimetrico dall'andamento della società, cosi da premiare fortemente una buona performance, ma non altrettanto penalizzanti in presenza di perdite e scelte sbagliate, mettendo in evidenza la pressoché totale mancanza negli schemi di remunerazione di considerazione dei rischi di lungo periodo. Inoltre , spesso, bonus e incentivi vengono decisi a ridosso dei risultati annullando così l'effetto incentivante. Tra le iniziative in materia, di recente ci sono stati due eventi, indipendenti tra loro, che modificheranno radicalmente il contesto in cui vengono fissate le remunerazioni dei banchieri e dei top manager delle imprese. Da un lato, la decisione delle istituzioni europee di fissare un tetto alla parte variabile della retribuzione che le banche possono pagare ai propri presidenti e amministratori delegati ; il cosiddetto '' bonus cap''. Dall'altro l'esito del referendum svizzero che, sostenendo con uno storico 67.9% di voti l'iniziativa popolare lanciata da un piccolo imprenditore, ha approvato una più stringente regolamentazione per l'erogazione di bonus e buone uscite in modo da porre freno a alle retribuzioni abusive ed evitare liquidazioni e paracaduti dorati per i vertici delle aziende quotate in borsa.

Distorsioni dei meccanismi incentivanti dei manager, un problema etico e di efficienza economica.

TRIANA VELASQUEZ, LUISA MARIA
2012/2013

Abstract

Fino ad una ventina di anni fa le retribuzioni dei manager erano per lo più costituite da una componente fissa, diretta principalmente a remunerare le competenze e le funzioni connesse al ruolo ricoperto, solo in seguito hanno acquisito uno spazio sempre più ampio le retribuzioni variabili volte a incentivare l'impegno, la produttività, l'assunzione di responsabilità nelle decisioni strategiche e i risultati conseguiti nel breve periodo, risultati che erano funzionali alla realizzazione della strategia generale perseguita dall'azienda. La parte variabile delle retribuzione, affinché fornisca un incentivazione adeguata, deve costituire una parte rilevante della remunerazione complessiva e crescere progressivamente con l'importanza della funzione ricoperta e della rilevanza delle decisioni prese per il raggiungimento degli obiettivi. Non dovrebbe pertanto stupire che nel corso degli ultimi anni, l'evoluzione dei mercati finanziari abbia portato le aziende a sviluppare modelli retributivi che tendono a privilegiare la componente variabile della remunerazione, ovvero che si basino principalmente sui risultati raggiunti. Con lo scoppio della recente crisi finanziaria si e riacceso il dibattito internazionale sui compensi dei top manager e si sono accentuate le critiche nei confronti di tali strumenti di incentivazione, mettendone in discussione l'efficacia. La prima cosa che sorprende maggiormente la pubblica opinione è l'entità delle retribuzioni dei top manager, che nonostante i risultati aziendali risultino insoddisfacenti o in calo o tali da necessitare di aiuti statali, hanno continuato a crescere. Questo sta ad indicare che è presente una forte divergenza tra gli interessi degli azionisti, i cui dividendi sono in diminuzione, e dei manager, i cui stipendi, invece, sono in crescita. Il secondo aspetto che emerge riguarda la connessione di tali stipendi con le performance aziendali, nella maggior parte dei casi risultano essere legati i modo assimetrico dall'andamento della società, cosi da premiare fortemente una buona performance, ma non altrettanto penalizzanti in presenza di perdite e scelte sbagliate, mettendo in evidenza la pressoché totale mancanza negli schemi di remunerazione di considerazione dei rischi di lungo periodo. Inoltre , spesso, bonus e incentivi vengono decisi a ridosso dei risultati annullando così l'effetto incentivante. Tra le iniziative in materia, di recente ci sono stati due eventi, indipendenti tra loro, che modificheranno radicalmente il contesto in cui vengono fissate le remunerazioni dei banchieri e dei top manager delle imprese. Da un lato, la decisione delle istituzioni europee di fissare un tetto alla parte variabile della retribuzione che le banche possono pagare ai propri presidenti e amministratori delegati ; il cosiddetto '' bonus cap''. Dall'altro l'esito del referendum svizzero che, sostenendo con uno storico 67.9% di voti l'iniziativa popolare lanciata da un piccolo imprenditore, ha approvato una più stringente regolamentazione per l'erogazione di bonus e buone uscite in modo da porre freno a alle retribuzioni abusive ed evitare liquidazioni e paracaduti dorati per i vertici delle aziende quotate in borsa.
ITA
IMPORT DA TESIONLINE
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
723550_tesiluisatriana.pdf

non disponibili

Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 369.79 kB
Formato Adobe PDF
369.79 kB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/134192