My research focuses on the disparity between a son and a daughter in front of heritage throughout history with a focus on the situation of eighteenth century in Turin. The first, as they generally universal heirs, possessed of all of the assets of the family, the latter, as the heirs details, apparently had to settle for portions of assets nominally giving up a large part of the 'paternal inheritance. The access of children to the heritage of their parents upon their death, then, was in the course of European history almost constantly discriminated according to gender. All contributions of the scientific literature insist that, in societies with patrilineal lineage, the legacy of women are significantly lower than those of men, if not denied. Their daughters, as heirs particular, were excluded from 'legacy with the' act of dowry understood as real anticipation of 'legacy. I wanted to analyze in detail what the real situation of women of Turin at the time of inheritance to verify whether or not this hypothesis was actually existing. With read-only of wills in fact the intention of the testator would seem to favor the male axis, as they are the children of this sex to be appointed as heirs: excluding the act of dowry from their daughters' inheritance. The reading instead of the post-mortem inventories that reproduce precisely the universe of objects owned by the testator at the time of his death made it possible to calculate precisely the amount that was actually perceived by sons thus being able to compare them with the amount of the dowry. At this point the situation is reversed. In the majority of cases analyzed the share of dowry was significantly higher than the portion of inheritance that sons perceived. L 'operation computes that I have applied to the totality of inventories suggests that the most common universal heirs, sons so they had generally settle for the crumbs of a heritage completely dismembered in order to give the gifts to daughters. The dowry then, in Turin in the second half of the 18th century was far from being the exclusion of daughters from family assets. Indeed, it represented the key element, what we had to give priority, because it was what allowed the daughters to enter the marriage market, to find a husband and procreate.
La mia ricerca verte sulla disparità tra un figlio maschio ed una figlia femmina di fronte all' eredità nel corso della storia con un focus sulla situazione Settecentesca torinese. I primi, in quanto in genere eredi universali, disponevano della totalità del patrimonio di famiglia, le seconde, in quanto eredi particolari, si dovevano in apparenza accontentare di porzioni di patrimonio rinunciando nominalmente a gran parte dell' eredità paterna. L'accesso dei figli al patrimonio dei loro genitori una volta deceduti, quindi, è stato nel corso della storia europea quasi costantemente discriminato secondo il genere. Tutti i contributi della letteratura scientifica insistono sul fatto che, nelle società a lignaggio patrilineare, le eredità femminili sono notevolmente inferiori rispetto a quelle maschili, se non addirittura negate. Le figlie femmine, in quanto eredi particolari, erano escluse dall' eredità con l' atto della dote intesa come vera e propria anticipazione dell' eredità. Ho voluto analizzare nel dettaglio quale fosse la reale situazione della donna Torinese al momento della successione ereditaria per verificare o meno se tale ipotesi fosse realmente esistente. Con la sola lettura dei testamenti infatti le volontà del testatore sembrerebbero privilegiare l'asse maschile, in quanto sono i figli di questo sesso ad essere nominati in qualità di eredi universali: escludendo con l'atto della dote le figlie femmine dall' eredità. La lettura invece degli Inventari post mortem che riproducono puntualmente l'universo di oggetti posseduto dal testatore al momento del decesso ha permesso di calcolare in maniera precisa la somma che effettivamente veniva percepita dai figli maschi potendo così procedere al confronto con la quota della dote. A questo punto la situazione si ribalta. Nella maggioranza dei casi analizzati la quota della dota era nettamente superiore alla porzione di eredità che i figli maschi percepivano. L' operazione di computa che ho applicato alla totalità degli inventari suggerisce che gli eredi universali più ricorrenti, i figli maschi quindi hanno dovuto in genere accontentarsi delle briciole di un patrimonio completamente smembrato proprio per fornire le doti alle figlie femmine. La dote quindi, nella Torino della seconda metà del '700 era ben lontana dal rappresentare l'esclusione delle figlie femmine dai patrimoni familiari. Anzi, rappresentava l elemento cardine, ciò a cui bisognava dar priorità assoluta, perché era ciò che permetteva alle figlie femmine di entrare nel mercato matrimoniale, di trovare un marito e di procreare.
ESCLUSA O PRIVILEGIATA? LA POSIZIONE DELLE DONNE NELLA TRASMISSIONE EREDITARIA DELLA TORINO DEL SETTECENTO.
VIOLA, ISABELLE
2012/2013
Abstract
La mia ricerca verte sulla disparità tra un figlio maschio ed una figlia femmina di fronte all' eredità nel corso della storia con un focus sulla situazione Settecentesca torinese. I primi, in quanto in genere eredi universali, disponevano della totalità del patrimonio di famiglia, le seconde, in quanto eredi particolari, si dovevano in apparenza accontentare di porzioni di patrimonio rinunciando nominalmente a gran parte dell' eredità paterna. L'accesso dei figli al patrimonio dei loro genitori una volta deceduti, quindi, è stato nel corso della storia europea quasi costantemente discriminato secondo il genere. Tutti i contributi della letteratura scientifica insistono sul fatto che, nelle società a lignaggio patrilineare, le eredità femminili sono notevolmente inferiori rispetto a quelle maschili, se non addirittura negate. Le figlie femmine, in quanto eredi particolari, erano escluse dall' eredità con l' atto della dote intesa come vera e propria anticipazione dell' eredità. Ho voluto analizzare nel dettaglio quale fosse la reale situazione della donna Torinese al momento della successione ereditaria per verificare o meno se tale ipotesi fosse realmente esistente. Con la sola lettura dei testamenti infatti le volontà del testatore sembrerebbero privilegiare l'asse maschile, in quanto sono i figli di questo sesso ad essere nominati in qualità di eredi universali: escludendo con l'atto della dote le figlie femmine dall' eredità. La lettura invece degli Inventari post mortem che riproducono puntualmente l'universo di oggetti posseduto dal testatore al momento del decesso ha permesso di calcolare in maniera precisa la somma che effettivamente veniva percepita dai figli maschi potendo così procedere al confronto con la quota della dote. A questo punto la situazione si ribalta. Nella maggioranza dei casi analizzati la quota della dota era nettamente superiore alla porzione di eredità che i figli maschi percepivano. L' operazione di computa che ho applicato alla totalità degli inventari suggerisce che gli eredi universali più ricorrenti, i figli maschi quindi hanno dovuto in genere accontentarsi delle briciole di un patrimonio completamente smembrato proprio per fornire le doti alle figlie femmine. La dote quindi, nella Torino della seconda metà del '700 era ben lontana dal rappresentare l'esclusione delle figlie femmine dai patrimoni familiari. Anzi, rappresentava l elemento cardine, ciò a cui bisognava dar priorità assoluta, perché era ciò che permetteva alle figlie femmine di entrare nel mercato matrimoniale, di trovare un marito e di procreare.File | Dimensione | Formato | |
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