In Italia, l’arrivo di immigrati è ormai considerato un processo strutturale in cui l’iniziativa delle persone che emigrano in cerca di una vita migliore incontra la domanda di lavoro espressa dalla società ospitante. Questa tesi affronterà alcuni temi legati all’inserimento lavorativo degli immigrati, protagonisti di importanza centrale per la sopravvivenza di determinati settori di mercato. Il peso complessivo della manodopera straniera nel sistema produttivo italiano continua a crescere e la domanda di lavoratori immigrati da parte degli imprenditori si mantiene elevata. Nello specifico, l’attenzione ricadrà sull’inserimento lavorativo degli stranieri in agricoltura e sui problemi legati alla condizione di segregazione abitativa vissuta da alcuni di loro all’interno dei ghetti, l’organizzazione del lavoro attraverso il caporalato e, più in generale, la condizione di vulnerabilità giuridica dei cittadini migranti che è diventata una caratteristica peculiare della loro integrazione. Lo sfruttamento lavorativo è un fenomeno sempre più diffuso che si caratterizza per le condizioni critiche delle relazioni di impiego e che viene agevolato dalle condizioni di disagio e/o maggior vulnerabilità che caratterizzano la situazione di diversi immigrati. In realtà, a lungo, lo sfruttamento lavorativo è stato un fenomeno sociale, economico e umanitario sottovalutato e scarsamente contrastato, ma per opinione unanime degli esperti è anche una forma di schiavitù moderna diffusa e poco percepita dall’opinione pubblica. Nonostante di recente l’attenzione verso questo tema sia aumentata e nell’anno 2016 si è giunti all’emanazione di una nuova legge contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo, gli sforzi sono ancora insufficienti rispetto alla necessità di proporre interventi efficaci, sia dal punto di vista della valutazione delle ricadute sull’economia legale, sia delle politiche di prevenzione e di repressione. Un aspetto che complica ulteriormente il quadro, è che lo sfruttamento del lavoro avviene spesso in modo sommerso, non tangibile e soprattutto in contesti difficilmente monitorabili. L’estensione di aree dell’economia sommersa, del lavoro precario, del lavoro in nero possono favorire l’instaurarsi di relazioni di sfruttamento tra datore di lavoro e lavoratore, talvolta anche attraverso l’operato di intermediari. Sono molteplici i settori che maggiormente registrano situazioni di questo tipo: dall’edilizia alla pesca e soprattutto l’agricoltura, a cui verrà dedicata questa tesi. Infatti, alla luce delle più recenti ricerche svolte soprattutto nel settore agricolo, in questo settore si registrano diverse manifestazioni dello sfruttamento lavorativo, al Sud come al Nord toccando aree del paese votate a differenti specializzazioni agricole.

Il contributo della manodopera straniera nel mercato italiano e le situazioni di sfruttamento lavorativo in agricoltura.

SCAIOLA, SIMONA
2020/2021

Abstract

In Italia, l’arrivo di immigrati è ormai considerato un processo strutturale in cui l’iniziativa delle persone che emigrano in cerca di una vita migliore incontra la domanda di lavoro espressa dalla società ospitante. Questa tesi affronterà alcuni temi legati all’inserimento lavorativo degli immigrati, protagonisti di importanza centrale per la sopravvivenza di determinati settori di mercato. Il peso complessivo della manodopera straniera nel sistema produttivo italiano continua a crescere e la domanda di lavoratori immigrati da parte degli imprenditori si mantiene elevata. Nello specifico, l’attenzione ricadrà sull’inserimento lavorativo degli stranieri in agricoltura e sui problemi legati alla condizione di segregazione abitativa vissuta da alcuni di loro all’interno dei ghetti, l’organizzazione del lavoro attraverso il caporalato e, più in generale, la condizione di vulnerabilità giuridica dei cittadini migranti che è diventata una caratteristica peculiare della loro integrazione. Lo sfruttamento lavorativo è un fenomeno sempre più diffuso che si caratterizza per le condizioni critiche delle relazioni di impiego e che viene agevolato dalle condizioni di disagio e/o maggior vulnerabilità che caratterizzano la situazione di diversi immigrati. In realtà, a lungo, lo sfruttamento lavorativo è stato un fenomeno sociale, economico e umanitario sottovalutato e scarsamente contrastato, ma per opinione unanime degli esperti è anche una forma di schiavitù moderna diffusa e poco percepita dall’opinione pubblica. Nonostante di recente l’attenzione verso questo tema sia aumentata e nell’anno 2016 si è giunti all’emanazione di una nuova legge contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo, gli sforzi sono ancora insufficienti rispetto alla necessità di proporre interventi efficaci, sia dal punto di vista della valutazione delle ricadute sull’economia legale, sia delle politiche di prevenzione e di repressione. Un aspetto che complica ulteriormente il quadro, è che lo sfruttamento del lavoro avviene spesso in modo sommerso, non tangibile e soprattutto in contesti difficilmente monitorabili. L’estensione di aree dell’economia sommersa, del lavoro precario, del lavoro in nero possono favorire l’instaurarsi di relazioni di sfruttamento tra datore di lavoro e lavoratore, talvolta anche attraverso l’operato di intermediari. Sono molteplici i settori che maggiormente registrano situazioni di questo tipo: dall’edilizia alla pesca e soprattutto l’agricoltura, a cui verrà dedicata questa tesi. Infatti, alla luce delle più recenti ricerche svolte soprattutto nel settore agricolo, in questo settore si registrano diverse manifestazioni dello sfruttamento lavorativo, al Sud come al Nord toccando aree del paese votate a differenti specializzazioni agricole.
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