Nel corso della storia i conflitti tra popolazioni hanno sempre costituito parte fondamentale per gli interessi vitali delle civiltà e delle Nazioni. A tal proposito con l’evolversi e l’ammodernarsi delle tecniche, degli equipaggiamenti e delle strategie è stato necessario proteggere e difendere sempre di più il protagonista del conflitto, l’uomo o meglio il soldato. Parallelamente allo sviluppo delle armi da fuoco e delle munizioni da essi utilizzate vi è stata una ricerca mirata ad aumentare la protezione passiva dei soldati schierati nei conflitti. Inizialmente non si parlava di armature o giubbotti, ma di veri e propri indumenti protettivi realizzati con pelli di animali sovrapposte. Man mano che le civiltà diventarono più avanzate vi fu l’introduzione di scudi di legno o metallo. Si è poi arrivati ad utilizzare il metallo lavorato per forgiare armature protettive per il corpo, possiamo fare riferimento alle armature dei cavalieri del Medioevo. La corazza di metallo fu efficace fino all’invenzione e alla diffusione delle armi da fuoco intorno al 1500 che riuscivano a penetrare le lamine metalliche delle armature. Lo scopo di questi dispositivi è quello di proteggere nel migliore dei modi i punti vitali e vulnerabili del soldato così da garantirgli la capacità di combattimento anche sotto attacco e in uno scontro. Proprio per questo le parti del corpo su cui concentrarsi erano il torace e la parte addominale, le gambe con maggior riferimento alla parte femorale e ovviamente la testa che doveva essere protetta da colpi e traumi. Una protezione completa ed estremamente efficacie è però molto difficile da realizzare poiché richiede l’impiego di molto materiale che porta ad appesantire il combattente riducendo la sua agilità e la sua capacità di movimento, compromettendo così il combattimento. Per ovviare a ciò si è portata avanti una continua ricerca verso i materiali migliori e più efficienti in rapporto protezione/peso (dal cuoio, passando per bronzo, ferro e acciaio fino alle odierne fibre sintetiche come il kevlar) e di forme differenti in base all’attività da compiere e alla tipologia di unità che li sfrutta (giubbotti antiproiettile ed elmetti di diverse forme, tuta anti-esplosione degli artificieri, protezioni modulari in base all’unità che le utilizza, ...). In questa tesi si andrà ad analizzare brevemente quelli che sono stati i primi dispositivi di protezione utilizzati dall’uomo per arrivare in seguito ad uno studio più approfondito e mirato di quelli che sono gli attuali dispositivi in uso presso i vari Reparti operativi dell’Esercito Italiano, con riferimento alle unità di Fanteria. Sarà presente anche un piccolo cenno sulle tecnologie che probabilmente saranno introdotte tra gli equipaggiamenti della Forza Armata Esercito.
I dispositivi di protezione personale: storia, materiali ed impiego.
GARNERO, LUCA
2021/2022
Abstract
Nel corso della storia i conflitti tra popolazioni hanno sempre costituito parte fondamentale per gli interessi vitali delle civiltà e delle Nazioni. A tal proposito con l’evolversi e l’ammodernarsi delle tecniche, degli equipaggiamenti e delle strategie è stato necessario proteggere e difendere sempre di più il protagonista del conflitto, l’uomo o meglio il soldato. Parallelamente allo sviluppo delle armi da fuoco e delle munizioni da essi utilizzate vi è stata una ricerca mirata ad aumentare la protezione passiva dei soldati schierati nei conflitti. Inizialmente non si parlava di armature o giubbotti, ma di veri e propri indumenti protettivi realizzati con pelli di animali sovrapposte. Man mano che le civiltà diventarono più avanzate vi fu l’introduzione di scudi di legno o metallo. Si è poi arrivati ad utilizzare il metallo lavorato per forgiare armature protettive per il corpo, possiamo fare riferimento alle armature dei cavalieri del Medioevo. La corazza di metallo fu efficace fino all’invenzione e alla diffusione delle armi da fuoco intorno al 1500 che riuscivano a penetrare le lamine metalliche delle armature. Lo scopo di questi dispositivi è quello di proteggere nel migliore dei modi i punti vitali e vulnerabili del soldato così da garantirgli la capacità di combattimento anche sotto attacco e in uno scontro. Proprio per questo le parti del corpo su cui concentrarsi erano il torace e la parte addominale, le gambe con maggior riferimento alla parte femorale e ovviamente la testa che doveva essere protetta da colpi e traumi. Una protezione completa ed estremamente efficacie è però molto difficile da realizzare poiché richiede l’impiego di molto materiale che porta ad appesantire il combattente riducendo la sua agilità e la sua capacità di movimento, compromettendo così il combattimento. Per ovviare a ciò si è portata avanti una continua ricerca verso i materiali migliori e più efficienti in rapporto protezione/peso (dal cuoio, passando per bronzo, ferro e acciaio fino alle odierne fibre sintetiche come il kevlar) e di forme differenti in base all’attività da compiere e alla tipologia di unità che li sfrutta (giubbotti antiproiettile ed elmetti di diverse forme, tuta anti-esplosione degli artificieri, protezioni modulari in base all’unità che le utilizza, ...). In questa tesi si andrà ad analizzare brevemente quelli che sono stati i primi dispositivi di protezione utilizzati dall’uomo per arrivare in seguito ad uno studio più approfondito e mirato di quelli che sono gli attuali dispositivi in uso presso i vari Reparti operativi dell’Esercito Italiano, con riferimento alle unità di Fanteria. Sarà presente anche un piccolo cenno sulle tecnologie che probabilmente saranno introdotte tra gli equipaggiamenti della Forza Armata Esercito.File | Dimensione | Formato | |
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