Il lavoro intende analizzare le modalità mediante le quali il romanzo italiano contemporaneo si assume il compito di interrogarsi criticamente sulla Shoah e di mantenerne viva una memoria che si configura come postmemoria. Dopo una ricognizione più generale circa la ricerca, da parte degli autori contemporanei, appartenenti alla seconda generazione, pertanto nati dopo la tragedia, della forma artistica più adeguata per trasmettere questa memoria indiretta che ricevono in eredità, l'attenzione si concentra sull'opera di due autori in particolare: Helena Janeczek ed Eraldo Affinati. L'analisi delle opere di scrittori appartenenti alle due categorie nelle quali viene divisa la seconda generazione (i figli di sopravvissuti allo sterminio che tentano di rappresentare letterariamente il trauma dei genitori, che grava anche su di loro, e i figli "per immaginazione" che si sentono emotivamente reduci, in quanto appartenenti alla specie umana) osserva gli espedienti stilistico-espressivi e le modalità di approccio al testo adottate e sottolinea come caratteristica comune a questi autori la necessità di sovvertire la tradizionale forma letteraria e di compiere, mediante l'atto scrittorio, un gesto etico, di trasmissione di esperienza, e di mantenimento di una tensione critica e conoscitiva verso la tragedia della Shoah, consapevole dell'inadeguatezza dell'autore di fronte alla rappresentazione di un evento che supera i confini della comprensione umana, e determinato a rifuggire da una memoria retoricizzata.
Postmemoria della Shoah nel romanzo italiano contemporaneo
LUETTO, MARTINA
2011/2012
Abstract
Il lavoro intende analizzare le modalità mediante le quali il romanzo italiano contemporaneo si assume il compito di interrogarsi criticamente sulla Shoah e di mantenerne viva una memoria che si configura come postmemoria. Dopo una ricognizione più generale circa la ricerca, da parte degli autori contemporanei, appartenenti alla seconda generazione, pertanto nati dopo la tragedia, della forma artistica più adeguata per trasmettere questa memoria indiretta che ricevono in eredità, l'attenzione si concentra sull'opera di due autori in particolare: Helena Janeczek ed Eraldo Affinati. L'analisi delle opere di scrittori appartenenti alle due categorie nelle quali viene divisa la seconda generazione (i figli di sopravvissuti allo sterminio che tentano di rappresentare letterariamente il trauma dei genitori, che grava anche su di loro, e i figli "per immaginazione" che si sentono emotivamente reduci, in quanto appartenenti alla specie umana) osserva gli espedienti stilistico-espressivi e le modalità di approccio al testo adottate e sottolinea come caratteristica comune a questi autori la necessità di sovvertire la tradizionale forma letteraria e di compiere, mediante l'atto scrittorio, un gesto etico, di trasmissione di esperienza, e di mantenimento di una tensione critica e conoscitiva verso la tragedia della Shoah, consapevole dell'inadeguatezza dell'autore di fronte alla rappresentazione di un evento che supera i confini della comprensione umana, e determinato a rifuggire da una memoria retoricizzata.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/132048